mercoledì, dicembre 25, 2013
La lettera di Natale di Giuseppe Stoppiglia, presidente dell’Associazione Macondo Onlus

«Non sono angosciato» - mi dice Enzo in una pausa di lavoro. «Vivo ritmi frenetici, ma non mi lamento, mi piace. Quello che guadagno se lo godono gli altri, io non ho tempo. Alla famiglia, oltre ai soldi, dono quello che posso, ma sono in ottimi rapporti con la mia ex moglie. Ci si ritrova insieme ai compleanni dei figli. Ho sempre lavorato molto! Continuo a viaggiare e a spostarmi per ragioni di lavoro. Sì, ho la faccia seria, come dici tu, perché sono o cerco di essere un professionista serio. No, la solitudine per me non esiste. Il sentimento della solitudine, sia fisica che morale, o metafisica, come dici tu, si prova quando non si è in sintonia con la vita. Un volo di uccelli, un suono di campana, il fruscio delle foglie, ecco, basta un niente anche nel deserto più profondo. Perfino nelle città tumultuose, la folla anonima è un luogo comune: si può sempre parlare con i propri simili. Se ci si chiude, se non si accoglie con interesse tutto il fermento che ci circonda… sì, come diceva Russell, se non ci si sente immersi nella corrente della vita o se non si sta bene con sé stessi, i propri pensieri, le proprie emozioni, allora, forse, ci si sente soli. Questo, però, è patologico, normale è il contrario. La morte fa pensare, ma non mi fa paura: è un passaggio, una trasformazione».

Pierre Teilhard de Chardin diceva che «noi non siamo esseri materiali che vivono un’esperienza spirituale, ma siamo esseri spirituali che fanno un’esperienza materiale». Come possiamo vivere in modo concreto e mistico questa straordinaria intuizione del grande teologo francese? Viviamo, purtroppo, un tempo in cui, paradossalmente, è difficile credere nell’esistenza di un Dio misericordioso, buono e giusto. La misericordia e la bontà si possono definire valori tipicamente cristiani, mentre la giustizia dovrebbe essere il valore fondante dell’ebraismo. Nell’ebraismo Dio introduce il castigo per il suo popolo quando commette azioni inique, mentre Gesù perdona ai suoi assassini. Il Dio degli ebrei è lo stesso Dio dei cristiani, creando una grande contraddizione, che cozza nella mente e nell’animo di noi mortali e ci rende spesso sgomenti.

Con l’arrivo di Papa Francesco, sembra che la Chiesa stia per diventare un focolare di speranza e non una fortezza sempre in polemica con la modernità o una dogana che regola la fede invece di facilitarla. Papa Francesco, con un linguaggio nuovo, ci insegna che non è più permesso cullarsi personalmente sulle nuvole, al di sopra di questo mondo cattivo. La fede nelle cose più alte non esclude, bensì include, il lavoro e la sofferenza per ciò che è ancora imperfetto. Il teologo Karl Barth diceva che «Gesù non era un pastore, non era un parroco, era un operaio». Mentre lo scrittore francese François Mauriac ci ammonisce: «Non giudicate Dio dalla balbuzie dei suoi ministri». L’opposto di Dio non è la terra, non è la materia, ma è il male. Il vangelo ci dice che dobbiamo liberarci di tutto ciò che inizia con “io” e “mio” per essere liberi all’impegno sociale.

In questo momento, quello che appare deficitario, soprattutto in Italia, è proprio il mondo della cultura. Perché mai siamo diventati un popolo volgare, immorale, banalmente edonista, dedito principalmente a creare correnti di opinione pubblica contro tutto, senza proporre mai nulla di costruttivo? Un paese che non sembra avere un’identità culturale e che non trova forme di coesione neppure nell’apprezzamento del proprio patrimonio artistico, con un ceto politico chiuso nella sua autoreferenzialità, che trasforma i partiti in associazioni di vere bande di interessi: siamo giunti a un vero disastro culturale e solamente su questo piano si deve intervenire per ricostruire… È doveroso e importante perfino criticare il PD, ma solo se è una critica culturale e morale. Non si vede un’altra ragion d’essere per una forza di centrosinistra, che voleva raccogliere la cultura politica dei cattolici democratici (il meglio dei democristiani) e la tradizione politica dei democratici di sinistra, un tempo comunisti (la gente di Berlinguer) che si smarrisce ogni giorno di più.

