Diversamente da quanto si pensa comunemente, l’abete di plastica ha un impatto ambientale maggiore degli alberi veri. A patto che siano coltivati e provenienti da boschi gestiti in modo sostenibile. Ecco i consigli degli esperti Pefc Italia, il sistema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più diffuso in Italia e al mondo. Che ricordano: dopo le feste, no al rimboschimento “selvaggio”. Sì al riutilizzo nel giardino di casa o in vaso
Roma – L’8 dicembre, giornata tradizionalmente destinata ad addobbare l’albero di Natale si avvicina. E, come ogni anno, almeno tra chi è più sensibile alle questioni ambientali, torna la diatriba: meglio un albero finto o un albero vero? La risposta, in verità, è più complessa: il vero vantaggio per ambiente e collettività è garantito se si acquista un albero vero, a patto che sia però coltivato in Italia e che si tengano a mente alcuni accorgimenti per comprare gli abeti giusti. Qualche consiglio arriva dal PEFC Italia, il sistema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più diffuso al mondo.
ALBERO FINTO = PETROLIO: “Pefc Italia consiglia di comperare un albero di Natale vero invece di quello di plastica, innanzitutto per un motivo ambientale: la plastica deriva dal petrolio e quindi a costi ambientali e di smaltimento elevati; poi l'abete in casa respira, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno, ma anche rilasciando oli essenziali che purificano e aromatizzano la stanza”, spiega Antonio Brunori, segretario generale del Pefc Italia.
Ma esistono motivazioni di natura economica e sociale: “Gli abeti di origine italiana presenti sul mercato natalizio derivano per circa il 90% da coltivazioni specializzate, cioè da piantagioni di alberi create per questo scopo, che occupano stagionalmente oltre mille piccole aziende agricole in Italia. C’è poi un importante numero di piante (il restante 10%) che sono vendute senza radici, cioé cimali o punte di abete: queste derivano dalla normale pratica di gestione forestale che prevede interventi colturali di "sfolli” o diradamenti, operazioni indispensabili per lo sviluppo delle foreste più pulite e più fruibili”, rende noto il Pefc Italia. “Con queste piantagioni arboree e con queste operazioni selvicolturali si contribuisce a migliorare l'assetto idrogeologico delle colline e a contrastare l'erosione e gli incendi, perché gli abeti sono generalmente coltivati soprattutto in terreni marginali altrimenti destinati all'abbandono”.
Conseguenza diretta, l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie di molte zone montane: “Con l’acquisto dell’abete si valorizza un’attività produttiva vivaistica che dà reddito a un migliaio di piccole aziende agro-forestali in aree marginali montane creando un’economia integrativa a tante famiglie che lavorano nelle Alpi e nell’Appennino”.
LA SCELTA DELL’ABETE GIUSTO – Tutto questo funziona se il consumatore fa la sua parte fin dal momento dell’acquisto dell’abete natalizio. Scegliere l’albero giusto è infatti un gesto apparentemente piccolo ma che può essere un tassello importante per creare stili di vita ecologicamente attenti: “È importante fare attenzione al tagliando che troviamo sull’albero o sul cimale: fra le informazioni riportate in etichetta deve esserci indicata la provenienza da coltivazioni specializzate, che ricordiamo garantisce un buon indotto e la valorizzazione per le zone marginali dove vengono coltivati; la nazionalità; la non destinazione per il rimboschimento, affinché non ci sia mescolanza genetica tra le specie autoctone e quelle provenienti dall’estero; l’età dell’albero, più è giovane e più è piccolo, maggiori sono le probabilità di sopravvivere, anche per un miglior rapporto tra quantità di chioma e di radici”.
COSA FARE DOPO L’EPIFANIA – Altro momento fondamentale è quando le feste sono passate e bisogna decidere cosa fare del nostro albero. Dobbiamo fare in modo che l’abete venga riutilizzato in modo corretto. Si pensa di solito che destinare l’albero al rimboschimento sia sempre la soluzione migliore, per fare un gesto amico della Natura. Ma non è così: “l’abete rosso (il Picea abies che rappresenta circa l’80% di quelli presenti sul mercato nazionale) è infatti un albero spontaneo solo sull’arco alpino e in alcune ‘isole’ dell’Appennino Tosco-emiliano”, ricorda Brunori del Pefc Italia. “Piantarli in boschi dove già è presente l’abete significa creare problemi di inquinamento genetico a prescindere, soprattutto se non conosciamo l’origine delle piante. Inserire l’abete in ambienti naturali dove invece non cresce spontaneamente crea una intrusione botanica che è negativa, per il paesaggio e l’ecosistema. Molto meglio quindi mettere l’albero nel nostro giardino di casa, ricordando però che è una specie ad apparato radicale molto superficiale, quindi destinato, prima o poi, a cadere”.
