lunedì, novembre 04, 2013
Nonostante la crisi del nord sia ufficialmente terminata, l’uccisione sabato scorso di due giornalisti francesi a Kidal ha riacceso i riflettori sul vasto territorio dell’Azawad, ancora in preda all’insicurezza diffusa e dove “la lotta contro il terrorismo continua e deve essere vinta”.  

Misna - E’ questo l’impegno congiunto dei presidenti maliano Ibrahim Boubacar Keita e francese François Hollande, dopo il rapimento e l’omicidio nelle ore successive di Ghislaine Dupont e Claude Verlon, giornalisti dell’emittente Radio France Internationale (Rfi), giunti a Kidal per un reportage. Le salme di questi due professionisti di lungo corso sono stati riportati ieri a Bamako per essere rimpatriati oggi a Parigi, in un clima di cordoglio e sdegno condiviso nelle due capitali, non solo nel mondo dei media e a livello governativo.

Il portavoce dell’esecutivo maliano Mahamane Baby ha annunciato l’apertura di un’inchiesta giudiziaria, che si aggiunge a quella già avviata dalle autorità francesi. Finora sono filtrate poche informazioni sull’identità e il numero degli assassini, presumibilmente appartenenti a un gruppo ribelle locale che ha rapito i giornalisti sabato nel primo pomeriggio, dopo che Dupont e Verlon avevano intervistato Ambéry Ag Rhissa. L’alto esponente del Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla, tuareg) ha dichiarato che i rapitori – che parlavano il tamashek, la lingua dei tuareg – hanno costretto i due a salire a bordo di veicoli fuoristrada. Meno di due ore dopo, una pattuglia francese dell’operazione Serval ha ritrovato i loro corpi senza vita a circa 12 chilometri di distanza da Kidal. Il ministro degli Esteri francese Laurent Fabius ha confermato che i reporter sono stati uccisi a colpi d’arma da fuoco. Dei responsabili degli omicidi non c’è traccia e ricerche sono i corso negli accampamenti di sfollati della zona. A Gao, l’altro capoluogo settentrionale, cinque sospetti sarebbero stati consegnati ai soldati francesi.

“E’ importante che la sovranità del Mali venga ristabilita su tutto il territorio nazionale e il caso particolare di Kidal deve essere risolto” ha detto il portavoce dell’esecutivo di Bamako, precisando che la questione sarà affrontata domani in occasione della visita del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon per partecipare a una riunione sulla pace nel Sahel. Dallo scorso luglio, le truppe africane sono passate sotto il comando delle Nazioni Unite come Missione internazionale di stabilizzazione (Minusma). Dal canto suo il capo della diplomazia francese ha annunciato un “rafforzamento della sicurezza in quella zona e in quelle vicine”. A Kidal, storico bastione dell’Mnla, ci sono accese rivalità tra i vari gruppi tuareg, tensioni tra tuareg ed arabi ma sono anche presenti movimenti di matrice jihadista legati ad Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), tra cui Ansar Al Din e Mujao. Attualmente 200 militari francesi sono dispiegati all’aeroporto di Kidal e buona parte della forza Serval – in tutto 3000 uomini – è impegnata nell’operazione Hydre lungo il corso del fiume Niger. Presumibilmente Parigi potrebbe decidere di rivedere le scadenze di ritiro delle sue truppe, che prevedeva la permanenza di soli mille uomini entro gennaio 2014, anche alla luce dei ritardi nel dispiegamento della missione Onu, che dovrebbe contare alla fine 12.500 caschi blu.

Il 24 novembre sono in agenda elezioni legislative: un appuntamento cruciale con le urne per concludere il periodo di transizione politica in corso da un anno e mezzo. Lo scorso agosto è stato eletto il presidente Keita, prima tappa del ritorno del paese sulla strada della democrazia. Il fatto dello scorso fine settimana a Kidal si è verificato dopo settimane di crescente instabilità anche nelle zone di Gao e Tessalit, teatri di attentati suicida. Solo pochi giorni fa il governo di Bamako ha sbloccato 16,8 milioni di euro per riabilitare tutte le infrastrutture danneggiate o distrutte in 18 mesi di crisi armata. E’ stato anche istituito un apposito ministero per il Nord e per la riconciliazione con l’intento di assicurare ai cittadini dell’Azawad gli stessi diritti di quelli residenti altrove in termini di sanità, istruzione ed infrastrutture di base. Inoltre il governo maliano è impegnato in trattative con movimenti ribelli tuareg e arabi locali per definire lo statuto della vasta e povera regione desertica – estesa sui due terzi del territorio nazionale – che alcuni vorrebbero vedere autonoma.


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