La sperimentazione sugli animali nella ricerca medica: tra validità scientifica e rifiuto animalista
Un recentissimo caso di cronaca riapre il dibattito etico-scientifico sulla sperimentazione animale, mostrando i paradossi di certo animalismo estremo, pregiudizialmente contrario ad ogni tipo di sperimentazione sugli animali, ma aperto in via di principio alla sperimentazione umana.
E’ bastato poco per riaccendere la polemica animalista contro la sperimentazione animale. Una giovane studentessa in veterinaria, di nome Caterina Simonsen, colpita da quattro malattie genetiche rare, circa una settimana fa postava su Facebook una sua foto che la ritraeva col respiratore artificiale e con in mano un foglio di carta, che così recitava: “Io, Caterina, ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro”. Tanto è bastato per ricevere, da parte di estremisti animalisti, centinaia di insulti e di auguri di morte, tutti all’incirca del seguente tenore: “Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose”. La replica della giovane, affidata ad un video, non si è fatta attendere: “Non capisco il perché di tanta cattiveria. Loro non sanno chi sia io, cosa faccio io e probabilmente sono così ingenui da non sapere che tutti i farmaci che prendono, che danno ai loro figli e ai loro animali, sono testati sugli animali”.
A parte i toni aspri e offensivi con cui questa ragazza così gravemente ammalata è stata aggredita da chi si vanta di possedere una spiccata sensibilità verso tutti i viventi, animali compresi, la vicenda riportata riassume in poche battute una questione più profonda, che vede contrapposte le ragioni della ricerca biomedica a quelle di un animalismo intransigente contrario per principio ad ogni forma di sperimentazione clinica sugli animali. Sono fin troppo note le campagne di sensibilizzazione condotte da numerose associazioni animaliste (in Italia ricordiamo ad esempio il FIN – Fondo “imperatrice nuda” – e la LAV – Lega antivivisezione) contro la sperimentazione animale. A tal fine viene evocata sovente, a mo’ di spauracchio, la “vivisezione”: tuttavia, questo termine, tanto carico di valenza negativa in chi lo usa, descrive solo in piccola parte il variegato panorama della sperimentazione animale, che comprende a dire il vero sia pratiche “cruente” (come la vivisezione, da intendersi propriamente come qualsiasi intervento anatomo-chirurgico eseguito su un animale vivo senza anestesia) sia pratiche “non cruente” e perfino indolori. Non solo, ma in Italia, come negli altri Paesi europei, esiste al riguardo una legislazione piuttosto severa, che fa obbligo ai ricercatori di sottoporre ad anestesia generale o locale gli animali utilizzati per gli esperimenti, ammettendo interventi senza anestesia solo in casi particolari (in Italia addirittura tali interventi devono essere autorizzati dal Ministero della Salute, giuste le previsioni del decreto legislativo n. 116/1992), ossia quando lo richiedano le finalità specifiche della ricerca. Ciò accade ad esempio quando si devono sperimentare sostanze analgesiche o anestetizzanti o bisogna eseguire su esseri viventi test comportamentali: situazioni tutte che escludono il ricorso all’anestesia generale. Ma pure in questi casi il ricercatore ha l’obbligo morale e giuridico di contenere la sofferenza dell’animale nei limiti dello stretto necessario. Si consideri inoltre che è proprio grazie alla tanto vituperata “vivisezione” (che oggi, grazie alle moderne legislazioni, lo ripetiamo, è divenuta ipotesi del tutto residuale) che la medicina, sia umana che veterinaria, ha potuto fare enormi progressi nel campo della terapia del dolore, con benefici che in definitiva vanno a vantaggio non solo degli uomini ma anche degli stessi animali.
