martedì, settembre 17, 2013
Occhi enormi, languidi, eloquenti. Uno sguardo fisso e senza veli, tenero e inquietante al tempo stesso. Il regista 55enne di Burbank ha deciso di dedicare la sua ultima fatica cinematografica alla pittrice Margaret Keane: i quadri dell’artista americana hanno da sempre costituito un’inesauribile fonte d’ispirazione per la filmografia di Tim Burton.

di Francesca Filippi

Margaret Keane, oggi 86enne, esordì come pittrice negli anni ’50. Una donna dalla vicenda personale e artistica travagliata, segnata da un passato turbolento: per anni l’estro di Margaret è rimasto celato nell’ombra, dato che l’ex marito rivendicava la paternità di quei dipinti ed era solito spacciarsi come autore di quelle creazioni. Solo al termine di una lunga lotta in tribunale, che si concluse nel 1986, la Keane venne riconosciuta come unica artefice dei suoi lavori. Lo stile inconfondibile e l’insieme delle opere della Keane continuano a dividere pubblico e critica: i suoi bambini dagli occhi stralunati sono stati oggetto di parodie ed imitazioni denigratorie, ma hanno anche riscosso un grandissimo successo. I capolavori dell’artista, che hanno inaugurato la “Big Eye Art”, affollano i più prestigiosi musei americani e spopolano anche tra le collezioni private dei divi di Hollywood.

Una poetica dell’introspezione quella della Keane, che ha influenzato il regista Tim Burton fin dagli inizi della sua carriera: “Il mio cinema e i miei incubi sono già dentro quelle cornici. Il protagonista del mio primo corto, Vincent, aveva incollati sulla faccia a triangolo due globuli alla Keane”. Ci sono quindi tutte le premesse per inserire “Big Eyes” all’interno della categoria dei film-tributo, ed è proprio Tim Burton in persona a confermarlo durante un’intervista sul set: “Da ragazzo cominciai a circondarmi di quegli occhi immoti e severi e accettai di farmi osservare e perfino spiare da quel pianeta alieno, frontale, interrogativo di Margaret Keane”.

“Big Eyes” si ripropone di tracciare in chiave onirica e visionaria i trascorsi della Keane, la sua battaglia contro il marito, le peripezie giuridiche e burocratiche che ha dovuto affrontare per vedere affermata l’attribuzione delle sue opere. Un film biografico quindi, ma ugualmente “burtoniano”, grottesco e allucinato, dove a farla da padrone saranno soprattutto i protagonisti dei dipinti dell’artista, veri rivelatori della sua profonda sofferenza e frustrazione: bambini malinconici dallo sguardo accusatore, che scrutano silenziosamente lo spettatore, facendolo sentire colpevole.


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