giovedì, gennaio 30, 2014
Nella terza puntata di questa mini-serie dedicata ai metodi di regolazione della fertilità, puntiamo la nostra attenzione sulla cosiddetta “contraccezione d’emergenza”. Tra i vari metodi la “pillola del giorno dopo” e la “pillola dei cinque giorni dopo”: analoghi effetti, ma meccanismi d’azione profondamente diversi. (articoli precedenti)

di Bartolo Salone 

La contraccezione d’emergenza o post-coitale si riferisce ai metodi che possono essere utilizzati per prevenire la gravidanza nei primi giorni dopo il rapporto. Come precisato dalla Società Italiana della Contraccezione nel “Position paper sulla contraccezione per via orale” del 6 giugno 2011, la contraccezione d’emergenza va usata a seguito di un rapporto sessuale non protetto ovvero quando vi sia stato un uso non corretto o si tema altrimenti il fallimento del metodo contraccettivo usato. La dizione “contraccezione d’emergenza” presenta tuttavia una certa ambiguità, essendo utilizzata indifferentemente per designare metodi propriamente contraccettivi (tali cioè da impedire l’ovulazione o la fecondazione) e metodi potenzialmente “intercettivi” (tali cioè da impedire l’annidamento nell’utero dell’embrione fecondato). E’ per questo che, al di là della comune etichetta impiegata, occorrerà verificare di volta in volta il meccanismo d’azione dei cosiddetti “contraccettivi d’emergenza” in uso ai fini di una corretta formulazione del giudizio morale.

Due sono le principali modalità di contraccezione d’emergenza, comunemente conosciute come “pillola del giorno dopo” e “pillola dei cinque giorni dopo”. La “pillola del giorno dopo” (distribuita in Italia sotto diversi nomi commerciali, quali NorLevo, Lonel, Levonelle) è un composto a base di Levonorgestrel, prescrivibile sulla base di ricetta medica non ripetibile, da assumere entro 72 ore dal rapporto non protetto. Il tasso di gravidanza, per le donne che ne fanno uso, è di circa 22 su 1000. La “pillola dei cinque giorni dopo” (nome commerciale EllaOne), invece, è un composto a base di Ulipristal da assumere entro 120 ore dal rapporto a rischio. La sua azione sarebbe più efficace rispetto al Levonorgestrel con solo 14 gravidanze su mille donne che l’hanno assunta. In considerazione dei possibili effetti “antiannidatori”, l’AIFA (l’Agenzia Italiana del farmaco), con delibera dell’8 novembre 2011, ne ha autorizzato l’immissione in commercio subordinandone la prescrizione medica al previo esperimento (con esito negativo) di un test di gravidanza basato sul dosaggio dell’HCG.

Il meccanismo d’azione delle due sostanze è profondamente diverso e, di conseguenza, non può che essere diversa la rispettiva valutazione morale. Possono ritenersi infatti superati gli iniziali dubbi circa la potenziale efficacia “antiannidatoria” (e quindi abortiva) della pillola del giorno dopo. Quest’ultima, come comprovato dalla più recente (e ormai copiosa) letteratura scientifica, agisce esclusivamente sull’ovulazione, impedendola o ritardandola. Se somministrata ad ovulazione già avvenuta, invece, non ha più alcun effetto, non interferendo sull’impianto dell’embrione nell’utero materno. In questo modo si sono espresse diverse società scientifiche, internazionali ed interne, tra cui l’ OMS e la Società Italiana di Ostetricia e Ginecologia. Pertanto, a parte il rilievo circa l’ulteriore banalizzazione del sesso che la pillola del giorno dopo comporta (costituendo evidentemente un incentivo per rapporti occasionali non protetti), non si può più seriamente sostenere, alla luce delle attuali conoscenze scientifiche, la natura abortiva di questo metodo. Continuano a valere naturalmente le criticità inerenti alla sua natura contraccettiva, ma con una eccezione di rilievo, riguardante il caso in cui il rapporto sessuale dovesse essere frutto non di una libera scelta, bensì di un atto di violenza. In caso di violenza sessuale, infatti, escluso ogni possibile effetto abortivo, non dovrebbero residuare altri dubbi sulla liceità del ricorso alla contraccezione d’emergenza: è questo forse l’unico caso in cui la pillola del giorno dopo trova una valida giustificazione sotto il profilo etico.

A diverse conclusioni deve pervenirsi invece per la “pillola dei cinque giorni dopo”. Benché sia in
commercio come contraccettivo d’emergenza, il suo meccanismo d’azione è sensibilmente diverso rispetto a quello della pillola del giorno dopo. Se da un lato è vero che il meccanismo principale rimane di tipo antiovulatorio (anzi, rispetto al levonorgestrel, l’ulipristal agisce in una fase più avanzata, riuscendo a bloccare l’ovulazione, anche se assunta in prossimità della stessa), dall’altro gli studi effettuati non consentono di escludere con certezza ogni effetto abortivo, lasciando al contrario supporre un’azione sull’endometrio con possibile effetto antiannidatorio in fasi successive alla fertilizzazione dell’ovocita. Tale possibilità, del resto, non è esclusa dal foglietto illustrativo del farmaco, il quale, con formula alquanto sibillina, afferma che “si ritiene che EllaOne agisca bloccando l’ovulazione”, ma omette il riferimento esplicito alla possibilità dell’effetto antiannidatorio, che pure è stato rilevato dall’EMA (European Medicines Agency), ossia dall’agenzia europea predisposta all’approvazione dei medicinali, nel suo “CHMP Assessment Report for EllaOne” del 2009. Sempre in considerazione dei possibili effetti antiannidatori, l’AIFA, come si diceva sopra, ne ha subordinato la prescrizione medica ad un test di gravidanza basato sul dosaggio dell’HCG. Tuttavia, tale test – come è stato opportunamente osservato – non risolve affatto il problema. Infatti, l’HCG è un ormone prodotto dall’embrione subito dopo l’annidamento in utero: il test, quindi, rileva la presenza dell’embrione solo a partire da questo momento, ma non vale ad escludere con certezza l’avvenuto concepimento nei giorni che precedono l’impianto dell’ovulo fecondato nell’utero materno. Meglio avrebbe fatto pertanto l’AIFA a negare l’autorizzazione alla vendita del farmaco in Italia. Diverse sono infatti le contestazioni legali a cui EllaOne, proprio in considerazione della sua potenziale efficacia abortiva, sta dando luogo, essendosi da più parti dubitato della conformità del nuovo farmaco con la legislazione italiana in tema di consultori familiari e di interruzione volontaria della gravidanza nonché con i principi comunitari sulla correttezza dell’informazione (data la non esaustività delle informazioni riportate sul foglietto illustrativo). In ogni caso, il giudizio morale, nell’attesa di acquisire nuovi dati scientifici sul meccanismo d’azione del farmaco, deve essere prudenziale, valendo – in considerazione del possibile effetto abortivo – il principio di precauzione.


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