In una prospettiva ancora più ampia, possiamo altresì osservare come non ci sia stato in verità progresso alcuno della medicina moderna e della diagnostica che non sia passato per la sperimentazione animale. Senza la sperimentazione animale, ad esempio, Pasteur non avrebbe potuto mettere a punto il procedimento di vaccinazione e non esisterebbe l’endocrinologia; non sarebbe possibile curare il diabete; non avremmo i raffinati strumenti chirurgici di oggi (testati non di rado prima sugli animali e poi sull’uomo); non avremmo neppure quello strumento, tanto semplice quanto essenziale per la diagnostica, che è lo stetoscopio (perfezionato nel 1816 sulla base della sperimentazione animale); e così via per tante altre scoperte. Né la ricerca sugli animali può dirsi oggigiorno superata, nonostante il promettente sviluppo dei metodi cosiddetti “alternativi” (alla sperimentazione animale), ove si consideri che ben i due terzi dei premi Nobel assegnati nel corso del ‘900 sono dovuti a scoperte ottenute proprio con la sperimentazione animale, come chiaramente evidenziato, con dovizia di informazione, dal parere reso l’8 luglio 1997 dal Comitato Nazionale per la Bioetica in tema di “Sperimentazione sugli animali e salute dei viventi” (http://www.governo.it/bioetica/pdf/27.pdf). Il rifiuto animalista della sperimentazione animale equivale pertanto al rifiuto non già di questa o di quella terapia, di questo o di quel ritrovato farmaceutico, bensì al rifiuto tout court della scienza medica, che senza quella neppure esisterebbe.
Il carattere antiscientifico delle posizioni dell’animalismo estremo si riflette poi in certe affermazioni, più che altro ideologiche, circa l’inutilità della sperimentazione animale nel campo farmatossicologico. Le indagini farmatossicologiche costituiscono, invero, uno dei campi attualmente più proficui della sperimentazione animale: prima che un nuovo farmaco o altra sostanza (si pensi ad esempio ai cosmetici) siano immessi in commercio è sommamente opportuno testarne la eventuale tossicità su un campione ristretto di animali. In tal modo, si salvaguarda sia la salute umana (per le sostanze destinate al consumo umano) che quella animale (per i farmaci impiegati nelle cure veterinarie). Eppure, diverse associazioni animaliste ne contestano l’utilità adducendo che non sempre le indagini sugli animali consentono di evidenziare sull’uomo effetti farmacologici e tossicologici delle sostanze impiegate. Da qui la proposta, non scevra di implicazioni etico-scientifiche, di testare i nuovi ritrovati direttamente sull’uomo. Il limite principale di una siffatta proposta deriva invero dal tentativo di voler negare, contro un’ampia letteratura scientifica, come tutta una serie di meccanismi fisio-biologici siano comuni tanto agli uomini quanto ad alcune specie animali (in prevalenza vertebrati e mammiferi), per cui dalle indagini condotte su queste ultime sarà possibile riuscire a prevedere gli effetti che una data sostanza avrà sull’uomo. Errori di previsione possono senz’altro essere compiuti, ma vi è la possibilità, se non di eliminarli del tutto, quantomeno di portarli a livelli accettabili, affinando le tecniche di esame. D’altro canto, “se è vero che l’uomo presenta degli effetti che non possono essere segnalati sugli animali, la maggior parte degli effetti rilevati sull’animale – si osserva nel citato parere sulla sperimentazione animale del Comitato Nazionale per la Bioetica – sono stati rilevati anche nell’uomo, ancorché con una frequenza il più delle volte minore”. Non a caso molti farmaci, inizialmente sviluppati specificamente per gli animali, successivamente sono stati trovati utili anche per l’uomo, ad ulteriore conferma della somiglianza degli effetti di una serie di farmaci nell’uomo e negli animali.
Non meno rilevanti sono tuttavia le obiezioni sollevabili sul piano morale alla proposta animalista di rinunciare alla preventiva sperimentazione animale di nuovi farmaci. E’ infatti evidente che la rinuncia alla sperimentazione animale comporta che queste sostanze siano di fatto sperimentate direttamente e su larga scala sull’uomo con l’immissione in consumo delle stesse, con effetti imprevedibili e potenzialmente dannosi sulla salute generale della specie umana. La proposta animalista conduce, quindi, ad un inevitabile paradosso, poiché accetta la messa in pericolo di un numero potenzialmente elevato di vite umane per garantire ad ogni costo il benessere di un numero, tutto sommato limitato, di animali. Manca inoltre di coerenza nel momento in cui suggerisce, in alternativa alla sperimentazione animale, la sperimentazione umana, così implicitamente avallando l’idea di una superiorità ontologica degli animali “non umani” rispetto agli “animali” umani. Paradossi che solo una prospettiva più moderata, volta a riconoscere contemporaneamente e la dignità specifica della persona umana e il valore del benessere animale, sarebbe in grado di superare.
