Grave attentato a Beirut, in Libano: 8 i morti, 70 i feriti in seguito all’esplosione di un’autobomba.
Radio Vaticana - Nel mirino dell’attacco l’ex ministro delle Finanze, Shatah, braccio destro di Saad Hariri ora leader dell’opposizione che punta il dito contro il regime siriano e gli Hezbollah filo-iraniani. Dura la condanna del premier Mikati. Il servizio di Cecilia Seppia: ascolta
Vetri in frantumi, fumo, via vai di ambulanze, auto e corpi in fiamme. E’ questo lo scenario che si è presentato stamattina in piazza Starco, nel pieno centro turistico-finanziario di Beirut, dopo l’attentato con autobomba che ha provocato diverse vittime e feriti. Bersaglio dell’azione, secondo la polizia, l’ex ministro delle Finanze, Muhammad Shatah, braccio destro dell’ex premier Saad Hariri. Shatah è rimasto ucciso insieme alla sua guardia del corpo mentre, a bordo della sua auto, si stava recando ad una riunione della "Coalizione 14 Marzo" fortemente critica nei confronti del regime siriano e degli Hezbollah. Poco prima di essere ucciso, Shatah aveva tra l’altro lanciato un tweet molto duro contro le milizie sciite filo iraniane che ora appoggiano il regime siriano di Assad. A loro, l’ex premier Hariri attribuisce la regia dell’attentato, ma finora non c’è stata nessuna rivendicazione. Dura la reazione del premier dimissionario Mikati, che invoca la pace e il dialogo. Una forte condanna è arrivata però anche da Teheran e dalla Lega Araba.
Al microfono di Cecilia Seppia, l’analisi di Francesco Mazzucotelli, docente di Storia del Medio Oriente alla Cattolica di Milano e all’Università di Pavia: ascolta
R. – L’episodio di oggi evidenzia come le fragilità strutturali del Libano continuino ad essere particolarmente esposte a tutte le polarizzazioni politiche e confessionali, innescate dal conflitto in corso in Siria. C’è un quadro estremamente preoccupante di tensione sempre maggiore, di un tentativo, probabilmente da vari fronti, di far esplodere ancora di più le contrapposizioni all’interno dello scenario politico libanese.
D. – Lei ha sottolineato il collegamento che ci può essere tra la crisi siriana e questi attacchi. Pare che, però, l’obiettivo fosse la casa dell’ex presidente Hariri e nell’abitazione era prevista una riunione della "Coalizione 14 marzo", che è critica nei confronti del regime di Hassad e vicina all’opposizione...
R. – E’ ovviamente prematuro cercare di attribuire delle letture perentorie su quanto avvenuto poche ore fa, ma sicuramente la personalità di Shatah e il fatto che si stesse recando ad una riunione di alto livello della "Coalizione del 14 marzo", sembrano portare a dire che l’obiettivo politico di questo attentato sia estremamente chiaro. Com’è noto, nella situazione libanese, esiste questa polarizzazione ormai da anni, tra due campi politici - una è la "Coalizione del 14 marzo" e l’altra la "Coalizione dell’8 marzo" – ed entrambi hanno finito per prendere posizioni sempre più marcate nei confronti prima della presenza politica siriana in Libano e poi all’interno del conflitto siriano, dopo il 2011.
D. – Il premier Mikati ha ovviamente condannato in maniera dura l’attacco, soprattutto ha parlato di Shatah come una figura moderata, che credeva nel dialogo e nella voce del diritto, diritto che in Libano spesso sembra utopia...
R. – Non c’è dubbio che il Libano abbia un gran bisogno di essere pacificato. La situazione politica in Libano è peraltro complicata dal fatto che il primo ministro Mikati è, in realtà, in esercizio per il disbrigo degli affari correnti, perché ormai da molti mesi si è dimesso, ma il nuovo primo ministro designato non è ancora riuscito a trovare un accordo tra le varie forze politiche locali, per la formazione di un nuovo esecutivo. Ci dovranno essere tra il 2014 e il 2015, almeno a livello teorico, le elezioni per il rinnovo del Parlamento e la scelta di un nuovo presidente della Repubblica.
D. – Un particolare che sta rimbalzando sui media, sulle agenzie, è che Shatah, pochi minuti prima di morire, aveva postato un tweet molto duro nei confronti del regime siriano e degli hezbollah...
