A 50 anni dalla tragedia del Vajont i geologi italiani sono tornati sui luoghi della tragedia per chiedere scusa e riappacificarsi con la popolazione, ma anche per chiarire la filiera delle responsabilità e sottolineare i passi in avanti compiuti dalla stessa geologia, che ha fatto tesoro degli errori commessi. Il presidente del Consiglio nazionale dei geologi, Gian Vito Graziano, aprendo a Longarone la Conferenza Internazionale sul Vajont, una prima parola l’ha dedicata alla popolazione.
GreenReport - «Alla gente di Longarone, di Erto e Casso, di Castellavazzo, che dopo essere stata vittima, è stata poi oltraggiata da istituzioni, da uomini politici, da uomini di apparato ed ahimè anche da uomini di scienza, chiedo di guardare alla geologia ed ai geologi con un rinnovato sentimento. Non perché la geologia ed i geologi abbiano fatto qualcosa per voi, ma perché voi, con il vostro insopportabile fardello di ricordi e di dolore, avete fatto tanto per noi e quello che avete fatto per noi lo avete fatto al Paese, che ora può guardare ai geologi come a sentinelle di un territorio che tutti insieme vorremmo più sicuro, più bello, più resiliente. A voi gente di questa terra bellissima, a voi gente lacerata da ferite invisibili ed insanabili, va tutto l’affetto della comunità geologica italiana. I geologi hanno fatto tesoro del Vajont - ha aggiunto Graziano - La geologia applicata nasce dal Vajont e dopo il Vajont ed i geologi vi hanno costruito sopra la propria professione, sotto il profilo tecnico, tecnologico, scientifico e morale. Per tutti i geologi, per tutti gli studenti e per le future generazioni di professionisti il Vajont è stato un punto di partenza, ma soprattutto è stato un monito: mettere la scienza, la ricerca e la professione a servizio del Paese».
Il presidente dei geologi poi è tornato in modo più specifico sulle responsabilità della drammatica vicenda di 50 anni fa.
«Qui una parte della geologia ha commesso degli errori, li ha commessi nella fase dello studio preliminare della progettazione dell’opera, se solo si pensa al fatto che la diga non avrebbe dovuto essere costruita dove è stata costruita, li ha commessi nella fase della costruzione, li ha commessi, forse ancor di più, nella fase dei controlli. Non nascondiamo queste responsabilità, non ci sottraiamo a queste responsabilità- ha ammesso Graziano- Tuttavia ci fu chi, scienziato illuminato, capì in tempo e allertò, ma allertò chi non volle sentire. Non siamo stati soli infatti nell’incredibile susseguirsi di errori che portarono alla catastrofe ma in compagnia di ingegneri e tecnici che sbagliarono modelli, che non seppero capire e soprattutto che non ebbero la forza ed il coraggio di fermare tutto quando era ancora possibile. Ed in compagnia di funzionari pubblici che non controllarono, che approvarono progetto e varianti, una dopo l’altra, senza porsi molte domande, senza richiedere un minimo di verifiche, che non diedero ascolto a quegli altri geologi che avevano capito e che, come detto, allertarono chi preferì non far sapere». Nonostante sia passato molto tempo, non è ancora stata fatta piena luce su questa tragedia anche se ormai più nessuno attribuisce le responsabilità alla “natura matrigna”.
«La tragedia del Vajont è figlia di omissioni e di superficialità di chi avrebbe potuto mettere a diposizione importanti elementi tecnici di valutazione e non lo ha fatto e di Organismi tecnici dello Stato che colpevolmente non hanno garantito lo Stato, non hanno garantito cioè i suoi cittadini- ha continuato Graziano- La diga è figlia di un progetto ardito, approvato dal Consiglio Sup. LLPP e più volte modificato, per aumentarne l’altezza e quindi la capacità d’invaso, senza che lo stesso Consiglio Sup. si sia mai posto il problema della stabilità di quel versante, quello del famigerato Monte Toc, che era stato già oggetto di studi geologici corretti e che non aveva dato soltanto dei semplici segnali d’instabilità, ma dei veri e propri episodi di instabilità, prima e durante la costruzione della diga. Eppure nessuno volle guardare, nessuno volle approfondire: la geologia, l’ambiente fisico, le condizioni al contorno erano poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco. Ancora oggi troppo spesso- ha concluso Graziano- la geologia è poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco».