E’ bastato poco per riaccendere la polemica animalista contro la sperimentazione animale. Una giovane studentessa in veterinaria, di nome Caterina Simonsen, colpita da quattro malattie genetiche rare, circa una settimana fa postava su Facebook una sua foto che la ritraeva col respiratore artificiale e con in mano un foglio di carta, che così recitava: “Io, Caterina, ho 25 anni grazie alla vera ricerca, che include la sperimentazione animale. Senza la ricerca sarei morta a 9 anni. Mi avete regalato un futuro”. Tanto è bastato per ricevere, da parte di estremisti animalisti, centinaia di insulti e di auguri di morte, tutti all’incirca del seguente tenore: “Per me potevi pure morire a 9 anni, non si fanno esperimenti su nessun animale, razza di bestie schifose”. La replica della giovane, affidata ad un video, non si è fatta attendere: “Non capisco il perché di tanta cattiveria. Loro non sanno chi sia io, cosa faccio io e probabilmente sono così ingenui da non sapere che tutti i farmaci che prendono, che danno ai loro figli e ai loro animali, sono testati sugli animali”.
A parte i toni aspri e offensivi con cui questa ragazza così gravemente ammalata è stata aggredita da chi si vanta di possedere una spiccata sensibilità verso tutti i viventi, animali compresi, la vicenda riportata riassume in poche battute una questione più profonda, che vede contrapposte le ragioni della ricerca biomedica a quelle di un animalismo intransigente contrario per principio ad ogni forma di sperimentazione clinica sugli animali. Sono fin troppo note le campagne di sensibilizzazione condotte da numerose associazioni animaliste (in Italia ricordiamo ad esempio il FIN – Fondo “imperatrice nuda” – e la LAV – Lega antivivisezione) contro la sperimentazione animale. A tal fine viene evocata sovente, a mo’ di spauracchio, la “vivisezione”: tuttavia, questo termine, tanto carico di valenza negativa in chi lo usa, descrive solo in piccola parte il variegato panorama della sperimentazione animale, che comprende a dire il vero sia pratiche “cruente” (come la vivisezione, da intendersi propriamente come qualsiasi intervento anatomo-chirurgico eseguito su un animale vivo senza anestesia) sia pratiche “non cruente” e perfino indolori. Non solo, ma in Italia, come negli altri Paesi europei, esiste al riguardo una legislazione piuttosto severa, che fa obbligo ai ricercatori di sottoporre ad anestesia generale o locale gli animali utilizzati per gli esperimenti, ammettendo interventi senza anestesia solo in casi particolari (in Italia addirittura tali interventi devono essere autorizzati dal Ministero della Salute, giuste le previsioni del decreto legislativo n. 116/1992), ossia quando lo richiedano le finalità specifiche della ricerca. Ciò accade ad esempio quando si devono sperimentare sostanze analgesiche o anestetizzanti o bisogna eseguire su esseri viventi test comportamentali: situazioni tutte che escludono il ricorso all’anestesia generale. Ma pure in questi casi il ricercatore ha l’obbligo morale e giuridico di contenere la sofferenza dell’animale nei limiti dello stretto necessario. Si consideri inoltre che è proprio grazie alla tanto vituperata “vivisezione” (che oggi, grazie alle moderne legislazioni, lo ripetiamo, è divenuta ipotesi del tutto residuale) che la medicina, sia umana che veterinaria, ha potuto fare enormi progressi nel campo della terapia del dolore, con benefici che in definitiva vanno a vantaggio non solo degli uomini ma anche degli stessi animali.
