Udienza generale. Il Papa: non avere paura del giudizio finale, ma bisogna aprire il cuore all'amore di Dio
Oggi all’udienza generale, Papa Francesco ha svolto l’ultima catechesi sulla professione di fede, trattando l’affermazione «Credo la vita eterna».
Radio Vaticana - In particolare si è soffermato sul giudizio finale. “Ma – ha subito detto - non avere paura! Sentiamo quello che dice la Parola di Dio. Al riguardo, leggiamo nel vangelo di Matteo: Allora Cristo «verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli… E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46). Quando pensiamo al ritorno di Cristo e al suo giudizio finale, che manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena, percepiamo di trovarci di fronte a un mistero che ci sovrasta, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Un mistero che quasi istintivamente suscita in noi un senso di timore, e magari anche di trepidazione. Se però riflettiamo bene su questa realtà, essa non può che allargare il cuore di un cristiano e costituire un grande motivo di consolazione e di fiducia”.
“A questo proposito – ha proseguito - la testimonianza delle prime comunità cristiane risuona quanto mai suggestiva. Esse infatti erano solite accompagnare le celebrazioni e le preghiere con l’acclamazione Maranathà, un’espressione costituita da due parole aramaiche che, a seconda di come vengono scandite, si possono intendere come una supplica: «Vieni, Signore!», oppure come una certezza alimentata dalla fede: «Sì, il Signore viene, il Signore è vicino». È l’esclamazione in cui culmina tutta la Rivelazione cristiana, al termine della meravigliosa contemplazione che ci viene offerta nell’Apocalisse di Giovanni (cfr Ap 22,20). In quel caso, è la Chiesa-sposa che, a nome dell’umanità intera, di tutta l’umanità, e in quanto sua primizia, si rivolge a Cristo, suo sposo, non vedendo l’ora di essere avvolta dal suo abbraccio: un abbraccio - l’abbraccio di Gesù - che è pienezza di vita, è pienezza di amore. Così ci abbraccia Gesù! Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo, come di una veste nuziale, ed essere condotti al banchetto, immagine della piena e definitiva comunione con Dio”.
Il Papa ha poi proseguito: “Un secondo motivo di fiducia viene offerto dalla constatazione che, nel momento del giudizio, non saremo lasciati soli. È Gesù stesso, nel Vangelo di Matteo, a preannunciare come, alla fine dei tempi, coloro che lo avranno seguito prenderanno posto nella sua gloria, per giudicare insieme a lui, tutti. (cfr Mt 19,28). L’apostolo Paolo poi, scrivendo alla comunità di Corinto, afferma: «Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? Quanto più le cose di questa vita!» (1 Cor 6,2-3). Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro Avvocato presso il Padre (cfr 1 Gv 2,1), potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, che hanno offerto la loro vita per noi e che continuano ad amarci in modo indicibile! I santi già vivono al cospetto di Dio, nello splendore della sua gloria pregando per noi che ancora viviamo sulla terra. Quanta consolazione suscita nel nostro cuore questa certezza! La Chiesa è davvero una madre e, come una mamma, cerca il bene dei suoi figli, soprattutto quelli più lontani e afflitti, finché troverà la sua pienezza nel corpo glorioso di Cristo con tutte le sue membra”.
“Un’ulteriore suggestione – ha aggiunto - ci viene offerta dal Vangelo di Giovanni, dove si afferma esplicitamente che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,17-18). Questo significa che il giudizio” finale “ è già in atto, incomincia adesso, nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente ed operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi”. A braccio ha detto: “Ma se noi ci chiudiamo - noi stessi - all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo! Siamo condannati da noi stessi! La salvezza è aprirsi a Gesù e Lui ci salva. Se siamo peccatori - tutti, tutti lo siamo, tutti! - chiediamo perdono e andiamo con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci, aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù grande! L’amore di Gesù è misericordioso! L’amore di Gesù perdona! Ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, lamentarsi delle cose che non sono buone che abbiamo fatto”.
“Il Signore Gesù – ha affermato - si è donato e continua a donarsi a noi, per ricolmarci di tutta la misericordia. Siamo noi quindi che possiamo diventare in un certo senso giudici di noi stessi, autocondannandoci all’esclusione dalla comunione con Dio e con i fratelli. Non stanchiamoci, pertanto, di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin da ora il calore e lo splendore del volto di Dio. E quello sarà bellissimo! Di quel Dio che nella vita eterna contempleremo in tutta la sua pienezza”. Il Papa ha concluso parlando a braccio: “ Avanti! Avanti, pensando in questo giudizio che comincia adesso. E’ incominciato… Avanti, facendo che il nostro cuore sia aperto a Gesù, alla sua salvezza. Avanti, senza paura perché l’amore di Gesù è più grande e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati, Lui ci perdona! E’ così Gesù! Avanti con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo. Grazie!”.
Radio Vaticana - In particolare si è soffermato sul giudizio finale. “Ma – ha subito detto - non avere paura! Sentiamo quello che dice la Parola di Dio. Al riguardo, leggiamo nel vangelo di Matteo: Allora Cristo «verrà nella sua gloria, con tutti i suoi angeli… E saranno riunite davanti a lui tutte le genti, ed egli separerà gli uni dagli altri, come il pastore separa le pecore dai capri, e porrà le pecore alla sua destra e i capri alla sinistra… E se ne andranno, questi al supplizio eterno, e i giusti alla vita eterna» (Mt 25,31-33.46). Quando pensiamo al ritorno di Cristo e al suo giudizio finale, che manifesterà, fino alle sue ultime conseguenze, il bene che ognuno avrà compiuto o avrà omesso di compiere durante la sua vita terrena, percepiamo di trovarci di fronte a un mistero che ci sovrasta, che non riusciamo nemmeno a immaginare. Un mistero che quasi istintivamente suscita in noi un senso di timore, e magari anche di trepidazione. Se però riflettiamo bene su questa realtà, essa non può che allargare il cuore di un cristiano e costituire un grande motivo di consolazione e di fiducia”.
