Sul tavolo del vertice Ue anche lo Scandalo Datagate. In una nota congiunta i leader dei 28 chiedono spiegazioni agli Usa e definiscono la fiducia tra alleati indispensabile per la cooperazione nella lotta al terrorismo. Secondo “the Guardian” sarebbero 35 i leader stranieri e migliaia i cittadini di tutto il mondo spiati. "La legge italiana sulle intercettazioni non risulta violata", spiega da Washington il presidente del Senato Grasso.
Radio Vaticana - Il caso Nasagate, il programma segreto di spionaggio con cui gli Usa controllavano le telefonate di leader stranieri e di migliaia di cittadini di tutto il mondo continua a creare forti imbarazzi nelle relazioni diplomatiche degli Stati Uniti. Anche il premier Rajoy ha convocato l’ambasciatore Usa in Spagna, mentre dal vertice Europeo di Bruxelles arriva il monito: "Una mancanza di fiducia rischia di pregiudicare la lotta al terrorismo". Francia e Germania chiedono colloqui con gli Usa per arrivare a "un'intesa" per un 'codice' sullo spionaggio entro fine anno. Il premier britannico Cameron dal canto suo difende il lavoro degli 007 grazie al quale sono stati evitati tanti attentati e attacca Edward Snowden, la talpa della Cia responsabile dello scandalo Datagate attualmente in Russia con permesso di asilo temporaneo : è lui, insieme ai media che lo aiutano, – dice il titolare di Downing Street – a rendere il mondo meno sicuro.
Al microfono di Giancarlo La Vella l’analista politico e strategico Alessandro Politi:
R. - La scusa che lo scopo delle intercettazioni sia proteggerci dal terrorismo è una mezza verità. In realtà, quando c’è la capacità di capire velocemente quali sono le intenzioni di un leader straniero, la si sfrutta comunque. Naturalmente quando il leader viene a saperlo è estremamente irritato, perché immaginava ci fosse un minimo di “fair play” soprattutto tra alleati. Ma evidentemente non è così. Anche tutti quelli che parlano dello spionaggio come di una cosa nota, risaputa, dicono un’altra mezza verità; ma dal punto di vista politico la situazione è più problematica di dieci anni fa, quindi le reazioni degli alleati nei confronti di Washington sono molto più secche.
D. – Da questa situazione, secondo lei, viene fuori un quadro degli Stati Uniti come Paese timoroso di fronte a quello che sta avvenendo nello scacchiere internazionale?
R. – In realtà è un Paese che sfrutta la cosiddetta “dominanza dell’informazione” senza farsi tanti problemi.
D. – Quali conseguenze per i rapporti soprattutto con l’Europa?
R. – Ci sono conseguenze ventilate di sospendere i negoziati per il Trattato di libero commercio transatlantico, di cui si dice un gran bene, perché si spera produca benessere, ripresa e posti di lavoro. Diverse forze politiche in Europa però hanno espresso l’opportunità di darsi quanto meno una pausa di riflessione, che può essere simbolica, ma che ha un suo senso politico. Poi ci saranno gli effetti a più lungo termine: una serie di Paesi adotterà regole molto più restrittive nello scambio di vere informazioni con gli americani e prenderanno precauzioni supplementari; oltre – alcuni Paesi in realtà lo fanno già – restituire la cortesia e spiare a loro volta.
D. – Questa situazione sta quasi ricompattando l’Europa?
R. – Sì, si sta creando una certa compattazione nei Paesi dell’Unione. Bisogna vedere però quanto durerà, perché chiunque avrebbe capito che è da 15 anni che bisognava fare un’integrazione politica europea seria, anziché “baloccarsi” con un Trattato di Lisbona, che in realtà è stato la morte dell’Europa. Chiunque avesse avuto un minimo di buon senso avrebbe fatto fronte compatto intorno all’euro, anziché fare alla fine distinzioni abbastanza inutili tra i virtuosi e i cosiddetti “cattivi”. Speriamo che questo serva, anche se la cosa importante non è avere un avversario: la cosa importante è avere un ideale comune ed avere la capacità politica di interpretarlo e di mandarlo avanti.