Pasteur |
Il carattere antiscientifico delle posizioni dell’animalismo estremo si riflette poi in certe affermazioni, più che altro ideologiche, circa l’inutilità della sperimentazione animale nel campo farmatossicologico. Le indagini farmatossicologiche costituiscono, invero, uno dei campi attualmente più proficui della sperimentazione animale: prima che un nuovo farmaco o altra sostanza (si pensi ad esempio ai cosmetici) siano immessi in commercio è sommamente opportuno testarne la eventuale tossicità su un campione ristretto di animali. In tal modo, si salvaguarda sia la salute umana (per le sostanze destinate al consumo umano) che quella animale (per i farmaci impiegati nelle cure veterinarie). Eppure, diverse associazioni animaliste ne contestano l’utilità adducendo che non sempre le indagini sugli animali consentono di evidenziare sull’uomo effetti farmacologici e tossicologici delle sostanze impiegate. Da qui la proposta, non scevra di implicazioni etico-scientifiche, di testare i nuovi ritrovati direttamente sull’uomo. Il limite principale di una siffatta proposta deriva invero dal tentativo di voler negare, contro un’ampia letteratura scientifica, come tutta una serie di meccanismi fisio-biologici siano comuni tanto agli uomini quanto ad alcune specie animali (in prevalenza vertebrati e mammiferi), per cui dalle indagini condotte su queste ultime sarà possibile riuscire a prevedere gli effetti che una data sostanza avrà sull’uomo. Errori di previsione possono senz’altro essere compiuti, ma vi è la possibilità, se non di eliminarli del tutto, quantomeno di portarli a livelli accettabili, affinando le tecniche di esame. D’altro canto, “se è vero che l’uomo presenta degli effetti che non possono essere segnalati sugli animali, la maggior parte degli effetti rilevati sull’animale – si osserva nel citato parere sulla sperimentazione animale del Comitato Nazionale per la Bioetica – sono stati rilevati anche nell’uomo, ancorché con una frequenza il più delle volte minore”. Non a caso molti farmaci, inizialmente sviluppati specificamente per gli animali, successivamente sono stati trovati utili anche per l’uomo, ad ulteriore conferma della somiglianza degli effetti di una serie di farmaci nell’uomo e negli animali.
Non meno rilevanti sono tuttavia le obiezioni sollevabili sul piano morale alla proposta animalista di rinunciare alla preventiva sperimentazione animale di nuovi farmaci. E’ infatti evidente che la rinuncia alla sperimentazione animale comporta che queste sostanze siano di fatto sperimentate direttamente e su larga scala sull’uomo con l’immissione in consumo delle stesse, con effetti imprevedibili e potenzialmente dannosi sulla salute generale della specie umana. La proposta animalista conduce, quindi, ad un inevitabile paradosso, poiché accetta la messa in pericolo di un numero potenzialmente elevato di vite umane per garantire ad ogni costo il benessere di un numero, tutto sommato limitato, di animali. Manca inoltre di coerenza nel momento in cui suggerisce, in alternativa alla sperimentazione animale, la sperimentazione umana, così implicitamente avallando l’idea di una superiorità ontologica degli animali “non umani” rispetto agli “animali” umani. Paradossi che solo una prospettiva più moderata, volta a riconoscere contemporaneamente e la dignità specifica della persona umana e il valore del benessere animale, sarebbe in grado di superare.
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Sono presenti 9 commenti
Mi sia consentito di apportare alcune precisazioni di ordine scientifico. Sono un Medico Ospedaliero, specialista in Chirurgia Generale ed esercito la professione di Chirurgo da circa 30 anni. La vivisezione e la c.d. sperimentazione animale rappresentano un grave errore metodologico nella ricerca scientifica in quanto è ormai acclamato e scientificamente documentato che rappresentano metodiche di ricerca non validate per la specie umana. La documentazione scientifica in proposito è ampia, autore vole e documentata. BNegli Stati Uniti il National Program of Toxicology è rappresentante dela più autorevole fonte di giudizio scientifico mondiale e, con il National Institute of Environmental Health Sciences Americano, ha recentemente pubblicato una ampia documentazione con la quale decreta che la ricerca del 21° secolo negli Stati Uniti sarà finanziata senza l'uso di animali e senza vivisezione in quanto considerata non predittiva per la specie umana e senza sperimentazone su animali. Il British Medical Journal, Pandora Pound, research