martedì, ottobre 08, 2013
Il grado di inclusione digitale del nostro Paese è uno dei più bassi d'Europa. Il digital divide (il divario tra coloro che hanno accesso alle tecnologie e coloro che non lo hanno) non sembra ridursi. Come fare per porre rimedio a questa situazione? Informatici Senza Frontiere è un'associazione senza scopo di lucro che si pone l'obiettivo di arginare il digital divide in Italia e non solo. Girolamo Botter, Presidente di Informatici Senza Frontiere, chiarisce per i lettori de La Perfetta Letizia quali sono le attività e le iniziative dell'associazione. 

di Chiara Giovanna Bartoli 

Quando e come nasce Informatici Senza Frontiere? 
La storia di ISF comincia nel 2005 da una conversazione tra me e il dottor Mario Marsiaj - coordinatore e sostenitore dell'ospedale St. Luke di Angal in Uganda. Ne scaturisce l’idea, semplice, di portare tecnologie di ultima generazione negli ospedali delle zone meno sviluppate per migliorarne l’operatività quotidiana con appositi strumenti di gestione. Il progetto viene subito abbracciato da altri cinque manager veneti del settore informatico che coinvolgono l’Istituto Tecnico Volterra di San Donà di Piave (TV), che collabora alla progettazione e allo sviluppo della soluzione offrendo ad una delle sue classi la possibilità di mettersi in gioco e lavorare su Java. Nasce così Open Hospital, software open source per la gestione ospedaliera, installato e implementato presso il St. Luke Hospital per la prima volta nel 2006.

Quali sono gli scopi che l'associazione vuole raggiungere? 
L’obiettivo è quello di coniugare sociale e tecnologia, mettendo a disposizione conoscenze e strumenti informatici per aiutare concretamente chi vive situazioni di emarginazione e difficoltà, in Italia e nei Paesi in via di sviluppo. Cardine della mission di Informatici Senza Frontiere sono l’inclusione e la democrazia digitale, da ottenere attraverso una strenua lotta al digital divide, nella convinzione che l’accesso alle tecnologie dell’informazione e della comunicazione rappresenti un prerequisito essenziale allo sviluppo economico e sociale.

Qual è lo stato di "digitalizzazione" della società italiana e quali sono i principali ostacoli ad una maggiore digital inclusion nel nostro Paese? 
Il grado digitalizzazione della società italiana non è assolutamente soddisfacente. La prima causa è una diffusione incompleta della banda larga: ci sono vaste aeree in Italia dove non arriva l'ADSL e milioni di abitanti non riescono a collegarsi a internet! In secondo luogo bisogna segnalare che, anche dove c'è una buona connessione, le possibilità fornite dalla rete sono spesso sottoutilizzate. Un dato è significativo: in Italia la produttività generale non è aumentata negli ultimi vent’anni; sicuramente non è solo a causa di un utilizzo inappropriato delle rete, ma questo è un motivo che ha un peso rilevante.

Come porre rimedio a questa situazione ? 
Bisognerebbe lavorare sulle infrastrutture rendendo disponibile la banda larga in tutto il territorio nazionale. In alcuni Paesi del nord Europa una efficace connessione alla rete è considerato un diritto. Ma non basta l'infrastruttura tecnica, serve una mentalità generale orientata a considerare anacronistiche attività quali compilare moduli cartacei, doversi spostare fisicamente per compilare qualche pratica, fare code a qualche sportello per accedere ad un servizio, ecc.

