Oltre 35mila morti, 30mila dei quali civili. Sarebbe il bilancio delle operazioni condotte dalle forze di Assad, in Siria, tra gennaio e agosto scorsi. Le cifre sono state fornite dagli attivisti della rete siriana per i diritti umani, e finora non sono state confermate da altri. Intanto però si affaccia nel conflitto la possibilità di un mediatore.
Radio Vaticana - L’impegno a rilanciare una mediazione in Siria arriva dal neo-presidente iraniano: Hassan Rohani si dice pronto a fare da ponte tra Assad, storico alleato di Teheran, e le forze di opposizione. L’offerta iraniana trova subito il sì della Germania, e la cancelliera Merkel si dice pronta a dare il benvenuto a chiunque possa influenzare il regime di Damasco che, nel frattempo, in anticipo di 24 ore, ha fornito all’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, una prima lista necessaria alla definizione del piano russo-americano per la presa in consegna e la distruzione dell'arsenale. Sarà poi l’Opac a stilare le modalità di distruzione delle armi chimiche di Assad, il testo arriverà poi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e da lì si partirà per stabilire la risoluzione. Nel paese intanto si apre un ennesimo sanguinoso fronte. Quello tra i ribelli siriani e i jihadisti iracheni, e non solo, legati ad Al-Qaeda, che hanno occupato una città al confine con la Turchia, prima controllata dagli oppositori siriani che condannano i miliziani islamici per la loro brutalità.
Il presidente iraniano Rohani dunque si è detto pronto a facilitare il dialogo tra il regime di Assad e l’opposizione per mettere fine al conflitto siriano. Un’apertura importante per la crisi nel Paese mediorientale, ma anche per la stessa Repubblica Islamica, che punta sul dialogo e sulla rottura dell'isolamento internazionale. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il giornalista iraniano Ahmad Rafat:
R. - La Repubblica Islamica ha adottato, dopo le ultime elezioni presidenziali, una linea diversa da quella precedente, che è quella della ricerca del dialogo sia a livello regionale che a livello internazionale. Per quanto riguarda la Siria, la mediazione iraniana è importante ma l’opposizione al regime di Assad attende prima di ogni altra decisione iraniana quella del ritiro dei consiglieri militari iraniani che stanno in Siria e del ritiro dei reparti di Hezbollah che combattono al fianco dei militari fedeli a Bashar al-Assad.
D. - Quindi situazione in divenire, però certamente l’Iran finora è stato messo a margine nei summit internazionali per via del suo controverso programma nucleare. Quanto influirà l’apertura di Rohani sugli equilibri internazionali e regionali?
R. - Il tentativo del presidente Rohani è quello di cambiare l’atteggiamento del mondo nei confronti dell’Iran, modificando sia in forma che in sostanza la politica che l’Iran ha avuto sul nucleare e, più in generale nella regione, a livello internazionale, nei rapporti con gli altri Paesi. Un compito difficile per Rohani, perché deve combattere sia sul fronte interno a chi si oppone a questa apertura, sia sul fronte internazionale per conquistare la fiducia dei capi di Stato con i quali si incontrerà probabilmente nei prossimi giorni a New York, a margine del Vertice dell’Onu.
D. - La rottura dell’isolamento voluta da Rohani si può spingere fino ad una ripresa dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, interrotti ormai dal 1979?
R. - Questo è l’obiettivo primario dell’Iran. Se l’Iran farà passi indietro sulla questione nucleare, i principali obiettivi saranno due: ridurre le sanzioni e ristabilire rapporti con gli Stati Uniti, che è una priorità in questo momento per il governo Rohani.
D. - Tutto questo stia scuotendo gli equilibri interni al Paese?
R. - Gli equilibri interni del Paese si stanno modificando. Lo stesso Khamenei, leader indiscusso del Paese, nei giorni scorsi ha detto che a lui piace una certa flessibilità nel trattare con i nemici e con il mondo. Il che significa che Rohani ha ottenuto non proprio carta bianca, ma almeno una “carta grigia”, che gli permette di prendere delle decisioni. Dopo di che lo stesso Rohani ha detto che sulla questione nucleare e sui rapporti con gli Stati Uniti, ha pieni poteri. Cosa, questa, molto nuova per quanto riguarda il ruolo dei presidenti in Iran.