fellow, dichiara concordemente che il ricorso alla ricerca mediante sperimentazione animale richiede una urgente rivalutazione ed un sistematico cambio di rotta in quanto le meta analisi dei test su animali dimostrano la assoluta inattendibilità dei test quando applicati alla ricerca sulla specie umana e vengono anzi considerati dannosi in quanto determinanti un grave ritardo nello sviluppo di metodiche terapeutiche soprattutto in campo oncologico e tossicologico. Nell'articolo non si fa menzione delle metodiche alternative validate per la specie umana che vengono intraprese dai ricercatori in questi paesi e qui finanziate in quanto considerate il futuro prossimo della ricerca biomedica. Non si fa riferimento alla sperimentazione in vitro , ai progetti della Defence Advanced Projects Agency (DARPA), e della USA Food and Drug Adminiastration, dei programmi Tissue-CHIP, dove si afferma che le nuove tecnologie dimostrano la predittività e la validazione per la sopecuie umana che la sperimentazione animale non sarà mai in grado di offrrire. Il problema non è etico comer si vorrebbe far apparire , ma puramente scientifico ed è in campo scientifico e non filosofico che va trattato. La Medicina è una Scienza fondata sulla evidenza e l'evidenza dimostra che i test condotti sul modello animale non sono predittivi e validati per la scpecie umana. La dimostrazione è nei risultati fallimentari e nel grave ritardo che la sperimentazione animale ha determinato nel progresso della ricerca. Senza citare i danni derivati dalla sperimentazione animale in campo farmacinetico e tossicologico. Insistere rifiutando di acccettare il progresso può in questa fase costare molto caro sotto il profilo della ricerca oncologica. Aggiornatevi sul progetto LINTOP, il simulatore ADME Simcyp, sulle colture integrate discrete multiorgano (IdMOC), sui bioreattori Multi-Compartimentali Modulari, gli approci in vitro per la valutazione dei farmaci mediante utilizzo della robotica! Si tratta di sistemi innovativi che consentono di ottenere dati sensibilmente predittivi per la specie umana per cui in Nazioni come gli USA si stanno finanziando e potenziando programmi che faranno la differenza se rimarremo ancorati ai veccghi schemi di una ricerca ormai obsoleta inutile e dannosa come la sperimentazione animale. A tuttoggi non è consentito e non è corretto parlare di ricerca biomedica esaltando solo il vecchiume della vivisezione senza citare il progresso che la tecnologia ci offre.Vi ringrazio della cortese attenzione.
Oriano Perata MD - FICS - Chirurgia Generale - Microchirurgia
Egregio dottore, con molta umiltà mi rivolgo a lei nello scriverle queste poche righe di risposta, non avendo la sua stessa preparazione sulle questioni di carattere più strettamente medico.
Le considerazioni svolte nell'articolo - ci tengo a precisarlo - sono basate essenzialmente sul ponderoso documento del Comitato Nazionale per la Bioetica, dal titolo "Sperimentazione sugli animali e salute sui viventi", consultabile sul sito web del Governo. Il documento, frutto del meticoloso lavoro di una equipe di studiosi coordinata dal Prof. Paolo Preziosi e approvato all'unanimità dal Comitato Nazionale di bioetica (di cui fanno parte fra l'altro autorevoli medici di diverse discipline), dedica ampia attenzione sia al tema della predicibilità dei risultati delle indagini condotte mediante la sperimentazione animale (con particolare riguardo alle indagini farmacotossicologiche) sia ai metodi alternativi. Dal parere di questi studiosi e dall'ampia letteratura scientifica riportata risulterebbe provata la validità e l'utilità della sperimentazione animale nell'ambito della ricerca biomedica. I successi ottenuti fin di recente con la sperimentazione animale (anche nella forma della vivisezione, fra l'altro via obbligata prima che venissero messi a punto gli anestetizzanti) non mi pare possano essere seriamente poste in discussione o liquidati come vecchiume, pur con la consapevolezza dei limiti inevitabilmente insiti in ogni tipo di ricerca. I metodi alternativi sono promettenti, come ho evidenziato nell'articolo, ma ad oggi a parere di molti ricercatori non sono suscettibili di sostituire pienamente la sperimentazione sugli animali.
La sperimentazione animale presenta poi molteplici aspetti, sia medici che etici (se non vi fossero aspetti etici da considerare, d'altronde, tante polemiche di parte animalista neppure avrebbero ragione di porsi). Nell'articolo ho cercato di dare conto, nei limiti di spazio consentitomi, di ambedue i profili.
