Rinasce Forza Italia, il Pdl resterà come coalizione dei moderati. A sancirlo all’unanimità il Consiglio nazionale del partito al termine dell’intervento di un’ora e mezza di Berlusconi. Ieri sera lo strappo definitivo con i cosiddetti innovatori guidati dal vicepremier Alfano, che hanno annunciato la nascita di gruppi autonomi che si chiameranno “Nuovo centrodestra”.
Radio Vaticana - Il Pdl dunque si spacca nel momento in cui torna a chiamarsi Forza Italia. Impossibile si è rivelato l’accordo tra falchi e colombe, tra chi vuole chiudere la stagione delle larghe intese e chi vuole tenere distinto il tema del Governo da quello della decadenza di Berlusconi da senatore. E nel suo intervento al Consiglio nazionale, un Berlusconi stanco e provato ha preso atto con dolore della scissione, spiegando però che, “non avendo i numeri per far cadere il governo”, è necessaria una "coalizione con il Nuovo Centrodestra”. Ma, ha aggiunto l’ex premier, non posso essere ancora alleato di chi mi vuole politicamente morto. Quindi ancora un affondo contro la magistratura politicizzata e critiche alla legge di stabilità e all’austerità imposta dalla Germania. In serata la replica di Alfano, che parla di scelta amarissima e dolorosa. La situazione del Paese è grave, non potevamo tornare al voto. Il nuovo centrodestra, afferma il vicepremier, propone agli italiani di giudicare questo governo sugli obiettivi che avrà raggiunto tra 12 mesi. La nuova formazione può contare al momento su 30 senatori e 27 deputati. E molti osservatori pensano che ci sarà presto una convergenza con i popolari di Scelta civica che hanno appena consumato lo strappo con l’ala del partito legata a Mario Monti.
E sulla fine del Pdl, Paolo Ondarza ha sentito Paolo Pombeni, docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna:
R. – Che l’anima del centrodestra d’Italia sia un’anima “populista” oppure sia un’anima “moderata-razionale”, è quanto si verificherà alle prime elezioni che ci saranno nel prossimo futuro. La scissione del Pdl è una scelta per molti aspetti suicida, perché partiti che vogliono presentarsi come alternativa globale hanno bisogno di grandi masse di voti e nel centrodestra ci sono entrambe le anime: la grande forza dei partiti cosiddetti “pigliatutto” è sempre stata quella di tenere insieme gli uni e gli altri. Semmai, il problema era di chi deteneva il timone. Questa possibilità di tenersi insieme è andata a rotoli e quindi questo mette molto in crisi la possibilità di vittoria del centrodestra. Infatti, è difficile immaginare che questi – come qualcuno dice – marcino divisi e colpiscano uniti.
D. – Nel contempo, si registra anche un divorzio all’interno di Scelta Civica e l’area “cattolica” – possiamo definirla così – all’interno di Scelta Civica, sembra voler andare incontro al nuovo centrodestra fuoriuscito dal Pdl…
R. – La mia impressione è che la famosa transizione alla Seconda Repubblica si stia consumando in questi giorni, perché fondamentalmente stanno venendo meno tre culture tradizionali: una è la cultura tradizionale della sinistra comunista e post-comunista, che Renzi sta effettivamente rottamando. L’altra è la cultura tradizionale del centrodestra, che è quella che ha fatto Berlusconi e adesso il fallimento dell’esperienza Monti ha bruciato anche l’idea che il futuro possa essere in mano ad una non meglio identificata “tecnocrazia responsabile”. Oggi, chiaramente la dissoluzione di Scelta Civica pone un problema agli uomini che si sono resi conto che quella non era una via percorribile. Al momento, questi sembrano inclinare di più verso una scelta dell’area del Partito popolare europeo, che è indubbiamente un’area di centrodestra moderato o di centro-centro … Una probabilità che la situazione evolva in questa direzione effettivamente esiste.
D. – Spostando lo sguardo sul presente: il governo Letta, chiamato ad affrontare le sfide della crisi economica, a questo punto è più debole dopo la scissione del Pdl?
