Per il disastro provocato dal tifone Haiyan nelle Filippine non ci sono ancora cifre precise. L'Onu parla di circa 4.400 morti, ma si teme che il bilancio possa crescere, visto il numero di dispersi. Nel Paese il cardinale arcivescovo di Manila, Luis Antonio Tagle, ha indetto per questo sabato una giornata di digiuno e preghiera. Intanto, la comunità internazionale si è mobilitata per i soccorsi.
Radio Vaticana - Dagli Stati Uniti sono in arrivo 900 marines e l'Unione Europea ha inviato un team in una delle città più colpite. Oggi è arrivato anche il primo cargo di aiuti dall'Italia. Per gli aiuti umanitari alle Filippine, inoltre, l’Onu assicura 72 milioni di dollari, l’Unione Europea stanzia altri 7 milioni di euro oltre agli iniziali 13, e la Gran Bretagna promette da parte sua 48 milioni di sterline. Tra le organizzazioni umanitarie mobilitate c’è Medici senza Frontiere. Fausta Speranza ha intervistato Gabriele Eminente, direttore della sezione Italia:
R. – Le evidenze che stiamo raccogliendo, tramite i nostri operatori umanitari che ci riportano quello che vedono dal terreno, è di una situazione sicuramente molto, molto grave, molto diversificata e anche molto diffusa sul territorio. Ovvero ci sono aree distanti l’una dall’altra, aree remote, colpite tutte quante allo stesso modo, tant’è vero che Medici senza Frontiere, nel momento in cui è intervenuta, si è organizzata in diversi team, che si sono diretti e stanno lavorando in posti molto diversi, che hanno e stanno mostrando bisogni diversi.
D. – Quali sono gli interventi di Medici senza Frontiere?
R. – Noi abbiamo, in questo momento, sul terreno oltre 120 nostri operatori umanitari. Abbiamo inviato nelle Filippine, già nei primi giorni, da venerdì scorso, dal giorno del tifone ad oggi, all’incirca dieci cargo, pieni di medici, di vaccini, apparecchiature per la potabilizzazione dell’acqua, e ancora kit sanitari, tende per fornire ricovero e così via. Abbiamo team che stanno lavorando con cliniche mobili. Una delle aree, ad esempio, più colpite è l’area ad Est del Paese, che è stata anche la prima ad essere colpita dal ciclone, quella intorno alla città di Guyuan, di circa 50 mila abitanti. Anche al di fuori della città, però, ci sono bisogni veramente molto, molto grandi e quindi il sistema delle cliniche mobili, ovvero la possibilità di muoversi sul territorio e di andare a verificare là dove c’è effettivamente bisogno e dove magari gli aiuti non sono ancora arrivati, è assolutamente necessaria in quel contesto. Ci sono interventi dal punto di vista chirurgico, ma abbiamo incominciato ad intervenire anche dal punto di vista della potabilizzazione dell’acqua e della fornitura di tende, ricoveri e così via. Questa è una sola delle tante aree in cui siamo.
D. – Sappiamo di una popolazione disperata, ma anche molto reattiva...
R. – Sì, questo è quello che ci riportano i nostri. Faccio un esempio: un nostro operatore umanitario, tra l’altro un collega italiano, che ha una grande e lunga esperienza e quindi ne ha viste veramente di tutti i colori, ed era stato sul posto ad esempio anche in Giappone all’epoca dello tsunami, ci ha riferito che è la volta in cui ha sperimentato, vissuto un’accoglienza – uso le sue parole immediate - “più sorridente”, nonostante la tragedia che ha colpito quel popolo. Al di là, appunto, di quanto il nostro operatore ci ha riferito, è vero che è una popolazione che sta reagendo, ma è anche vero che i bisogni sono veramente enormi. Citavo prima Guyuan, ma anche a Tacoblan, ovviamente, nell’isola di Panay, ci sono situazione che richiedono tutto il nostro sforzo, tutto il nostro intervento.
Radio Vaticana - Dagli Stati Uniti sono in arrivo 900 marines e l'Unione Europea ha inviato un team in una delle città più colpite. Oggi è arrivato anche il primo cargo di aiuti dall'Italia. Per gli aiuti umanitari alle Filippine, inoltre, l’Onu assicura 72 milioni di dollari, l’Unione Europea stanzia altri 7 milioni di euro oltre agli iniziali 13, e la Gran Bretagna promette da parte sua 48 milioni di sterline. Tra le organizzazioni umanitarie mobilitate c’è Medici senza Frontiere. Fausta Speranza ha intervistato Gabriele Eminente, direttore della sezione Italia:
R. – Le evidenze che stiamo raccogliendo, tramite i nostri operatori umanitari che ci riportano quello che vedono dal terreno, è di una situazione sicuramente molto, molto grave, molto diversificata e anche molto diffusa sul territorio. Ovvero ci sono aree distanti l’una dall’altra, aree remote, colpite tutte quante allo stesso modo, tant’è vero che Medici senza Frontiere, nel momento in cui è intervenuta, si è organizzata in diversi team, che si sono diretti e stanno lavorando in posti molto diversi, che hanno e stanno mostrando bisogni diversi.
D. – Quali sono gli interventi di Medici senza Frontiere?
R. – Noi abbiamo, in questo momento, sul terreno oltre 120 nostri operatori umanitari. Abbiamo inviato nelle Filippine, già nei primi giorni, da venerdì scorso, dal giorno del tifone ad oggi, all’incirca dieci cargo, pieni di medici, di vaccini, apparecchiature per la potabilizzazione dell’acqua, e ancora kit sanitari, tende per fornire ricovero e così via. Abbiamo team che stanno lavorando con cliniche mobili. Una delle aree, ad esempio, più colpite è l’area ad Est del Paese, che è stata anche la prima ad essere colpita dal ciclone, quella intorno alla città di Guyuan, di circa 50 mila abitanti. Anche al di fuori della città, però, ci sono bisogni veramente molto, molto grandi e quindi il sistema delle cliniche mobili, ovvero la possibilità di muoversi sul territorio e di andare a verificare là dove c’è effettivamente bisogno e dove magari gli aiuti non sono ancora arrivati, è assolutamente necessaria in quel contesto. Ci sono interventi dal punto di vista chirurgico, ma abbiamo incominciato ad intervenire anche dal punto di vista della potabilizzazione dell’acqua e della fornitura di tende, ricoveri e così via. Questa è una sola delle tante aree in cui siamo.
D. – Sappiamo di una popolazione disperata, ma anche molto reattiva...
R. – Sì, questo è quello che ci riportano i nostri. Faccio un esempio: un nostro operatore umanitario, tra l’altro un collega italiano, che ha una grande e lunga esperienza e quindi ne ha viste veramente di tutti i colori, ed era stato sul posto ad esempio anche in Giappone all’epoca dello tsunami, ci ha riferito che è la volta in cui ha sperimentato, vissuto un’accoglienza – uso le sue parole immediate - “più sorridente”, nonostante la tragedia che ha colpito quel popolo. Al di là, appunto, di quanto il nostro operatore ci ha riferito, è vero che è una popolazione che sta reagendo, ma è anche vero che i bisogni sono veramente enormi. Citavo prima Guyuan, ma anche a Tacoblan, ovviamente, nell’isola di Panay, ci sono situazione che richiedono tutto il nostro sforzo, tutto il nostro intervento.
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