Certo, se davvero risultasse provata al di fuori di ogni dubbio l'inutilità della sperimentazione animale nella ricerca medica e l'assoluta sufficienza dei metodi alternativi, la strada da seguire sarebbe inevitabilmente segnata. Non mi sembra però che allo stato attuale del progresso scientifico si possa fare un'affermazione di questo tipo. Pertanto una proibizione o una rinuncia generalizzata ai metodi di sperimentazione animale porrebbe nella situazione attuale quelle serie problematiche di carattere etico, cui accennavo al termine della mia riflessione, riferendomi tanto alla salute umana quanto a quella animale. Nulla toglie che in futuro, col progresso della ricerca, le cose possano cambiare e che di conseguenza il giudizio etico sulla sperimentazione animale possa essere riformulato. Nel frattempo, confido che il dibattito sul piano scientifico non risenta di pregiudiziali ideologiche. Da parte mia non vi è alcun preconcetto verso i metodi alternativi e mi dispiace se è questa l'impressione che possa aver dato...
Cordialmente, Bartolo Salone.
La ringrazio illustrissimo Bartolo Salone di avere considerato il mio commento meritevole della sua attenzione e della Sua risposta.Ribadisco tuttavia il concetto scientifico che ho cercato di esprimerLe. La Medicina è una Scienza fondata sull'evidenza e l'evidenza dei risultati è contro la sperimnentazione su animali in quanto i risultati dei test non sono predittivi della reazione che la stessa sostanza determina una volta che viener applicata alla specie umana e finchè la sperimentazione animale non srà validata per la specie umana io continuerò a considerela inutile e anzi dannosa. Ciò mi sia consentito anche se in contraddizione con quanto eminenti scienziati affermano: ad essi va tutta la mia stima ed umile reverenza. Le esercitazioni chirurgiche su animali, per restare nelkl'ambito della mia professione di Chirurgo le considero inutili e anzi dannose per la formazione dei giovani Chirurghi. Diverse le carattreristiche tissutali degli animali, l'anatomia, la fisiopatologia d'organo, le reazioni immunitarie, diverse le complicanze intra e perioperatorie. La distanza tra animale e uomo è galattica. Non si diventa Chirurghi in sala settoria ma al fianco del Maestro, in sala operatoria in anni e anni di esperienza acquisita e non esercitandosi su animali che spesso vengono soppressi al termine dell'esercitazione. La Scuola Chirurgica Italiana è tra le migliori al mondo per storia e Maestri e credo che meriti molto di più di quanto qualcuno in ambiente politico vorrebbe attribuirle. Il mio cuore è mosso essenzialmente e unicamente a difesa del Malato, il mio amore per gli animali è una questione personale ed esula dagli interessi della Scienza ma . mi creda. io sono fermamente convinto e fiducioso che non è lontano il tempo in cui guarderemo alla vivisezione ed alla sperimentazione su animali come si guarda alla storia del progresso scientifico del passato. Le chiedo cortesemente di leggere quanto viene pubblicato in questi giorni dal National Center for Advancing Translational Sciences in proposito. Affermano senza lasciare nessun dubbio, che la ricerca tossiciologica del 21° secolo sarà, negli Stati Uniti, senza animali inquanto, vi si afferma chiaramente, la sperimentazione animale non ha dimostrato predittività per la specie umana. NIH è il riferimento della ricerca del U.S. Department of Health & Human Sciences e vi si dichiara senza alcun dubbio la necessità di abbandonare la sperimebnazione animale in quanto dannosa per l'uomo. Perdoni, se può, il tono di quanto scrivo, ma, mi creda, non è l'arroganza a muovermi ma il cuore di Medico che, nonostante gli anni trascorsi, mantiene l'ardire tipico della giovinezza che chiede e pretende il progresso, sempre e comunque per la vita in ogni sua forma considerando in cuor mio l'uomo una specie tra le specie animali e non la creatura a cui affidare la centralità di questo meraviglioso Universo. Grazie. Oriano Perata