“A questo proposito – ha proseguito - la testimonianza delle prime comunità cristiane risuona quanto mai suggestiva. Esse infatti erano solite accompagnare le celebrazioni e le preghiere con l’acclamazione Maranathà, un’espressione costituita da due parole aramaiche che, a seconda di come vengono scandite, si possono intendere come una supplica: «Vieni, Signore!», oppure come una certezza alimentata dalla fede: «Sì, il Signore viene, il Signore è vicino». È l’esclamazione in cui culmina tutta la Rivelazione cristiana, al termine della meravigliosa contemplazione che ci viene offerta nell’Apocalisse di Giovanni (cfr Ap 22,20). In quel caso, è la Chiesa-sposa che, a nome dell’umanità intera, di tutta l’umanità, e in quanto sua primizia, si rivolge a Cristo, suo sposo, non vedendo l’ora di essere avvolta dal suo abbraccio: un abbraccio - l’abbraccio di Gesù - che è pienezza di vita, è pienezza di amore. Così ci abbraccia Gesù! Se pensiamo al giudizio in questa prospettiva, ogni paura e titubanza viene meno e lascia spazio all’attesa e a una profonda gioia: sarà proprio il momento in cui verremo giudicati finalmente pronti per essere rivestiti della gloria di Cristo, come di una veste nuziale, ed essere condotti al banchetto, immagine della piena e definitiva comunione con Dio”.
Il Papa ha poi proseguito: “Un secondo motivo di fiducia viene offerto dalla constatazione che, nel momento del giudizio, non saremo lasciati soli. È Gesù stesso, nel Vangelo di Matteo, a preannunciare come, alla fine dei tempi, coloro che lo avranno seguito prenderanno posto nella sua gloria, per giudicare insieme a lui, tutti. (cfr Mt 19,28). L’apostolo Paolo poi, scrivendo alla comunità di Corinto, afferma: «Non sapete che i santi giudicheranno il mondo? Quanto più le cose di questa vita!» (1 Cor 6,2-3). Che bello sapere che in quel frangente, oltre che su Cristo, nostro Paràclito, nostro Avvocato presso il Padre (cfr 1 Gv 2,1), potremo contare sull’intercessione e sulla benevolenza di tanti nostri fratelli e sorelle più grandi che ci hanno preceduto nel cammino della fede, che hanno offerto la loro vita per noi e che continuano ad amarci in modo indicibile! I santi già vivono al cospetto di Dio, nello splendore della sua gloria pregando per noi che ancora viviamo sulla terra. Quanta consolazione suscita nel nostro cuore questa certezza! La Chiesa è davvero una madre e, come una mamma, cerca il bene dei suoi figli, soprattutto quelli più lontani e afflitti, finché troverà la sua pienezza nel corpo glorioso di Cristo con tutte le sue membra”.
“Un’ulteriore suggestione – ha aggiunto - ci viene offerta dal Vangelo di Giovanni, dove si afferma esplicitamente che «Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui. Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nell’unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,17-18). Questo significa che il giudizio” finale “ è già in atto, incomincia adesso, nel corso della nostra esistenza. Tale giudizio è pronunciato in ogni istante della vita, come riscontro della nostra accoglienza con fede della salvezza presente ed operante in Cristo, oppure della nostra incredulità, con la conseguente chiusura in noi stessi”. A braccio ha detto: “Ma se noi ci chiudiamo - noi stessi - all’amore di Gesù, siamo noi stessi che ci condanniamo! Siamo condannati da noi stessi! La salvezza è aprirsi a Gesù e Lui ci salva. Se siamo peccatori - tutti, tutti lo siamo, tutti! - chiediamo perdono e andiamo con la voglia di essere buoni, il Signore ci perdona. Ma per questo dobbiamo aprirci, aprirci all’amore di Gesù, che è più forte di tutte le altre cose. L’amore di Gesù grande! L’amore di Gesù è misericordioso! L’amore di Gesù perdona! Ma tu devi aprirti e aprirsi significa pentirsi, lamentarsi delle cose che non sono buone che abbiamo fatto”.
“Il Signore Gesù – ha affermato - si è donato e continua a donarsi a noi, per ricolmarci di tutta la misericordia. Siamo noi quindi che possiamo diventare in un certo senso giudici di noi stessi, autocondannandoci all’esclusione dalla comunione con Dio e con i fratelli. Non stanchiamoci, pertanto, di vigilare sui nostri pensieri e sui nostri atteggiamenti, per pregustare fin da ora il calore e lo splendore del volto di Dio. E quello sarà bellissimo! Di quel Dio che nella vita eterna contempleremo in tutta la sua pienezza”. Il Papa ha concluso parlando a braccio: “ Avanti! Avanti, pensando in questo giudizio che comincia adesso. E’ incominciato… Avanti, facendo che il nostro cuore sia aperto a Gesù, alla sua salvezza. Avanti, senza paura perché l’amore di Gesù è più grande e se noi chiediamo perdono dei nostri peccati, Lui ci perdona! E’ così Gesù! Avanti con questa certezza, che ci porterà alla gloria del cielo. Grazie!”.
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