Il 16.mo Religion Today Filmfestival dall’11 al 22 ottobre:
un’ottima occasione per migliorare il dialogo interreligioso
un’ottima occasione per migliorare il dialogo interreligioso
Religion Today Film Festival rappresenta un significativo esempio di come la dimensione estetica e in particolare quella della settima arte sia molto efficace per dimostrare la profeticità della famosa frase di Dostoevskij “La bellezza ci salverà”
di Carlo Mafera
Nei miei precedenti articoli ho sottolineato come la dimensione estetica rivesta un valore salvifico e comunicativo molto più profondo di quella razionale: vale molto più un quadro o della musica per legare indissolubilmente popoli, culture e soprattutto religioni. Il linguaggio, con le sue parole interpretate nella loro giusta dimensione, e soprattutto il linguaggio dell’arte, è diventato dal novecento in poi il linguaggio privilegiato per far comunicare tra loro le religioni. La "via pulchritudinis", costante sfida posta nel sentiero della storia, è la "via della bellezza” e s'impone sempre più nel dialogo interreligioso perché apre alla conoscenza mediante la contemplazione, e tutti siamo coscienti dell’importanza che riveste il rapporto tra bellezza e discorso su Dio.
Un’arte in particolare, la cosiddetta settima arte, si è rivelata quella più efficace per far riflettere le persone sul fatto che alla fine siamo tutti figli di un medesimo Dio. A Trento si apre la XVI edizione di Religion Today Film Festival per ribadire questo semplice concetto, che però viene messo continuamente in discussione dal pensiero ideologico ed estremista che alligna in tutte le religioni. Diverse sezioni accolgono i 52 film selezionati per l’edizione 2013 per esplorare ancora una volta le differenze, cercando ciò che unisce, non ciò che divide. Quest’anno ciò avviene attraverso il confronto tra realtà e utopia, tra documentario e immaginazione. Un viaggio nelle differenze che la direttrice della manifestazione, Katia Malatesta, ritiene essere un arricchimento e giammai un impoverimento: “Da sempre uno degli scopi principali del Festival è questo: esplorare le differenze per trovare da un lato ciò che ci unisce e dall’altro imparare da ciò che ci è estraneo. Credo che questa sia una delle dimensioni più importanti del dialogo interreligioso per come è concepita da tante persone a tutte le latitudini; capire che dall’altro, anche dalla diversità dell’altro, posso guadagnare un frammento di verità e la mia comprensione del mondo - se sono credente anche di Dio - può accrescere la mia spiritualità e la mia fede attraverso il confronto con l’altro”. Si legge infatti nel documento di presentazione: “Alla base del festival è la convinzione che il cinema possa costituire una buona officina per una conoscenza reciproca tra le varie culture e i diversi immaginari ad esse congiunti. L'indiscussa efficacia dell'immagine filmica, infatti, veicola per un vasto pubblico il pensiero e le figure di riferimento delle diverse esperienze religiose. È questa la premessa necessaria per cominciare a fugare le idee preconcette e i vuoti di informazione che tanto spesso producono falsi giudizi sulle religioni come causa di guerra e di conflitto sociale. Mai come in questi anni questo percorso di conoscenza è diventato urgente e attuale”.
Religion Today è prima di tutto una rassegna cinematografica aperta a film a soggetto, documentari e cortometraggi che esplorino i vari punti di vista sull'esistenza e sul sacro riferentesi alle diverse religioni. Ogni anno decine di pellicole provenienti da tutto il mondo vengono iscritte al concorso, che rappresenta un'importante occasione di dibattito e condivisione internazionale sulle tecniche, le teoriche e le poetiche della cinematografia attuale. Dopo i lavori della commissione selezionatrice, una giuria internazionale e interreligiosa visiona le nomination e assegna i quattro premi principali: ”nello spirito della fede”, al miglior film a soggetto, al miglior documentario e al miglior cortometraggio. Ciò che sorprende nel tratto che accomuna tutti i film è la dimensione della denuncia, della critica alla realtà culturale o religiosa che viene esaminata, ma nello stesso tempo è interessante notare la prospettiva visionaria di ogni pellicola, una sorta di prospettiva legata alla speranza di fronte al dramma dell’esistenza. Tale aspetto ricorda il desiderio di assoluto, di affermazione della Verità, e non solo, del Bello, del Buono e dell’Uno. Una spinta fortissima verso gli ideali sopracitati che i registi provenienti da tutto il mondo possiedono in misura diversa ma che dimostrano l’inesauribile volontà di interpretare questo desiderio dell’uomo verso la ricerca della Verità, dell’Unità nella Pace.