Gentile Dott Salone, Le scrivo perché l'impressione che ha dato anche a me è di "estremo" rifiuto delle posizioni di chi estremo non è nel proporre e peraltro ormai attuare sperimentazione scientifica in cui non sia previsto l'uso di animali. Ciò che appare dal suo riscontro è il suo rifiuto di accettare che esista una estesa letteratura scientifica (peraltro la più recente) che dimostri la poca o nulla validità della sperimentazione animale, come in parte elencato in un precedente commento. In generale le posizioni estreme non portano mai nulla di buono e le stesse argomentazioni sono facili da smontare, peraltro quelli che lei chiama estremisti animalisti sembrano più estremisti che non animalisti, basta andare a guardare nei rispettivi profili fb, e non posso fare a meno di notare che il suo essere estremo non è solo rispetto all'accettare tal quale la sperimentazione animale: in un altro suo "post" lei cita il Condom, che molti ritengono una grande difesa contro l'HIV, e non solo, lei lo tratta alla stregua di un "arnese sessuale" da non sponsorizzare nelle reti pubbliche. Ahime! neanche il nostro Papa lo tratterebbe così male. In generale ritengo opportuno che certe considerazioni sulla utilità o meno (se scientificamente provata) di un certo tipo di sperimentazione sia lasciata agli addetti ai lavori. Dire che tanto è stato scoperto grazie alla sperimentazione animale diventa uno sproloquio in confronto al "se non ci fosse stata avremmo scoperto tante cose meglio e prima" e avremmo fatto meno danni agli animali, all'ambiente e all'uomo. Insomma siamo nel 21mo secolo e se nel medioevo qualcuno ha fatto o scoperto qualcosa utilizzando metodi e metodiche diverse, oggi abbiamo alternative, tante e migliori. Nel suo medioevo il Condom lo avrebbero bruciato...un po' come le streghe......
Ritengo che Lei stesso possa in ogni caso documentarsi un po' meglio sulla sperimentazione scientifica in cui non è previsto l'uso di animali, è Sperimentazione biomedica a tutti gli effetti, viene premiata sempre più e sempre più accolta e stimolata (vedi USA) anche da chi, come me "durante il mio medioevo" ha fatto sperimentazione animale.
...perché amare gli animali? Perché sono vivi....Se impariamo ad amarli come meritano saremmo molto vicini a Dio (Madre Teresa di Calcutta)...https://www.facebook.com/photo.php?fbid=608387179214664&set=a.353496551370396.94118.353305631389488&type=1&theater
Cordiali saluti
Daniele Tedeschi BSc PhD
Gentile dott. Tedeschi, raccolgo la sua provocazione (perché solo di questo si tratta) rammentandole che dopo Galeno non si hanno invero più tracce di sperimentazione animale fino a tutto il Medioevo. E non a caso il Medioevo è l'epoca che spicca per ignoranza e arretratezza sul piano delle conoscenze mediche. Nel medioevo "reale" - non quello stereotipato che esiste solo nella sua mente - è molto più probabile che si sarebbe accettato il preservativo piuttosto che la sperimentazione animale!
Su una cosa concordo però con lei: se la sperimentazione animale in futuro sarà ancora utile per la ricerca o se sono preferibili i metodi alternativi, lasciamolo stabilire ai ricercatori. Io non pretendo di bloccare la ricerca sui metodi alternativi. Chi ritiene preferibili questi ultimi, dal canto suo, non tenti di impedire ad altri la ricerca scientifica coi metodi "tradizionali", che comprendono la sperimentazione animale.La ricerca che utilizza animali è ricerca biomedica al pari di quella che fa a meno di animali, è vero. A non pensarla così, però, è proprio lei, non io.
