È Noah Glass, il quarto fondatore che quasi nessuno conosce. "Collaborare a qualcosa di cui altri prendono tutta la gloria, la fama e i soldi è frustrante".
Milano (WSI) - Siete sicuri di sapere tutto dei creatori di Twitter? Oltre all' attuale presidente Jack Dorsey, all'ex Ceo e principale azionista Evan Williams e a Biz Stone (oggi capo della Jelly Industries) c'è un quarto fondatore che quasi nessuno conosce. Si chiama Noah Glass, ha lavorato al social network del cinguettìo dalle origini, inventandone il nome, ed è stato buttato fuori, con pochi spiccioli, poco prima che Twitter diventasse il fenomeno che è. Ora che il più noto sito di microblogging al mondo - oltre 230 milioni di utenti- è sbarcato in Borsa rendendo miliardari Dorsey, Williams e Stone (e parecchi altri azionisti) la sua storia suona ancora di più come una beffa.
Non che non lo fosse già: Glass - che Twitter lo usa, e sotto il nome utente ha scritto «I starded this» , con orgoglio e probabilmente una buona dose di stizza - in un'intervista del 2011 a Business Insider ha esposto la sua versione dei fatti, che si discosta parecchio da quanto dichiarato dagli altri tre. Facciamo un passo indietro.
Nel 2005 Noah lavora con una dozzina di persone nella società Odeo. Evan Williams, fresco di un altro successo ha creato Blogger, vendendola poi a Google - investe in Odeo, ne diventa Ceo e coinvolge l'amico Christopher, detto «Biz», Stone. Nel frattempo a lavorare con Glass arriva Jack Dorsey. È sua l'idea di uno strumento con cui gli utenti possano condividere il proprio «status »: l'embrione di quello che sarà il social network dell'uccellino blu.
A febbraio 2006 Glass, Dorsey e il resto dello staff presentano il progetto: si chiama Twitter, e il nome, così come l'aspetto esteriore, racconta Nick Bilton nel libro La nascita di Twitter: una storia di soldi, potere, amicizia e tradimento, fu opera di Glass. Un lampo di genio dopo tanto lavoro: «Ci vollero tonnellate di sforzo e di energia - ha detto, aggiungendo - Non ho creato Twitter da solo, ma senza di me Twitter non esisterebbe».
Glass ci crede, al punto da voler staccare Twitter dal resto di Odeo, fondando una propria società. Cominciano gli attriti con Williams, acuiti dal crescente nervosismo di Glass, che ai tempi stava anche divorziando. Noah si confida con l'amico Jack Dorsey. Che però preme per farlo licenziare. Il tradimento si consuma a luglio del 2006: Williams compra Odeo, Twitter compreso. Fonda la società Obvious. Dorsey diventa Ceo. Glass è licenziato.
Buttato fuori, non senza un dollaro, ma con le briciole: «Se fossi rimasto dentro avrei guadagnato molto, molto di più. Ho intascato una cifra molto esigua a fronte del mio coinvolgimento in Odeo», ha fatto notare. Il 13 settembre scorso ha scritto, con notevole aplomb: «Auguro alla squadra di Twitter la migliore fortuna, sono certo che avranno successo».
Forse lo ha aiutato il periodo di isolamento volontario dopo la vicenda: «Sono andato a Los Angeles a lavorare da solo. Ora sono tornato a San Francisco, un piccolo passo per cercare di riprendere a lavorare con altri. Non è facile dopo tutta questa storia. Collaborare a qualcosa di cui altri prendono tutta la gloria, la fama e i soldi è frustrante».
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Giornale - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
Milano (WSI) - Siete sicuri di sapere tutto dei creatori di Twitter? Oltre all' attuale presidente Jack Dorsey, all'ex Ceo e principale azionista Evan Williams e a Biz Stone (oggi capo della Jelly Industries) c'è un quarto fondatore che quasi nessuno conosce. Si chiama Noah Glass, ha lavorato al social network del cinguettìo dalle origini, inventandone il nome, ed è stato buttato fuori, con pochi spiccioli, poco prima che Twitter diventasse il fenomeno che è. Ora che il più noto sito di microblogging al mondo - oltre 230 milioni di utenti- è sbarcato in Borsa rendendo miliardari Dorsey, Williams e Stone (e parecchi altri azionisti) la sua storia suona ancora di più come una beffa.
Non che non lo fosse già: Glass - che Twitter lo usa, e sotto il nome utente ha scritto «I starded this» , con orgoglio e probabilmente una buona dose di stizza - in un'intervista del 2011 a Business Insider ha esposto la sua versione dei fatti, che si discosta parecchio da quanto dichiarato dagli altri tre. Facciamo un passo indietro.
Nel 2005 Noah lavora con una dozzina di persone nella società Odeo. Evan Williams, fresco di un altro successo ha creato Blogger, vendendola poi a Google - investe in Odeo, ne diventa Ceo e coinvolge l'amico Christopher, detto «Biz», Stone. Nel frattempo a lavorare con Glass arriva Jack Dorsey. È sua l'idea di uno strumento con cui gli utenti possano condividere il proprio «status »: l'embrione di quello che sarà il social network dell'uccellino blu.
A febbraio 2006 Glass, Dorsey e il resto dello staff presentano il progetto: si chiama Twitter, e il nome, così come l'aspetto esteriore, racconta Nick Bilton nel libro La nascita di Twitter: una storia di soldi, potere, amicizia e tradimento, fu opera di Glass. Un lampo di genio dopo tanto lavoro: «Ci vollero tonnellate di sforzo e di energia - ha detto, aggiungendo - Non ho creato Twitter da solo, ma senza di me Twitter non esisterebbe».
Glass ci crede, al punto da voler staccare Twitter dal resto di Odeo, fondando una propria società. Cominciano gli attriti con Williams, acuiti dal crescente nervosismo di Glass, che ai tempi stava anche divorziando. Noah si confida con l'amico Jack Dorsey. Che però preme per farlo licenziare. Il tradimento si consuma a luglio del 2006: Williams compra Odeo, Twitter compreso. Fonda la società Obvious. Dorsey diventa Ceo. Glass è licenziato.
Buttato fuori, non senza un dollaro, ma con le briciole: «Se fossi rimasto dentro avrei guadagnato molto, molto di più. Ho intascato una cifra molto esigua a fronte del mio coinvolgimento in Odeo», ha fatto notare. Il 13 settembre scorso ha scritto, con notevole aplomb: «Auguro alla squadra di Twitter la migliore fortuna, sono certo che avranno successo».
Forse lo ha aiutato il periodo di isolamento volontario dopo la vicenda: «Sono andato a Los Angeles a lavorare da solo. Ora sono tornato a San Francisco, un piccolo passo per cercare di riprendere a lavorare con altri. Non è facile dopo tutta questa storia. Collaborare a qualcosa di cui altri prendono tutta la gloria, la fama e i soldi è frustrante».
di Giuliana De Vivo
Il contenuto di questo articolo, pubblicato da Il Giornale - che ringraziamo - esprime il pensiero dell' autore e non necessariamente rappresenta la linea editoriale di Wall Street Italia, che rimane autonoma e indipendente.
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