Ad un anno dalla sua morte, ricordiamo un gigante del pensiero cattolico nel suo ultimo libro “Credo la vita eterna”
di Carlo Mafera
“Il tempo che è passato con te, sia che mangiamo sia che beviamo, è sottratto alla morte. Adesso, anche se è lei a bussare, io so che sarai tu ad entrare; il tempo della morte è finito. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per esplorare danzando le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi. E infiniti sguardi d'intesa per assaporarne la Bellezza.” Ho scelto questa poesia perché esemplifica bene il contenuto del libro del Cardinal Martini di cui pochi giorni fa ricorreva il primo anniversario della sua morte. Ecco i due modi per superare la paura della morte: la Sapienza e la Bellezza. La morte, che è una sorella come diceva San Francesco, non è un tuffo nell’ignoto ma è un incontro con il Padre. Un ritorno alla Casa del Padre. Tutti, nel profondo di noi stessi, desideriamo una casa, ma qualsiasi casa terrena non ci basta e il giorno della nostra morte abbiamo la soddisfazione di questo desiderio. Quindi con la Sapienza riconosciamo che la morte è un Incontro, è una nuova nascita, tanto è vero che viene definita dalla tradizione apostolica “Dies natalis”. La Sapienza ci fa prendere le distanze dal concetto pessimistico heideggeriano dell’uomo che è “un essere per la morte”, mentre noi sappiamo invece che è un essere per la vita eterna. Con il concetto di Bellezza, la cosiddetta “Via pulcritudinis”, diventiamo consapevoli che la morte è solo una porta che si apre ad un Incontro con infiniti mondi dove potremo contemplare la Bellezza incommensurabile di questi ma soprattutto l’altrettanto incommensurabile bellezza del volto di Cristo che promana dal Padre e dallo Spirito.
La morte come Incontro e non come un “gettarsi nel vuoto” quindi è frutto di una diversa interpretazione di questo particolare evento. Ogni persona ha un particolare e singolare modo di approcciarsi. Se in Heidegger, nel suo “Essere e tempo”, esiste un solo modo o addirittura nessun modo di arrivare ad una Verità circa quel determinato evento, per un altro filosofo, Luigi Pareyson, ci sono un infinità di modi di interpretare quell’evento o anche un testo, un opera d’arte. I santi sono la perfetta esemplificazione di questo modo inesauribile di interpretare il giorno della nostra morte. Il superamento della paura viene definito da san Paolo così: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Un altro esempio significativo del pathos dell’amore che sconfigge la paura dalla morte è quello di sant’Ignazio d’Antiochia, che considera la morte come momento della sua nascita: “È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. È vicino il momento della mia nascita. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente uomo…”. Il superamento della paura dalla morte è invece per il Poverello d’Assisi “la letizia perfetta”.
Questo libro è quindi una sorta di testamento spirituale del Cardinal Carlo Maria Martini che ha voluto lasciare al suo popolo di fedeli un vademecum per quel giorno. Tanti riferimenti filosofici in questo libro dimostrano che il Cardinal Martini indicava in un percorso di riflessione e di preghiera, quello privilegiato per preparare l’Incontro di cui si diceva. Non è quindi un imbattersi qualsiasi ma è il frutto di un cammino dove la persona umana si forma e “diventa più persona”, cioè si trasforma. Senza citarlo, il cardinal Martini fa riferimento alla teoria della formatività di Luigi Pareyson. Ad imitazione di Cristo la persona diventa più persona trasformandosi e scoprendo la Bellezza del “più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3). Ma la vera Bellezza è proprio l’Amore crocifisso, rivelazione del cuore divino che ama, “del Padre sorgente di ogni dono (dal quale scaturisce la bellezza originale e originaria della Persona, come afferma Pareyson), del Figlio consegnato alla morte per amore nostro, dello Spirito che unisce Padre e Figlio e viene effuso sugli uomini per condurre i lontani da Dio negli abissi della carità divina”.