di Carlo Mafera
Nei miei precedenti articoli ho sottolineato come la dimensione estetica rivesta un valore salvifico e comunicativo molto più profondo di quella razionale: vale molto più un quadro o della musica per legare indissolubilmente popoli, culture e soprattutto religioni. Il linguaggio, con le sue parole interpretate nella loro giusta dimensione, e soprattutto il linguaggio dell’arte, è diventato dal novecento in poi il linguaggio privilegiato per far comunicare tra loro le religioni. La "via pulchritudinis", costante sfida posta nel sentiero della storia, è la "via della bellezza” e s'impone sempre più nel dialogo interreligioso perché apre alla conoscenza mediante la contemplazione, e tutti siamo coscienti dell’importanza che riveste il rapporto tra bellezza e discorso su Dio.
Un’arte in particolare, la cosiddetta settima arte, si è rivelata quella più efficace per far riflettere le persone sul fatto che alla fine siamo tutti figli di un medesimo Dio. A Trento si apre la XVI edizione di Religion Today Film Festival per ribadire questo semplice concetto, che però viene messo continuamente in discussione dal pensiero ideologico ed estremista che alligna in tutte le religioni. Diverse sezioni accolgono i 52 film selezionati per l’edizione 2013 per esplorare ancora una volta le differenze, cercando ciò che unisce, non ciò che divide. Quest’anno ciò avviene attraverso il confronto tra realtà e utopia, tra documentario e immaginazione. Un viaggio nelle differenze che la direttrice della manifestazione, Katia Malatesta, ritiene essere un arricchimento e giammai un impoverimento: “Da sempre uno degli scopi principali del Festival è questo: esplorare le differenze per trovare da un lato ciò che ci unisce e dall’altro imparare da ciò che ci è estraneo. Credo che questa sia una delle dimensioni più importanti del dialogo interreligioso per come è concepita da tante persone a tutte le latitudini; capire che dall’altro, anche dalla diversità dell’altro, posso guadagnare un frammento di verità e la mia comprensione del mondo - se sono credente anche di Dio - può accrescere la mia spiritualità e la mia fede attraverso il confronto con l’altro”. Si legge infatti nel documento di presentazione: “Alla base del festival è la convinzione che il cinema possa costituire una buona officina per una conoscenza reciproca tra le varie culture e i diversi immaginari ad esse congiunti. L'indiscussa efficacia dell'immagine filmica, infatti, veicola per un vasto pubblico il pensiero e le figure di riferimento delle diverse esperienze religiose. È questa la premessa necessaria per cominciare a fugare le idee preconcette e i vuoti di informazione che tanto spesso producono falsi giudizi sulle religioni come causa di guerra e di conflitto sociale. Mai come in questi anni questo percorso di conoscenza è diventato urgente e attuale”.
Religion Today è prima di tutto una rassegna cinematografica aperta a film a soggetto, documentari e cortometraggi che esplorino i vari punti di vista sull'esistenza e sul sacro riferentesi alle diverse religioni. Ogni anno decine di pellicole provenienti da tutto il mondo vengono iscritte al concorso, che rappresenta un'importante occasione di dibattito e condivisione internazionale sulle tecniche, le teoriche e le poetiche della cinematografia attuale. Dopo i lavori della commissione selezionatrice, una giuria internazionale e interreligiosa visiona le nomination e assegna i quattro premi principali: ”nello spirito della fede”, al miglior film a soggetto, al miglior documentario e al miglior cortometraggio. Ciò che sorprende nel tratto che accomuna tutti i film è la dimensione della denuncia, della critica alla realtà culturale o religiosa che viene esaminata, ma nello stesso tempo è interessante notare la prospettiva visionaria di ogni pellicola, una sorta di prospettiva legata alla speranza di fronte al dramma dell’esistenza. Tale aspetto ricorda il desiderio di assoluto, di affermazione della Verità, e non solo, del Bello, del Buono e dell’Uno. Una spinta fortissima verso gli ideali sopracitati che i registi provenienti da tutto il mondo possiedono in misura diversa ma che dimostrano l’inesauribile volontà di interpretare questo desiderio dell’uomo verso la ricerca della Verità, dell’Unità nella Pace.
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