Le domande ultime che l’uomo da sempre si pone chiedono risposte credibili che abbiano delle implicazioni nel quotidiano scorrere dei giorni. Mons. Zenti, vescovo di Verona cerca, in questo libro edito da Marcianum Press, di dare degli spunti di riflessione all’anima alla ricerca di se stessa e di Dio.
«Ci sono domande e questioni che toccano e attraversano in profondità gli uomini e le donne di ogni tempo e che nessun processo di secolarizzazione e, spesso, di cristianizzazione può annullare. Manifestano il bisogno insopprimibile, che diventa anelito, di libertà e di verità»: lo afferma il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nella prefazione. Il senso religioso ha attraversato per secoli generazioni di uomini che si sono chiesti dell’esistenza di Dio e del senso della propria vita. È un bisogno insopprimibile dell’uomo, che sente la necessità di relazionarsi con se stesso, con gli altri e con Dio. Ma questo bisogno di relazione deve fare i conti con il mistero e Mons. Giuseppe Zenti ben sottolinea questi due aspetti, la relazione e il mistero, nel suo libro che rappresenta un ottimo vademecum per l’anima che cerca Dio. L’uomo, dice mons. Zenti, è capace di relazione ma soprattutto di relazione con il Trascendente, con l’Assoluto e con Dio. “Sente il bisogno di pensarlo e di entrare in comunicazione interpersonale con Lui. Sia pure in diverse modalità, personali e collettive, segnalate dalle stesse religioni. La religione cristiana autorizza persino a intrattenersi con Dio come Padre, per mezzo del Figlio, nel flusso comunionale dello Spirito Santo”.
Ma a fronte di questa profonda esigenza, ci sono dei limiti rispetto alla conoscenza di se stessi e di Dio. Esiste quindi il mistero. Di fronte a questa grande domanda sperimentiamo la sproporzione dei nostri poveri mezzi intellettuali. Questa sproporzione appare paradossalmente sempre più grande quanto più progredisce la nostra conoscenza del reale. La conseguenza di ciò è quella profonda nostalgia che caratterizza ogni uomo che si ponga gli interrogativi ultimi.
L’uomo è sempre in una permanente 'attesa'. Essa diventa dimensione di ogni gesto che l'uomo compie. La conclusione è che se non si ammette l'esistenza di una risposta si sopprime la domanda stessa che è l'uomo e la sua ragione. Mons. Zenti di fronte a questo mistero dell’uomo che si interroga su se stesso, afferma che solo Dio detiene il potere di rispondere. Dice infatti: “Solo Dio ha in mano la password per entrare nella profondità dell’uomo. Solo Lui conosce i pensieri dell’uomo ancor prima che germinino nella mente e i sentimenti ancor prima che facciano capolino … Ma, oltre a Dio che ne è il Creatore, nessuno è in grado di scandagliare le profondità del cuore dell’uomo. Nemmeno l’uomo stesso? Pare proprio un accesso precluso persino al suo soggetto”.
A questo punto Mons. Zenti conclude l’argomento cercando una soluzione: “Viene allora spontaneo chiedere luce a Dio, perché la proietti nelle oscure cavità dell’abisso del nostro cuore: Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore (salmo 139) . Lui solo conosce il nostro cuore, il guazzabuglio del nostro cuore, per dirla con il Manzoni. Mica male allora l’idea di attingere un po’ più di frequente la sapienza umana dalla sua fonte divina: la Parola di Dio. Non danneggerebbe nessuno. E farebbe un gran bene a tutti. A partire dalle nuove generazioni. Confuse e stordite”.
di Carlo Mafera
«Ci sono domande e questioni che toccano e attraversano in profondità gli uomini e le donne di ogni tempo e che nessun processo di secolarizzazione e, spesso, di cristianizzazione può annullare. Manifestano il bisogno insopprimibile, che diventa anelito, di libertà e di verità»: lo afferma il Patriarca di Venezia Francesco Moraglia nella prefazione. Il senso religioso ha attraversato per secoli generazioni di uomini che si sono chiesti dell’esistenza di Dio e del senso della propria vita. È un bisogno insopprimibile dell’uomo, che sente la necessità di relazionarsi con se stesso, con gli altri e con Dio. Ma questo bisogno di relazione deve fare i conti con il mistero e Mons. Giuseppe Zenti ben sottolinea questi due aspetti, la relazione e il mistero, nel suo libro che rappresenta un ottimo vademecum per l’anima che cerca Dio. L’uomo, dice mons. Zenti, è capace di relazione ma soprattutto di relazione con il Trascendente, con l’Assoluto e con Dio. “Sente il bisogno di pensarlo e di entrare in comunicazione interpersonale con Lui. Sia pure in diverse modalità, personali e collettive, segnalate dalle stesse religioni. La religione cristiana autorizza persino a intrattenersi con Dio come Padre, per mezzo del Figlio, nel flusso comunionale dello Spirito Santo”.
Ma a fronte di questa profonda esigenza, ci sono dei limiti rispetto alla conoscenza di se stessi e di Dio. Esiste quindi il mistero. Di fronte a questa grande domanda sperimentiamo la sproporzione dei nostri poveri mezzi intellettuali. Questa sproporzione appare paradossalmente sempre più grande quanto più progredisce la nostra conoscenza del reale. La conseguenza di ciò è quella profonda nostalgia che caratterizza ogni uomo che si ponga gli interrogativi ultimi.
L’uomo è sempre in una permanente 'attesa'. Essa diventa dimensione di ogni gesto che l'uomo compie. La conclusione è che se non si ammette l'esistenza di una risposta si sopprime la domanda stessa che è l'uomo e la sua ragione. Mons. Zenti di fronte a questo mistero dell’uomo che si interroga su se stesso, afferma che solo Dio detiene il potere di rispondere. Dice infatti: “Solo Dio ha in mano la password per entrare nella profondità dell’uomo. Solo Lui conosce i pensieri dell’uomo ancor prima che germinino nella mente e i sentimenti ancor prima che facciano capolino … Ma, oltre a Dio che ne è il Creatore, nessuno è in grado di scandagliare le profondità del cuore dell’uomo. Nemmeno l’uomo stesso? Pare proprio un accesso precluso persino al suo soggetto”.
A questo punto Mons. Zenti conclude l’argomento cercando una soluzione: “Viene allora spontaneo chiedere luce a Dio, perché la proietti nelle oscure cavità dell’abisso del nostro cuore: Scrutami, o Dio, e conosci il mio cuore (salmo 139) . Lui solo conosce il nostro cuore, il guazzabuglio del nostro cuore, per dirla con il Manzoni. Mica male allora l’idea di attingere un po’ più di frequente la sapienza umana dalla sua fonte divina: la Parola di Dio. Non danneggerebbe nessuno. E farebbe un gran bene a tutti. A partire dalle nuove generazioni. Confuse e stordite”.
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