R. – Non c’è dubbio che ci sia una forte contrapposizione tra il movimento di Hariri e il movimento di hezbollah, contrapposizione che si può far risalire indietro nel tempo, perlomeno fino agli inizi del 2006. Perciò il tweet di Shatah in realtà non fa che esprimere un percorso di contrapposizione tra i due movimenti, che è consolidato nel tempo.
Vetri in frantumi, fumo, via vai di ambulanze, auto e corpi in fiamme. E’ questo lo scenario che si è presentato stamattina in piazza Starco, nel pieno centro turistico-finanziario di Beirut, dopo l’attentato con autobomba che ha provocato diverse vittime e feriti. Bersaglio dell’azione, secondo la polizia, l’ex ministro delle Finanze, Muhammad Shatah, braccio destro dell’ex premier Saad Hariri. Shatah è rimasto ucciso insieme alla sua guardia del corpo mentre, a bordo della sua auto, si stava recando ad una riunione della "Coalizione 14 Marzo" fortemente critica nei confronti del regime siriano e degli Hezbollah. Poco prima di essere ucciso, Shatah aveva tra l’altro lanciato un tweet molto duro contro le milizie sciite filo iraniane che ora appoggiano il regime siriano di Assad. A loro, l’ex premier Hariri attribuisce la regia dell’attentato, ma finora non c’è stata nessuna rivendicazione. Dura la reazione del premier dimissionario Mikati, che invoca la pace e il dialogo. Una forte condanna è arrivata però anche da Teheran e dalla Lega Araba.
Al microfono di Cecilia Seppia, l’analisi di Francesco Mazzucotelli, docente di Storia del Medio Oriente alla Cattolica di Milano e all’Università di Pavia: ascolta
R. – L’episodio di oggi evidenzia come le fragilità strutturali del Libano continuino ad essere particolarmente esposte a tutte le polarizzazioni politiche e confessionali, innescate dal conflitto in corso in Siria. C’è un quadro estremamente preoccupante di tensione sempre maggiore, di un tentativo, probabilmente da vari fronti, di far esplodere ancora di più le contrapposizioni all’interno dello scenario politico libanese.
D. – Lei ha sottolineato il collegamento che ci può essere tra la crisi siriana e questi attacchi. Pare che, però, l’obiettivo fosse la casa dell’ex presidente Hariri e nell’abitazione era prevista una riunione della "Coalizione 14 marzo", che è critica nei confronti del regime di Hassad e vicina all’opposizione...
R. – E’ ovviamente prematuro cercare di attribuire delle letture perentorie su quanto avvenuto poche ore fa, ma sicuramente la personalità di Shatah e il fatto che si stesse recando ad una riunione di alto livello della "Coalizione del 14 marzo", sembrano portare a dire che l’obiettivo politico di questo attentato sia estremamente chiaro. Com’è noto, nella situazione libanese, esiste questa polarizzazione ormai da anni, tra due campi politici - una è la "Coalizione del 14 marzo" e l’altra la "Coalizione dell’8 marzo" – ed entrambi hanno finito per prendere posizioni sempre più marcate nei confronti prima della presenza politica siriana in Libano e poi all’interno del conflitto siriano, dopo il 2011.
D. – Il premier Mikati ha ovviamente condannato in maniera dura l’attacco, soprattutto ha parlato di Shatah come una figura moderata, che credeva nel dialogo e nella voce del diritto, diritto che in Libano spesso sembra utopia...
R. – Non c’è dubbio che il Libano abbia un gran bisogno di essere pacificato. La situazione politica in Libano è peraltro complicata dal fatto che il primo ministro Mikati è, in realtà, in esercizio per il disbrigo degli affari correnti, perché ormai da molti mesi si è dimesso, ma il nuovo primo ministro designato non è ancora riuscito a trovare un accordo tra le varie forze politiche locali, per la formazione di un nuovo esecutivo. Ci dovranno essere tra il 2014 e il 2015, almeno a livello teorico, le elezioni per il rinnovo del Parlamento e la scelta di un nuovo presidente della Repubblica.
D. – Un particolare che sta rimbalzando sui media, sulle agenzie, è che Shatah, pochi minuti prima di morire, aveva postato un tweet molto duro nei confronti del regime siriano e degli hezbollah...
R. – Non c’è dubbio che ci sia una forte contrapposizione tra il movimento di Hariri e il movimento di hezbollah, contrapposizione che si può far risalire indietro nel tempo, perlomeno fino agli inizi del 2006. Perciò il tweet di Shatah in realtà non fa che esprimere un percorso di contrapposizione tra i due movimenti, che è consolidato nel tempo.
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