Gli Stati Uniti – rivela il Washinton Post - starebbero avvisando alcuni servizi segreti stranieri di paesi non ufficialmente alleati del fatto che nell'archivio di Snowden ci sarebbero "documenti sulla loro cooperazione" con gli Usa. Alcuni memo rivelerebbero dettagli di operazioni contro Russia, Iran e Cina.
Radio Vaticana - Il caso Nasagate, il programma segreto di spionaggio con cui gli Usa controllavano le telefonate di leader stranieri e di migliaia di cittadini di tutto il mondo continua a creare forti imbarazzi nelle relazioni diplomatiche degli Stati Uniti. Anche il premier Rajoy ha convocato l’ambasciatore Usa in Spagna, mentre dal vertice Europeo di Bruxelles arriva il monito: "Una mancanza di fiducia rischia di pregiudicare la lotta al terrorismo". Francia e Germania chiedono colloqui con gli Usa per arrivare a "un'intesa" per un 'codice' sullo spionaggio entro fine anno. Il premier britannico Cameron dal canto suo difende il lavoro degli 007 grazie al quale sono stati evitati tanti attentati e attacca Edward Snowden, la talpa della Cia responsabile dello scandalo Datagate attualmente in Russia con permesso di asilo temporaneo : è lui, insieme ai media che lo aiutano, – dice il titolare di Downing Street – a rendere il mondo meno sicuro.
Al microfono di Giancarlo La Vella l’analista politico e strategico Alessandro Politi:
R. - La scusa che lo scopo delle intercettazioni sia proteggerci dal terrorismo è una mezza verità. In realtà, quando c’è la capacità di capire velocemente quali sono le intenzioni di un leader straniero, la si sfrutta comunque. Naturalmente quando il leader viene a saperlo è estremamente irritato, perché immaginava ci fosse un minimo di “fair play” soprattutto tra alleati. Ma evidentemente non è così. Anche tutti quelli che parlano dello spionaggio come di una cosa nota, risaputa, dicono un’altra mezza verità; ma dal punto di vista politico la situazione è più problematica di dieci anni fa, quindi le reazioni degli alleati nei confronti di Washington sono molto più secche.
D. – Da questa situazione, secondo lei, viene fuori un quadro degli Stati Uniti come Paese timoroso di fronte a quello che sta avvenendo nello scacchiere internazionale?
R. – In realtà è un Paese che sfrutta la cosiddetta “dominanza dell’informazione” senza farsi tanti problemi.
D. – Quali conseguenze per i rapporti soprattutto con l’Europa?
R. – Ci sono conseguenze ventilate di sospendere i negoziati per il Trattato di libero commercio transatlantico, di cui si dice un gran bene, perché si spera produca benessere, ripresa e posti di lavoro. Diverse forze politiche in Europa però hanno espresso l’opportunità di darsi quanto meno una pausa di riflessione, che può essere simbolica, ma che ha un suo senso politico. Poi ci saranno gli effetti a più lungo termine: una serie di Paesi adotterà regole molto più restrittive nello scambio di vere informazioni con gli americani e prenderanno precauzioni supplementari; oltre – alcuni Paesi in realtà lo fanno già – restituire la cortesia e spiare a loro volta.
D. – Questa situazione sta quasi ricompattando l’Europa?
R. – Sì, si sta creando una certa compattazione nei Paesi dell’Unione. Bisogna vedere però quanto durerà, perché chiunque avrebbe capito che è da 15 anni che bisognava fare un’integrazione politica europea seria, anziché “baloccarsi” con un Trattato di Lisbona, che in realtà è stato la morte dell’Europa. Chiunque avesse avuto un minimo di buon senso avrebbe fatto fronte compatto intorno all’euro, anziché fare alla fine distinzioni abbastanza inutili tra i virtuosi e i cosiddetti “cattivi”. Speriamo che questo serva, anche se la cosa importante non è avere un avversario: la cosa importante è avere un ideale comune ed avere la capacità politica di interpretarlo e di mandarlo avanti.
Gli Stati Uniti – rivela il Washinton Post - starebbero avvisando alcuni servizi segreti stranieri di paesi non ufficialmente alleati del fatto che nell'archivio di Snowden ci sarebbero "documenti sulla loro cooperazione" con gli Usa. Alcuni memo rivelerebbero dettagli di operazioni contro Russia, Iran e Cina.
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