di Carlo Mafera
“Il tempo che è passato con te, sia che mangiamo sia che beviamo, è sottratto alla morte. Adesso, anche se è lei a bussare, io so che sarai tu ad entrare; il tempo della morte è finito. Abbiamo tutto il tempo che vogliamo per esplorare danzando le iridescenti tracce della Sapienza dei mondi. E infiniti sguardi d'intesa per assaporarne la Bellezza.” Ho scelto questa poesia perché esemplifica bene il contenuto del libro del Cardinal Martini di cui pochi giorni fa ricorreva il primo anniversario della sua morte. Ecco i due modi per superare la paura della morte: la Sapienza e la Bellezza. La morte, che è una sorella come diceva San Francesco, non è un tuffo nell’ignoto ma è un incontro con il Padre. Un ritorno alla Casa del Padre. Tutti, nel profondo di noi stessi, desideriamo una casa, ma qualsiasi casa terrena non ci basta e il giorno della nostra morte abbiamo la soddisfazione di questo desiderio. Quindi con la Sapienza riconosciamo che la morte è un Incontro, è una nuova nascita, tanto è vero che viene definita dalla tradizione apostolica “Dies natalis”. La Sapienza ci fa prendere le distanze dal concetto pessimistico heideggeriano dell’uomo che è “un essere per la morte”, mentre noi sappiamo invece che è un essere per la vita eterna. Con il concetto di Bellezza, la cosiddetta “Via pulcritudinis”, diventiamo consapevoli che la morte è solo una porta che si apre ad un Incontro con infiniti mondi dove potremo contemplare la Bellezza incommensurabile di questi ma soprattutto l’altrettanto incommensurabile bellezza del volto di Cristo che promana dal Padre e dallo Spirito.
La morte come Incontro e non come un “gettarsi nel vuoto” quindi è frutto di una diversa interpretazione di questo particolare evento. Ogni persona ha un particolare e singolare modo di approcciarsi. Se in Heidegger, nel suo “Essere e tempo”, esiste un solo modo o addirittura nessun modo di arrivare ad una Verità circa quel determinato evento, per un altro filosofo, Luigi Pareyson, ci sono un infinità di modi di interpretare quell’evento o anche un testo, un opera d’arte. I santi sono la perfetta esemplificazione di questo modo inesauribile di interpretare il giorno della nostra morte. Il superamento della paura viene definito da san Paolo così: “Per me il vivere è Cristo e il morire un guadagno”. Un altro esempio significativo del pathos dell’amore che sconfigge la paura dalla morte è quello di sant’Ignazio d’Antiochia, che considera la morte come momento della sua nascita: “È meglio per me morire per Gesù Cristo che estendere il mio impero fino ai confini della terra. È vicino il momento della mia nascita. Lasciate che io raggiunga la pura luce; giunto là, sarò veramente uomo…”. Il superamento della paura dalla morte è invece per il Poverello d’Assisi “la letizia perfetta”.
Questo libro è quindi una sorta di testamento spirituale del Cardinal Carlo Maria Martini che ha voluto lasciare al suo popolo di fedeli un vademecum per quel giorno. Tanti riferimenti filosofici in questo libro dimostrano che il Cardinal Martini indicava in un percorso di riflessione e di preghiera, quello privilegiato per preparare l’Incontro di cui si diceva. Non è quindi un imbattersi qualsiasi ma è il frutto di un cammino dove la persona umana si forma e “diventa più persona”, cioè si trasforma. Senza citarlo, il cardinal Martini fa riferimento alla teoria della formatività di Luigi Pareyson. Ad imitazione di Cristo la persona diventa più persona trasformandosi e scoprendo la Bellezza del “più bello tra i figli dell’uomo” (Sal 45,3). Ma la vera Bellezza è proprio l’Amore crocifisso, rivelazione del cuore divino che ama, “del Padre sorgente di ogni dono (dal quale scaturisce la bellezza originale e originaria della Persona, come afferma Pareyson), del Figlio consegnato alla morte per amore nostro, dello Spirito che unisce Padre e Figlio e viene effuso sugli uomini per condurre i lontani da Dio negli abissi della carità divina”.
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