lunedì, ottobre 28, 2013
I manifesti erano stati stampati per celebrare i 34 anni della crisi degli ostaggi all'ambasciata Usa. La municipalità di Teheran nega qualsiasi coinvolgimento: a staccare i poster sarebbero state le stesse agenzie di pubblicità. In Parlamento continua la battaglia fra Rouhani e i conservatori sulla nomina dei ministri. Bocciato Reza Salehi Amiri, protagonista delle manifestazioni dell'onda verde. 

Teheran (AsiaNews) - Dalle strade di Teheran scompaiono i poster anti-americani, per dimostrare all'occidente la volontà di collaborare dopo la distensione dei rapporti fra il presidente riformista Rouhani e il suo omologo statunitense Barack Obama. La mossa giunge a pochi giorni dal 34mo anniversario della crisi degli ostaggi americani a Teheran, avvenuta durante la rivoluzione di Khomeini. Tuttavia, le autorità locali prendono le distanze e respingono ogni responsabilità sulla vicenda.

Hadi Ayyazi, portavoce dell'amministrazione della capitale, sottolinea che "i poster sono stati rimossi senza alcuna autorizzazione ufficiale". A prendere l'iniziativa sono state le stesse agenzie pubblicitarie autrici dei manifesti. Tuttavia, non tutte le società impegnate nell'affissione di volantini e cartelloni pubblicitari hanno aderito. Alcuni poster restano ancora per le strade. Uno in particolare riporta la scritta "L'onestà americana" e ritrae negoziatori iraniani e statunitensi al tavolo delle trattive. I delegati Usa indossano giacca e cravatta, ma calzano stivali e pantaloni militari, Ehsan Mohammad - Hassani, responsabile della Oj, agenzia pubblicitaria produttrice del poster, si giustifica dicendo che "quella rappresentazione non è un'obiezione contro i negoziati fra Iran e Stati Uniti". La parziale rimozione dei manifesti anti-Usa ha aperto anche un dibattito sugli slogan cantati durante le cerimonie ufficiali. A tutt'oggi il coro più gettonato è "Morte all'America", ma molti iraniani stanno pensando di accantonarlo, per non inficiare la ripresa delle relazioni fra due Paesi.

A soli tre mesi dal suo insediamento come presidente, l'ayatollah Hassan Rouhani ha dato una svolta riformista alle relazioni fra l'Iran e i suoi detrattori, in particolare gli Stati Uniti. Dopo 34 anni di chiusura totale, lo scorso 27 settembre il capo di Stato iraniano e Barack Obama, presidente Usa, hanno parlato al telefono, rompendo un gelo che durava dal 1979. La chiamata diretta fra i due leader ha portato nuove speranze nel Paese e per una riduzione delle sanzioni economiche e per un cambiamento significativo nei negoziati sul nucleare. Rouhani e il suo entourage devono però fare i conti con una forte opposizione interna, che tenta in tutti i modi di ostacolare le sue aperture.

Lo scorso 15 agosto il Parlamento ha respinto la nomina di 18 ministri, considerati troppo riformisti. Nelle scorse settimane, Rouhani ha presentato una nuova lista. Ieri il Parlamento iraniano, dominato dai conservatori, ha approvato due nuovi membri del governo moderato: Ali Asghar Fani, ministro dell'Istruzione e Reza Faraji Dana, al ministero della Ricerca. Tuttavia, la Camera ha respinto Reza Salehi Amiri, uno dei politici più vicini all'ala riformista che sarebbe dovuto diventare ministro dello Sport e dei giovani. A pesare sul curriculum di Amiri è il suo ruolo di primo piano nelle manifestazioni dell'onda verde avvenute nel 2009 dopo la rielezione di Mahmoud Ahmadinejad.


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