I comunisti, dopo la caduta del muro di Berlino nel ’89, si sono vergognati del meglio della loro storia, del buon Peppone, del popolo che aveva in loro una grande fiducia e hanno buttato il bimbo con l’acqua sporca, cedendo così al liberismo capitalista. I cattolici hanno esaltato la libertà senza giustizia. Hanno sposato l’Occidente col suo armamentario ideologico e militare. Hanno rinnegato La Pira, Mazzolari, Dossetti e sono stati benedetti e alimentati da un episcopato quasi tutto irresponsabile, cooptato in fotocopia, senza spirito, di una religione concordataria più che cristiana. Anche i visi più puliti (da Letta a Renzi, a Bersani, a Cuperlo), sono dipendenti dalla scuola liberista rassegnata. Ora è urgente avviare un lavoro politico-culturale, prima e a monte di qualunque proposta operativa (perfino di una legge elettorale). Un lavoro profondo e senza fretta, che consiste nel ritrovare l’anima sociale del cristianesimo e l’anima morale del socialismo.

L’estate mi ha portato via tre grandi amici: Pippo Morelli, Giuliana Trevisan e Pietro Barcellona. La loro morte mi ha fatto sentire più vecchio, mi ha reso più debole e solo, ma nello stesso tempo mi spinge a non arrendermi mai. Voglio rendervi partecipi, oltre che del lutto, di questa preghiera di Tagore che mi ha dato forza e fiducia: «Degnati, o Signore, di tenermi alla tua porta, come servo sempre vigile e attento; mandami come messaggero per il regno a invitare tutti alle tue nozze. Non permettere ch’io affondi nelle sabbie mobili della noia, non lasciarmi intristire nell’egoismo, in pareti strette senza cielo aperto. Svegliami, se mi addormento nel dubbio e sotto la coltre della distrazione; cercami, se mi perdo nelle molte strade tra grattacieli d’inutili cose. Non permettere ch’io pieghi il mio cuore all’onda violenta dei molti; tienimi alta la testa».

Avevo confidato ad alcuni amici che, al compimento dei 25 anni di Macondo, avrei lasciato il mio incarico, soprattutto quello organizzativo, per una fisica diminuzione delle forze e dell’energia. La Segreteria di Macondo, allargata a persone con funzioni particolari nell’associazione, ha respinto tale mia ipotesi, ribadendo la continuità di tutte le attività, garantendomi la loro supplenza sugli aspetti organizzativi e la rappresentanza attraverso Gaetano Farinelli. Sono felice quindi di sapere che Macondo continuerà (festa nazionale, campiscuola, incontri, viaggi, ecc.) con nuovo vigore, grazie alla volontà di crescere assieme e alla creazione di una coscienza collettiva.

Macondo, oltre a chinarsi sui più deboli (bambini di strada), continuerà a costruire luoghi di spiritualità su valori condivisi, in una società in cui sembra venir meno la volontà di coltivare l’anima, cioè la capacità di relazione.

Per Natale chiediamo a Dio la pace, nello scambio degli auguri. È poco, però, chiedere la pace: dobbiamo chiedere la gioia. La pace è finita sulla bocca dei grandi, la gioia è rimasta nel cuore dei bambini. La pace è venduta, è comprata, è tradita, la gioia non può esserci rapita. La gioia è nascosta ai sapienti ed è invece rivelata agli ultimi e agli emarginati. I potenti vogliono che la pace scenda dai carri armati, la gioia vuole camminare a piedi nudi.

Vi ricordo e vi vedo tutte e tutti, persone in cammino su nuove strade. Vorrei gridarvi e supplicarvi: Non rassegnatevi, lottate! Non odiate, amate! Non reprimete la collera, esprimetela in forza costruttiva! Non calcolate, rischiate! Non servite i potenti, ma i deboli! Non cedete, credete! Non tacete, parlate! Non restate mai soli!

Vi abbraccio con tenerezza e affetto grande.
Buon Natale!

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