Quali sono i progetti che portate avanti e quali quelli futuri? 
In questo momento Informatici Senza Frontiere sta operando in Italia, ma anche in diverse aree del mondo, con progetti abbastanza complessi. In Africa, in primo luogo, i volontari di Informatici Senza frontiere ed alcuni tecnici specializzati stanno lavorando con continuità per allestire aule didattiche e formare personale preparato in grado di lavorare con le nuove tecnologie in modo indipendente e, soprattutto, di formare a sua volta, per avere una generazione di africani preparati e indipendenti. Ad un secondo livello l’associazione si occupa della realizzazione e messa in opera di sistemi completi per la gestione di ospedali e di enti pubblici. Come Open Hospital, software open source sviluppato da ISF per aiutare gli ospedali rurali nei Paesi in via di sviluppo a migliorare il loro funzionamento nella gestione quotidiana. Attualmente è installato e utilizzato in diversi ospedali in Tanzania, Etiopia, Kenya, Uganda, Benin e Afghanistan, ma nel futuro prossimo accordi di collaborazione già siglati tra ISF ed alcune ONG ne permetterà la diffusione in molti altri ospedali africani. Esiste però un terzo livello di operatività nei Paesi in via di sviluppo, che vede ISF in veste di partner di Università, ONG, associazioni, ospedali che necessitino di consulenze organizzativo-informatiche per la progettazione e realizzazione di software, lo sviluppo di programmi, applicazioni, reti informative e siti Internet, per il training e la consulenza sistemistica. 

In Italia quali sono invece i vostri campi di azione? 
In Italia ISF si concentra su progetti più semplici, ma non sempre meno impegnativi, legati in particolare alla formazione in contesti di disagio o di emarginazione, quali carceri, comunità di tossicodipendenti o di ragazzi di strada, ma anche tra i disabili, gli anziani e chi vive situazioni di difficoltà permanente o temporanea. Progetti ad hoc, più complessi, vengono poi realizzati per realtà particolari come i reparti ospedalieri dedicati all’infanzia, per far sì ad esempio che i piccoli degenti possano comunicare con i compagni di scuola e seguire le lezioni, o negli ambulatori per emigrati che possono essere gestiti con uno specifico adattamento di Open Hospital, oppure in centri per accogliere persone senza fissa dimora, realizzando aule informatiche liberamente utilizzabili dagli ospiti. Ultimo settore chiave dell’attività di Informatici Senza Frontiere, che vede molto attiva l'associazione con progetti in cui l'innovazione gioca un ruolo fondamentale, è quello della disabilità. Qui ISF opera attraverso l’ideazione e messa in opera di programmi rigorosamente open source –e quindi gratuiti– che hanno la caratteristica di essere innovativi, efficaci ed adattabili alle singole realtà. Spiccano tra questi “ISA – I Speak Again”, comunicatore creato per ridare la parola ai malati di SLA o ad utenti tetraplegici, “Paperboy – Strillone”,applicazione che ricrea on-demand giornali per gli utenti ipovedenti. Ma ci sono anche “Musical Instruments for Persons With Disabilities”, per far sì che persone con disabilità possano suonare gli strumenti che amano e riscoprire la gioia della musica e “Dipinti tattili”, soluzione multimediale tecnologica mediante la quale il quale gli utenti ipovedenti / non vedenti possono "guardare" quadri famosi. Proprio le realizzazioni di Informatici Senza Frontiere in quest'area di intervento sono state considerate importanti ed innovative tanto che l'ONU, lo scorso maggio, ha invitato l’associazione a presentare parte del suo operato a Ginevra nell’ambito del World Summit on the Information Society Forum 2013 dell’ITU, riconoscendola come realtà rappresentativa a livello europeo di quanto possa fare l’informatica nel difficile settore delle disabilità. 

Informatici Senza Frontiere opera sempre in modo autonomo? 
A volte sì, ma non sempre. Proprio per la caratteristica di trasversalità intrinseca nell’informatica, oggi presente in qualsiasi settore - dalla medicina all' istruzione, dalla gestione della cosa pubblica, all'agricoltura - Informatici Senza Frontiere opera spesso in partenariato con altre ONG, o ad altre associazioni non profit diventandone il "braccio informatico". Ad oggi esistono collaborazioni con Cuamm – Medici con l’Africa, Terre Solidali, ASLA ed altri. La rete di collaborazioni non si ferma però alle associazioni, ma tocca le Università, con le quali ISF ha continui scambi di tipo professionale e con le quali ha anche un’ormai lunga storia di tesi sperimentali (Bari, Pisa, Venezia, Padova, Torino, Milano); docenti universitari sono anche membri attivi del Comitato Tecnico Scientifico che ISF ha formato per orientare gli aspetti strategici dell'associazione.

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