giovedì, gennaio 30, 2014
La notizia della copertina di Rolling stone dedicata a papa Francesco è finita su tutte le testate, creando quel solito effetto "marcia delle pecore " con quasi tutti i media rigorosamente e disciplinatamente allineati a riportare la buona notizia. 

di Elisabetta Lo Iacono  

Torre dei Venti - Sicuramente in sé lo è: papa Francesco, con il suo stile, sta conquistando le attenzioni di ambienti tradizionalmente disattenti verso la Chiesa, attratti da quegli atteggiamenti così spontanei e immediati, fuori dai tradizionali schemi pontifici e più affini, semmai, a un amato e amabile parroco. Sin qui tutto bene, piuttosto i motivi di riflessione sono due: uno relativo al contenuto dell'articolo e l'altro, conseguentemente, all'atteggiamento tenuto dai mezzi di informazione. I lettori della rivista americana che hanno desiderato andare al di là di quella copertina, dall'esplicativo titolo "The Times They Are A-Changing" che riprende una delle più celebri canzoni di Bob Dylan, hanno trovato una sconcertante sommatoria di banalizzazioni sulla figura di Francesco, come se fosse un prodotto da commercializzare sul mercato, ad uso e consumo di tutti, senza effetti collaterali.

Un "prodotto" al cui cospetto non reggono quelli concorrenti ed ecco il solito antipatico paragone con papa Benedetto XVI che ha avuto come unica "colpa" quella di essere persona timida e riservata e non certo di aver condotto un "disastroso pontificato" come invece si legge. È ovvio che dinanzi a simili valutazioni, dettate principalmente dall'impatto mediatico, finisce per essere mortificato innanzitutto il messaggio evangelico (lo stesso da sempre e quindi anche con Francesco e con Benedetto) ma anche la figura di un papa che sta apportando un considerevole contributo al cammino della Chiesa.

Un cammino che non procede per salti ma sui passi dei predecessori, verso una continua testimonianza ed evangelizzazione, capace di dare risposte alle domande e alle problematiche dell'uomo di oggi: Francesco dopo Benedetto, Benedetto dopo Giovanni Paolo II, Giovanni Paolo II dopo Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo I dopo Paolo VI, Paolo VI dopo Giovanni XXIII e così via, a ritroso nella storia.

A richiamare l'attenzione su questo articolo da giornalisti alle prime armi, privi di curiosità ed estranei alla documentazione, ci ha pensato in maniera decisa padre Federico Lombardi , direttore della Sala Stampa della Santa Sede, che ha rimarcato come quel servizio "si squalifica cadendo nell'abituale errore di un giornalismo superficiale, che per mettere in luce aspetti positivi di papa Francesco pensa di dover descrivere in modo negativo il pontificato di papa Benedetto, e lo fa con una rozzezza sorprendente". Un giudizio senza tentennamenti o mezzi termini, rimarcando anche come "non è questo il modo di fare un buon servizio neppure al papa Francesco, che sa benissimo quanto la Chiesa deve al suo predecessore".

Gli aspetti di riflessione, dicevo, sono due e il secondo è strettamente correlato a questo: la maggior parte dei mezzi di informazione ha "celebrato" l'approdo su Rolling stone senza minimamente entrare nel merito di quanto scritto.

Un'operazione che troviamo invece nelle testate di matrice cattolica, ovviamente attente ai contenuti e pronte a controbattere a questa operazione da mercato dell'usato. La questione impone molte domande, a partire dalla constatazione di come a prevalere sia sempre l'immagine e non la parola attraverso la quale viaggiano gran parte dei contenuti. Il fatto del giorno, dunque, è quella copertina sulla cui soglia si sono arrestate la curiosità ma soprattutto l'amore per la verità.

Ha ragione padre Lombardi quando dice che un simile articolo non rende un buon servizio neppure a papa Francesco: quella sua "rivoluzione gentile", semplificata dai media in gesti e slogan, rischia di banalizzare al massimo la figura di un pontefice che, al pari degli altri, sta portando alle genti la buona novella, sempre la stessa da duemila anni.

È presente 1 commento

Anonimo ha detto...

Tuttavia lo stesso Padre Lombardi ha plaudito alla riproposizione dell'immagine del Papa sulla copertina della rivista. La gravità di questo atteggiamento duplice, siamo contenti di comparire/ma non ci piace come, secondo me non è ben compresa. La comunicazione della Santa Sede e del mondo cattolico non è alla pari di un agent di una personalità mondana o di una top model che si rallegra delle copertine per poi criticare il gossip interno. Si sta favorendo un uso strumentale della stessa persona del Papa da parte dei media di mezzo mondo, come se fosse la stessa presenza mediatica strumento di evangelizzazione.
fg

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