In effetti sono stati fatti enormi passi in avanti sulle conoscenze geologiche, ma ancora oggi queste non sono opportunamente utilizzate dai decisori politici specialmente nella fase di prevenzione dei rischi, decisiva per incrementare la sicurezza del territorio e delle persone che lo abitano.
GreenReport - «Alla gente di Longarone, di Erto e Casso, di Castellavazzo, che dopo essere stata vittima, è stata poi oltraggiata da istituzioni, da uomini politici, da uomini di apparato ed ahimè anche da uomini di scienza, chiedo di guardare alla geologia ed ai geologi con un rinnovato sentimento. Non perché la geologia ed i geologi abbiano fatto qualcosa per voi, ma perché voi, con il vostro insopportabile fardello di ricordi e di dolore, avete fatto tanto per noi e quello che avete fatto per noi lo avete fatto al Paese, che ora può guardare ai geologi come a sentinelle di un territorio che tutti insieme vorremmo più sicuro, più bello, più resiliente. A voi gente di questa terra bellissima, a voi gente lacerata da ferite invisibili ed insanabili, va tutto l’affetto della comunità geologica italiana. I geologi hanno fatto tesoro del Vajont - ha aggiunto Graziano - La geologia applicata nasce dal Vajont e dopo il Vajont ed i geologi vi hanno costruito sopra la propria professione, sotto il profilo tecnico, tecnologico, scientifico e morale. Per tutti i geologi, per tutti gli studenti e per le future generazioni di professionisti il Vajont è stato un punto di partenza, ma soprattutto è stato un monito: mettere la scienza, la ricerca e la professione a servizio del Paese».
Il presidente dei geologi poi è tornato in modo più specifico sulle responsabilità della drammatica vicenda di 50 anni fa.
«Qui una parte della geologia ha commesso degli errori, li ha commessi nella fase dello studio preliminare della progettazione dell’opera, se solo si pensa al fatto che la diga non avrebbe dovuto essere costruita dove è stata costruita, li ha commessi nella fase della costruzione, li ha commessi, forse ancor di più, nella fase dei controlli. Non nascondiamo queste responsabilità, non ci sottraiamo a queste responsabilità- ha ammesso Graziano- Tuttavia ci fu chi, scienziato illuminato, capì in tempo e allertò, ma allertò chi non volle sentire. Non siamo stati soli infatti nell’incredibile susseguirsi di errori che portarono alla catastrofe ma in compagnia di ingegneri e tecnici che sbagliarono modelli, che non seppero capire e soprattutto che non ebbero la forza ed il coraggio di fermare tutto quando era ancora possibile. Ed in compagnia di funzionari pubblici che non controllarono, che approvarono progetto e varianti, una dopo l’altra, senza porsi molte domande, senza richiedere un minimo di verifiche, che non diedero ascolto a quegli altri geologi che avevano capito e che, come detto, allertarono chi preferì non far sapere». Nonostante sia passato molto tempo, non è ancora stata fatta piena luce su questa tragedia anche se ormai più nessuno attribuisce le responsabilità alla “natura matrigna”.
«La tragedia del Vajont è figlia di omissioni e di superficialità di chi avrebbe potuto mettere a diposizione importanti elementi tecnici di valutazione e non lo ha fatto e di Organismi tecnici dello Stato che colpevolmente non hanno garantito lo Stato, non hanno garantito cioè i suoi cittadini- ha continuato Graziano- La diga è figlia di un progetto ardito, approvato dal Consiglio Sup. LLPP e più volte modificato, per aumentarne l’altezza e quindi la capacità d’invaso, senza che lo stesso Consiglio Sup. si sia mai posto il problema della stabilità di quel versante, quello del famigerato Monte Toc, che era stato già oggetto di studi geologici corretti e che non aveva dato soltanto dei semplici segnali d’instabilità, ma dei veri e propri episodi di instabilità, prima e durante la costruzione della diga. Eppure nessuno volle guardare, nessuno volle approfondire: la geologia, l’ambiente fisico, le condizioni al contorno erano poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco. Ancora oggi troppo spesso- ha concluso Graziano- la geologia è poca cosa rispetto agli interessi economici in gioco».
In effetti sono stati fatti enormi passi in avanti sulle conoscenze geologiche, ma ancora oggi queste non sono opportunamente utilizzate dai decisori politici specialmente nella fase di prevenzione dei rischi, decisiva per incrementare la sicurezza del territorio e delle persone che lo abitano.
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