Gentile Bartolo Salone, si certo in quale modo l'ho provocata, ma non sono certo un "provocatore" come chi aizza i cani della farmaceutica contro gli animalisti (non contro gli estremisti). In qualche modo però osservo che la sua "intransigenza" ( le ripeto, così sembrava) metta oggi alla pari la sperimentazione scientifica animale e quella n.a.. A volte è un punto di partenza anche questo, ma solo un punto di partenza. Rispetto al resto: il sottoscritto di sperimentazione ne ha fatta tanta negli anni novanta e quasi tutta animale, dalla Distrofia muscolare al Parkinson e via dicendo, centinaia di articoli scientifici pubblicati nelle maggiori riviste internazionali e presenti in Pubmed. Chi, come me, ha anche esperienza diretta ha l'obbligo morale di non far cascare nello stesso errore i più giovani, e lei lo è, o chi non conosce la materia. Posso permettermi non certo di "negare" la sperimentazione animale, ma di contestarla scientificamente e basare ogni mia critica sugli stessi dati sperimentali ottenuti. Sarebbe troppo lungo spiegarglielo, e mi dispiace, ma visto che gli articoli scientifici sono pubblici, ne prenda un po' a caso e su argomenti diversi, li legga e ne tragga le sue conclusioni prima ancora di leggere quelle degli autori. A me vengono sempre domande tipo: quanto ha interferito il dolore in quell'esperimento? Le risposte catecolaminergiche e tutte quelle crrelate? Quanto ha interagito il farmaco che ho dato affinché il dolore fosse accettabile, sul farmaco che sto testando? Quale è il dosaggio esatto che dovrò utilizzare di un certo farmaco nel passaggio da cavia a cane e poi a uomo? E soprattutto, ma quale è il numero esatto di animali su cui una ricerca scientifica debba essere attuata affinché questa stessa abbia un valore scientifico e statistico? Le posso assicurare che esistono dei calcoli per far questo e che la maggior parte delle volte la scelta non è "statistica" e quindi su una base quantomento scientifica, ma legata alla possibilità economica del soggetto che sperimenta, alle possibilità di stabulazione, a quanti ne sono morti durante la sperimentazione e quanti anche fuggiti o che hanno avuto reazioni "non previste". Un gruppo di 6 cani di controllo negativo, un gruppo di 6 cani con un placebo, un gruppo di 6 con un farmaco noto ed un gruppo di 6 con il farmaco da sperimentare. Ci sono volte in cui i primi due gruppi rimangono tali e l'ultimo si dimezza come il terzo e dato che il terzo fa da riferimento tutto va bene, a volte ne restano ancora meno e ciò che viene riportato spesso riguarda gli animali vivi.....non i morti, eppure statisticamente la metà hanno avuto una reazione diversa da quella attesa o quantomeno voluta...e così via.
Eticamente invece? Beh, mi sono dilungato troppo, ma a volte basta chiedere: mi daresti il tuo cucciolotto per fare la mia sperimentazione?, ma sappi che potrebbe soffrire e anche morire, ma non ti preoccupare, forse grazie al suo sacrificio potremmo avere un farmaco con venti effetti collaterali sull'uomo, una decina di effetti indesiderati e almeno uno efficace.....ma non sempre e non su tutti e di certo non su altre specie o non su tutte, insomma si qualcosa fa .... etc..etc....
La ringrazio per l'opportunità che ha dato a chi come me o il Dott Perata cerca di spiegare le proprie ragioni senza offendere nessuno, senza aggredire, ma portando nuova informazione a chi a volte non ha avuto l'opportunità di averla.
Grazie di questi spazi di discussione seppur occasionali.
Daniele Tedeschi
Mi sento di appoggiare in toto le parole del collega Dottor Oriano Perata: la sperimentazione va abbandonata alla luce delle più recenti evidenze scientifiche. Il fatto che si contrappongano sempre i ricercatori che la praticano agli animalisti distorce una realtà che vede in aumento i professionisti della scienza che utilizzano i metodi sostitutivi e che li ritengono più affidabili e vantaggiosi per la salute umana.
Grazie a voi piuttosto per l'esperienza umana e professionale di cui siete portatori. Continuate a seguirci. I commenti, quando provengono da persone competenti e aperte al dialogo sono sempre ben accolte, contribuendo ad arricchire il valore di questa piccola impresa giornalistica.
Cortesi saluti, Bartolo Salone.
Egregio Dott Daniele Tedeschi, nel ringraziarla vivamente per il suo contributo a questo interessantissimo dibattito inerente un tema tanto delicato quanto controverso per antonomasia quale è la sperimentazione animale, ed i miei ringraziamenti sinceri giungano anche al Dott. Oriana Perata, alla Dr.ssa Elena Venco e al Dott. Bartolo Salone, vorrei avere la possibilità di disquisire con lei in pvt proprio sull'argomento intrapreso in questa sede. Qualora potesse concedermi qualche breve domanda, la prego di contattarmi al seguente indirizzo e-mail: alfvpervendetta@email.it . Cordiali saluti, Alfredo Lio (blogger e consulente informativo su sperimentazione animale e metodi alternativi/sostitutivi)
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