di Martina Valentini
Roma – L’8 dicembre, giornata tradizionalmente destinata ad addobbare l’albero di Natale si avvicina. E, come ogni anno, almeno tra chi è più sensibile alle questioni ambientali, torna la diatriba: meglio un albero finto o un albero vero? La risposta, in verità, è più complessa: il vero vantaggio per ambiente e collettività è garantito se si acquista un albero vero, a patto che sia però coltivato in Italia e che si tengano a mente alcuni accorgimenti per comprare gli abeti giusti. Qualche consiglio arriva dal PEFC Italia, il sistema di certificazione per la gestione forestale sostenibile più diffuso al mondo.
ALBERO FINTO = PETROLIO: “Pefc Italia consiglia di comperare un albero di Natale vero invece di quello di plastica, innanzitutto per un motivo ambientale: la plastica deriva dal petrolio e quindi a costi ambientali e di smaltimento elevati; poi l'abete in casa respira, assorbendo anidride carbonica e rilasciando ossigeno, ma anche rilasciando oli essenziali che purificano e aromatizzano la stanza”, spiega Antonio Brunori, segretario generale del Pefc Italia.
Ma esistono motivazioni di natura economica e sociale: “Gli abeti di origine italiana presenti sul mercato natalizio derivano per circa il 90% da coltivazioni specializzate, cioè da piantagioni di alberi create per questo scopo, che occupano stagionalmente oltre mille piccole aziende agricole in Italia. C’è poi un importante numero di piante (il restante 10%) che sono vendute senza radici, cioé cimali o punte di abete: queste derivano dalla normale pratica di gestione forestale che prevede interventi colturali di "sfolli” o diradamenti, operazioni indispensabili per lo sviluppo delle foreste più pulite e più fruibili”, rende noto il Pefc Italia. “Con queste piantagioni arboree e con queste operazioni selvicolturali si contribuisce a migliorare l'assetto idrogeologico delle colline e a contrastare l'erosione e gli incendi, perché gli abeti sono generalmente coltivati soprattutto in terreni marginali altrimenti destinati all'abbandono”.
Conseguenza diretta, l’aumento del potere d’acquisto delle famiglie di molte zone montane: “Con l’acquisto dell’abete si valorizza un’attività produttiva vivaistica che dà reddito a un migliaio di piccole aziende agro-forestali in aree marginali montane creando un’economia integrativa a tante famiglie che lavorano nelle Alpi e nell’Appennino”.
LA SCELTA DELL’ABETE GIUSTO – Tutto questo funziona se il consumatore fa la sua parte fin dal momento dell’acquisto dell’abete natalizio. Scegliere l’albero giusto è infatti un gesto apparentemente piccolo ma che può essere un tassello importante per creare stili di vita ecologicamente attenti: “È importante fare attenzione al tagliando che troviamo sull’albero o sul cimale: fra le informazioni riportate in etichetta deve esserci indicata la provenienza da coltivazioni specializzate, che ricordiamo garantisce un buon indotto e la valorizzazione per le zone marginali dove vengono coltivati; la nazionalità; la non destinazione per il rimboschimento, affinché non ci sia mescolanza genetica tra le specie autoctone e quelle provenienti dall’estero; l’età dell’albero, più è giovane e più è piccolo, maggiori sono le probabilità di sopravvivere, anche per un miglior rapporto tra quantità di chioma e di radici”.
COSA FARE DOPO L’EPIFANIA – Altro momento fondamentale è quando le feste sono passate e bisogna decidere cosa fare del nostro albero. Dobbiamo fare in modo che l’abete venga riutilizzato in modo corretto. Si pensa di solito che destinare l’albero al rimboschimento sia sempre la soluzione migliore, per fare un gesto amico della Natura. Ma non è così: “l’abete rosso (il Picea abies che rappresenta circa l’80% di quelli presenti sul mercato nazionale) è infatti un albero spontaneo solo sull’arco alpino e in alcune ‘isole’ dell’Appennino Tosco-emiliano”, ricorda Brunori del Pefc Italia. “Piantarli in boschi dove già è presente l’abete significa creare problemi di inquinamento genetico a prescindere, soprattutto se non conosciamo l’origine delle piante. Inserire l’abete in ambienti naturali dove invece non cresce spontaneamente crea una intrusione botanica che è negativa, per il paesaggio e l’ecosistema. Molto meglio quindi mettere l’albero nel nostro giardino di casa, ricordando però che è una specie ad apparato radicale molto superficiale, quindi destinato, prima o poi, a cadere”.
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