R. – Ma, sì … entro certi limiti … nel senso che, anche quando il Pdl non era scisso non ha mai smesso di mettergli i bastoni tra le ruote, così come peraltro hanno fatto anche altre componenti del Pd. Il governo Letta è un governo di necessità nazionale che sta in piedi a dispetto di tutto, quindi è un governo da un lato debolissimo e dall’altro lato molto forte, perché finché non si trova una soluzione diversa a questa emergenza nazionale, è molto difficile farlo cadere…
Radio Vaticana - Il Pdl dunque si spacca nel momento in cui torna a chiamarsi Forza Italia. Impossibile si è rivelato l’accordo tra falchi e colombe, tra chi vuole chiudere la stagione delle larghe intese e chi vuole tenere distinto il tema del Governo da quello della decadenza di Berlusconi da senatore. E nel suo intervento al Consiglio nazionale, un Berlusconi stanco e provato ha preso atto con dolore della scissione, spiegando però che, “non avendo i numeri per far cadere il governo”, è necessaria una "coalizione con il Nuovo Centrodestra”. Ma, ha aggiunto l’ex premier, non posso essere ancora alleato di chi mi vuole politicamente morto. Quindi ancora un affondo contro la magistratura politicizzata e critiche alla legge di stabilità e all’austerità imposta dalla Germania. In serata la replica di Alfano, che parla di scelta amarissima e dolorosa. La situazione del Paese è grave, non potevamo tornare al voto. Il nuovo centrodestra, afferma il vicepremier, propone agli italiani di giudicare questo governo sugli obiettivi che avrà raggiunto tra 12 mesi. La nuova formazione può contare al momento su 30 senatori e 27 deputati. E molti osservatori pensano che ci sarà presto una convergenza con i popolari di Scelta civica che hanno appena consumato lo strappo con l’ala del partito legata a Mario Monti.
E sulla fine del Pdl, Paolo Ondarza ha sentito Paolo Pombeni, docente alla Facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna:
R. – Che l’anima del centrodestra d’Italia sia un’anima “populista” oppure sia un’anima “moderata-razionale”, è quanto si verificherà alle prime elezioni che ci saranno nel prossimo futuro. La scissione del Pdl è una scelta per molti aspetti suicida, perché partiti che vogliono presentarsi come alternativa globale hanno bisogno di grandi masse di voti e nel centrodestra ci sono entrambe le anime: la grande forza dei partiti cosiddetti “pigliatutto” è sempre stata quella di tenere insieme gli uni e gli altri. Semmai, il problema era di chi deteneva il timone. Questa possibilità di tenersi insieme è andata a rotoli e quindi questo mette molto in crisi la possibilità di vittoria del centrodestra. Infatti, è difficile immaginare che questi – come qualcuno dice – marcino divisi e colpiscano uniti.
D. – Nel contempo, si registra anche un divorzio all’interno di Scelta Civica e l’area “cattolica” – possiamo definirla così – all’interno di Scelta Civica, sembra voler andare incontro al nuovo centrodestra fuoriuscito dal Pdl…
R. – La mia impressione è che la famosa transizione alla Seconda Repubblica si stia consumando in questi giorni, perché fondamentalmente stanno venendo meno tre culture tradizionali: una è la cultura tradizionale della sinistra comunista e post-comunista, che Renzi sta effettivamente rottamando. L’altra è la cultura tradizionale del centrodestra, che è quella che ha fatto Berlusconi e adesso il fallimento dell’esperienza Monti ha bruciato anche l’idea che il futuro possa essere in mano ad una non meglio identificata “tecnocrazia responsabile”. Oggi, chiaramente la dissoluzione di Scelta Civica pone un problema agli uomini che si sono resi conto che quella non era una via percorribile. Al momento, questi sembrano inclinare di più verso una scelta dell’area del Partito popolare europeo, che è indubbiamente un’area di centrodestra moderato o di centro-centro … Una probabilità che la situazione evolva in questa direzione effettivamente esiste.
D. – Spostando lo sguardo sul presente: il governo Letta, chiamato ad affrontare le sfide della crisi economica, a questo punto è più debole dopo la scissione del Pdl?
R. – Ma, sì … entro certi limiti … nel senso che, anche quando il Pdl non era scisso non ha mai smesso di mettergli i bastoni tra le ruote, così come peraltro hanno fatto anche altre componenti del Pd. Il governo Letta è un governo di necessità nazionale che sta in piedi a dispetto di tutto, quindi è un governo da un lato debolissimo e dall’altro lato molto forte, perché finché non si trova una soluzione diversa a questa emergenza nazionale, è molto difficile farlo cadere…
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