Radio Vaticana - L’impegno a rilanciare una mediazione in Siria arriva dal neo-presidente iraniano: Hassan Rohani si dice pronto a fare da ponte tra Assad, storico alleato di Teheran, e le forze di opposizione. L’offerta iraniana trova subito il sì della Germania, e la cancelliera Merkel si dice pronta a dare il benvenuto a chiunque possa influenzare il regime di Damasco che, nel frattempo, in anticipo di 24 ore, ha fornito all’Opac, l’Organizzazione per la proibizione delle armi chimiche, una prima lista necessaria alla definizione del piano russo-americano per la presa in consegna e la distruzione dell'arsenale. Sarà poi l’Opac a stilare le modalità di distruzione delle armi chimiche di Assad, il testo arriverà poi al Consiglio di Sicurezza dell’Onu e da lì si partirà per stabilire la risoluzione. Nel paese intanto si apre un ennesimo sanguinoso fronte. Quello tra i ribelli siriani e i jihadisti iracheni, e non solo, legati ad Al-Qaeda, che hanno occupato una città al confine con la Turchia, prima controllata dagli oppositori siriani che condannano i miliziani islamici per la loro brutalità.
Il presidente iraniano Rohani dunque si è detto pronto a facilitare il dialogo tra il regime di Assad e l’opposizione per mettere fine al conflitto siriano. Un’apertura importante per la crisi nel Paese mediorientale, ma anche per la stessa Repubblica Islamica, che punta sul dialogo e sulla rottura dell'isolamento internazionale. Salvatore Sabatino ne ha parlato con il giornalista iraniano Ahmad Rafat:
R. - La Repubblica Islamica ha adottato, dopo le ultime elezioni presidenziali, una linea diversa da quella precedente, che è quella della ricerca del dialogo sia a livello regionale che a livello internazionale. Per quanto riguarda la Siria, la mediazione iraniana è importante ma l’opposizione al regime di Assad attende prima di ogni altra decisione iraniana quella del ritiro dei consiglieri militari iraniani che stanno in Siria e del ritiro dei reparti di Hezbollah che combattono al fianco dei militari fedeli a Bashar al-Assad.
D. - Quindi situazione in divenire, però certamente l’Iran finora è stato messo a margine nei summit internazionali per via del suo controverso programma nucleare. Quanto influirà l’apertura di Rohani sugli equilibri internazionali e regionali?
R. - Il tentativo del presidente Rohani è quello di cambiare l’atteggiamento del mondo nei confronti dell’Iran, modificando sia in forma che in sostanza la politica che l’Iran ha avuto sul nucleare e, più in generale nella regione, a livello internazionale, nei rapporti con gli altri Paesi. Un compito difficile per Rohani, perché deve combattere sia sul fronte interno a chi si oppone a questa apertura, sia sul fronte internazionale per conquistare la fiducia dei capi di Stato con i quali si incontrerà probabilmente nei prossimi giorni a New York, a margine del Vertice dell’Onu.
D. - La rottura dell’isolamento voluta da Rohani si può spingere fino ad una ripresa dei rapporti diplomatici con gli Stati Uniti, interrotti ormai dal 1979?
R. - Questo è l’obiettivo primario dell’Iran. Se l’Iran farà passi indietro sulla questione nucleare, i principali obiettivi saranno due: ridurre le sanzioni e ristabilire rapporti con gli Stati Uniti, che è una priorità in questo momento per il governo Rohani.
D. - Tutto questo stia scuotendo gli equilibri interni al Paese?
R. - Gli equilibri interni del Paese si stanno modificando. Lo stesso Khamenei, leader indiscusso del Paese, nei giorni scorsi ha detto che a lui piace una certa flessibilità nel trattare con i nemici e con il mondo. Il che significa che Rohani ha ottenuto non proprio carta bianca, ma almeno una “carta grigia”, che gli permette di prendere delle decisioni. Dopo di che lo stesso Rohani ha detto che sulla questione nucleare e sui rapporti con gli Stati Uniti, ha pieni poteri. Cosa, questa, molto nuova per quanto riguarda il ruolo dei presidenti in Iran.
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