lunedì, settembre 23, 2013
Nel suo nuovo rapporto “Marking progress against child labour”, l’International Labour Organization (Ilo) sostiene che «Il numero globale dei bambini lavoratori è diminuito di un terzo dal 2000, da 246 a 168 milioni. Ma anche l’ultimo migliore tasso di declino non è sufficiente a raggiungere l’obiettivo di eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2016, concordato dalla comunità internazionale attraverso l’Ilo».  

GreenReport - Secondo il direttore generale Guy Ryder, «Ci stiamo muovendo nella giusta direzione, ma i progressi sono ancora troppo lenti. Quindi, se vogliamo davvero porre fine alla piaga del lavoro minorile in un futuro prevedibile, abbiamo bisogno di una notevole intensificazione degli sforzi a tutti i livelli. Ci sono 168 milioni di buoni motivi per farlo». Le più recenti stime dell’Ilo, rese note nei documenti preparatori della Global Conference on Child Labour che si terrà ad ottobre a Brasilia, dimostrano che la maggior parte dei progressi della lotta al lavoro minorile è stata fatta tra il 2008 e il 2012, quando il numero complessivo di bambini-lavoratori è sceso da 215 a 168 milioni.

Oltre la metà di questi 168 milioni di bambini ed adolescenti sottratti al gioco (il 10,6% della fascia di età tra i 5 e i 17 anni, 73 milioni dei quali con meno di 11 anni) è impiegata in lavori pericolosi, cioè che mettono in pericolo direttamente la loro salute, la sicurezza e lo sviluppo morale. Attualmente i bambini che fanno lavori pericolosi sono 85 milioni, in calo rispetto ai 171 milioni nel 2000. I lavori pericolosi sono spesso visti come l’anticamera delle peggiori forme di lavoro minorile.

Dal rapporto Ilo emergono alcuni dati molto preoccupanti: Il maggior numero assoluto di bambini lavoratori si trova nella regione dell’Asia-Pacifico (quasi 78 milioni), ma l’Africa sub-sahariana continua ad essere la regione con la più alta incidenza di lavoro minorile, oltre il 21% della popolazione; L’incidenza del lavoro minorile è più alta nei Paesi più poveri, ma i Paesi a medio reddito hanno il maggior numero di bambini lavoratori; Il lavoro minorile tra le ragazze è sceso del 40% dal 2000, rispetto al 25% per i ragazzi; L’agricoltura rimane di gran lunga il settore più importante che utilizza bambini lavoratori (98 milioni di bambini, il 59%), ma ci sono problemi non trascurabili anche nei servizi (54 milioni) e dell’industria (12 milioni), per lo più nell’economia informale; Tra il 2008 e il 2012, il lavoro minorile tra i bambini di età compresa tra 5-17 anni è diminuito nell’Asia e nel Pacifico, nell’America Latina e Caraibi e nell’Africa sub-sahariana; L’Asia e il Pacifico ha registrato di gran lunga il maggior calo, dai 114 milioni nel 2008 ai 78 milioni del 2012; Il numero dei bambini lavoratori è diminuito nell’Africa sub-sahariana di 6 milioni e più modestamente nell’America Latina e nei Caraibi: 1,6 milioni; Ci sono 9,2 milioni di bambini lavoratori in Medio Oriente e nel Nord Africa.

Il rapporto individua una serie di azioni che negli ultimi anni hanno permesso di realizzare questi progressi nella lotta contro il lavoro minorile. Le scelte politiche ed investimenti per l’istruzione e protezione sociale appaiono particolarmente rilevanti per il declino del lavoro minorile. Altre azioni comprendono l’impegno politico dei governi, il crescente numero di ratifiche di due convenzioni Ilo sul lavoro minorile (la Minimum Age Convention del 1973 e la Worst Forms of Child Labour Convention del 1999), scelte politiche sane e quadri legislativi solidi sul lavoro.

Constance Thomas, direttore dell’ International Programme on the Elimination of Child Labour , conclude: «Nessuno può prendersi il merito esclusivo di questo risultato, dato che molti hanno contribuito a richiamare l’attenzione sulle conseguenze negative del lavoro minorile sulla crescita economica, il futuro delle società e dei diritti dei bambini. Tuttavia, il ruolo dell’Ilo nel condurre la lotta contro il lavoro minorile, attraverso le sue norme ed il sistema di supervisione, consulenza, sviluppo di capacità e l’azione diretta, merita una menzione speciale».


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