martedì, gennaio 21, 2014
Nel primo di una serie di articoli dedicati alla regolazione delle nascite (o, meglio, della fertilità) viene delineato brevemente il “panorama” attuale dei vari metodi. Orientarsi tra le diverse metodiche rappresenta infatti il primo passo per discernere in una realtà sempre più complessa e multiforme. 

di Bartolo Salone

La regolazione della fertilità, cioè la possibilità di esprimere il proprio amore senza che da questo possa scaturire una gravidanza, è sempre stata una grande preoccupazione dell’umanità. Dietro di essa possono celarsi le più svariate motivazioni: alcune poco nobili, come la ricerca del piacere egoistico o la strumentalizzazione della corporeità (propria e altrui) per il soddisfacimento dei propri ciechi istinti; altre più nobili, come ad esempio il rafforzamento del legame coniugale e la quiete familiare (che passa anche attraverso una serena relazione di intimità tra i coniugi) e un approccio responsabile alla paternità e alla maternità. Questi ultimi, fra l’altro, sono valori riconosciuti e apprezzati anche dal magistero ecclesiale. Basti ricordare quanto scrive Paolo VI nella sua enciclica “Humanae vitae” a proposito della paternità responsabile, che “in rapporto alle condizioni fisiche, economiche, psicologiche e sociali, si esercita sia con la deliberazione ponderata e generosa di far crescere una famiglia numerosa sia con la decisione, presa per gravi motivi e nel rispetto della legge morale, di evitare temporaneamente od anche a tempo indeterminato una nuova nascita”. Non alla regolazione della fertilità in sé, pertanto, è legata l’opposizione dell’insegnamento ecclesiale verso i metodi contraccettivi, ma a ragioni diverse e più profonde che investono il significato stesso della corporeità, dell’espressività sessuale e della vocazione peculiare dell’uomo e della donna all’amore coniugale.

Il panorama dei metodi regolativi della fertilità è invero molto variegato, comprendendo metodiche fra loro diverse ed eterogenee, non riducibili ai soli metodi contraccettivi: per quanto correntemente si tenda a ricondurre all’interno della nozione di “contraccezione”, intesa in senso ampio, l’insieme delle diverse pratiche dirette a scongiurare il rischio di una gravidanza, occorre essere consapevoli del fatto che i metodi contraccettivi, in senso tecnico, costituiscono una “species” del più ampio “genus” dei metodi di regolazione della fertilità. In questa sede, pertanto, è al significato tecnico e non a quello generico di contraccezione che bisognerà fare riferimento. Dai metodi contraccettivi in senso stretto bisognerà altresì distinguere i cosiddetti metodi “intercettivi”: se i primi impediscono il concepimento inteso come “fecondazione” (ossia l’incontro dell’ovulo con lo spermatozoo), i secondi invece impediscono l’annidamento dell’ovulo fecondato nell’utero materno, operando di conseguenza come abortivi qualora la fecondazione sia già avvenuta. Questa distinzione dovrà essere tenuta ben presente quando si affronterà la delicata questione della “contraccezione d’emergenza”: questa formula, dal carattere piuttosto ambiguo, infatti, finisce con l’accomunare sostanze, come ad esempio il levonorgestrel (“pillola del giorno dopo”) e l’ulipristal (“pillola dei cinque giorni dopo”), con un meccanismo d’azione profondamente diverso (propriamente “contraccettivo” il primo e potenzialmente “intercettivo” il secondo).

Un’ulteriore precisazione semantica va fatta relativamente alla locuzione impiegata per indicare il “genus” comprensivo delle diverse metodiche qui considerate. Nel linguaggio corrente si parla indifferentemente di “metodi di regolazione della fertilità” ovvero di “metodi di regolazione delle nascite” come fossero sinonimi. Ad avviso di chi scrive, è preferibile tuttavia la prima locuzione, giacché tra i metodi di regolazione delle nascite in teoria potrebbe includersi anche l’aborto: quest’ultimo invece esula dalla nostra analisi, benché i metodi “intercettivi” pongano, con riferimento alla tutela dell’embrione, problemi etici analoghi a quelli posti dell’interruzione volontaria della gravidanza. Fatte queste premesse, possiamo azzardarci a proporre una “mappa” dei principali metodi di regolazione della fertilità, che fungerà da cornice di riferimento essenziale per gli approfondimenti che faremo in un secondo tempo. Ebbene, i metodi considerati possono essere distinti in quattro grandi tipologie:

1) Metodi naturali. Così chiamati perché basati sull’astensione dei rapporti durante i periodi “infecondi”, di naturale infertilità della coppia;

2) Metodi contraccettivi. Prevengono la gravidanza facendo ricorso a varie metodiche di carattere farmacologico, meccanico o empirico per impedire l’incontro tra l’ovulo e lo spermatozoo. Sono metodi contraccettivi la “pillola”, il profilattico, il coito interrotto (e, in base alla più recente letteratura medica, anche la cosiddetta “pillola del giorno dopo”);

3) Metodi intercettivi. Si tratta di metodiche con finalità antiannidatoria (e quindi di per sé abortive) che impediscono l’impianto in utero dell’ovulo fecondato. Il metodo intercettivo più diffuso è la spirale. Nella stessa categoria potrebbe essere inclusa, se assunta dopo l’ovulazione, la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo”;

4) Metodi sterilizzanti. Sono metodi contraccettivi irreversibili che, attraverso metodiche chirurgiche, impediscono in modo definitivo la fertilità.

Prima di avventurarci nello studio dei diversi metodi, una premessa appare indispensabile: ciascuno dei metodi considerati presenta, dal punto di vista delle ricadute cliniche, dell’efficacia e del benessere di coppia, dei pro e dei contro. Sarebbe vano pertanto individuare il metodo per così dire “ideale”. Tuttavia, a seconda dell’ambito visuale privilegiato, un metodo può apparire indubbiamente preferibile ad un altro. A questo proposito è dato riscontrare come il punto di vista sempre meno considerato nella coscienza collettiva, per ragioni culturali e di costume di cui qui non è possibile dar conto, sia proprio quello morale. Talvolta il giudizio morale viene fatto dipendere sic et simpliciter dall’efficacia tecnica della metodica utilizzata; ma si tratta di punti di vista differenti, che andrebbero tenuti in linea di principio distinti. Un metodo, infatti, potrebbe essere in teoria “perfetto” dal punto di vista tecnico, essendo in grado di prevenire al 100% una gravidanza senza ricadute sulla salute dei partner – ma un metodo del genere allo stato attuale non esiste – eppure risultare il “peggiore” alla luce di una valutazione morale. Negli approfondimenti che seguiranno a questo primo articolo di carattere introduttivo cercherò di mettere in evidenza i plurimi aspetti dei diversi metodi regolativi della fertilità, confidando nella capacità dei lettori di tener distinto l’aspetto tecnico e medico-sanitario da quello delle implicazioni morali, che pure per completezza di analisi non possono essere del tutto tralasciate.


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