Nonostante le minacce di Pyongyang, questa mattina è partito per il monte Kumgang il gruppo di cittadini sudcoreani scelti per riabbracciare i propri cari. Ormai sono tutti molto anziani, e temono di non riconoscere più i propri cari. Il figlio di uno dei partecipanti ammette l'amarezza per le modalità di questi incontri: "Mio padre ha 92 anni e vede oggi per la prima volta suo figlio, che non vedrà mai più. Sarebbe stato meglio permettergli di scrivere in questi sei decenni di lontananza".
Seoul (AsiaNews) - Alle nove di questa mattina, 82 cittadini sudcoreani sono partiti per il monte Kumgang - nella provincia nordcoreana di Gangwon - per riunirsi con i propri familiari, divisi dalla guerra e dalla successiva divisione della penisola coreana. Sono circa 61 anni che non si vedono, e per moltissimi di loro oggi rappresenta la prima e unica opportunità di conoscersi. La stragrande maggioranza dei partecipanti a questi incontri è molto anziana. Si sono incontrati tutti ieri a Sokcho, cittadina nei pressi del confine che separa la penisola coreana: anche se la registrazione ufficiale all'evento era prevista per le due del pomeriggio, quasi tutti sono arrivati all'alba. Insieme a loro 200 volontari e 12 staff medici, che seguiranno da vicino le condizioni di salute degli anziani.
Le due Coree si sono accordate lo scorso 5 febbraio per tenere le riunificazioni in un resort sul monte Kumgang, costa orientale della Corea del Nord, dal 20 al 25 febbraio. Nonostante minacce di vario tipo e un continuo balletto diplomatico, gli incontri sembrano destinati a procedere come previsto. Si tratta delle prime riunificazioni dal 2010, dato che nel settembre 2013 esse vennero annullate un giorno prima del loro inizio dal governo del Nord.
Le riunificazioni familiari sono iniziate per la prima volta nel 1985. Rappresentano un "gesto di buona volontà" da parte dei governi di Seoul e Pyongyang, che tuttavia non sono mai riusciti a renderle istituzionali. Per partecipare, i cittadini che possono dimostrare di avere un parente ancora in vita dall'altra parte del confine si sono registrati presso il ministero sudcoreano dell'Unificazione: all'inizio erano 130mila, oggi ne restano in vita poco più di 71mila.
Da questa macro-lista, il governo di Seoul prepara diverse liste per ordine di anzianità e per grado di parentela: la precedenza viene data a chi è più anziano - ma può comunque sopportare i disagi fisici e mentali che queste riunificazioni comportano - e a chi ha parenti prossimi come figli o fratelli e sorelle. Dati questi criteri si arriva a una lista di circa mille nomi, e il ministero affida a un computer nel corso di una lotteria trasmessa in televisione la scelta casuale dei nomi che verranno inclusi nelle riunificazioni. A questi si aggiungono una serie di "riserve", che subentrano in caso di impreviste marce indietro dell'ultimo momento: chi partecipa viene poi escluso dalle liste. Sconosciuti invece i metodi di selezione applicati da Pyongyang.
Nel gruppo partito questa mattina c'è anche il 92enne Park Yun-hyong, che insieme al figlio sessantenne parte per ritrovare la figlia primogenita. Proprio suo figlio contesta questo metodo: "Come potete vedere - ha detto ai giornalisti presenti prima della partenza - siamo più arrabbiati che felici. Questo perché siamo già consapevoli del dolore che proveremo quando, fra pochi giorni, saremo costretti a separarci di nuovo. Mio padre ha 92 anni, e temo per lo shock che subirà. Sono dispiaciuto per i pochi permessi concessi, e per il fatto che gli incontri saranno sempre monitorati. Da parte mia ritengo che sarebbe stato meglio, per le famiglie separate, avere la possibilità di scambiarsi delle lettere invece di un unico incontro in tutta una vita".
In ogni caso, il suo malumore non sembra condiviso dagli altri partecipanti. Baek Gwan-soo, 91 anni, ha lasciato la sua casa di Incheon ieri mattina all'alba ed è stato il primo ad arrivare a Sokcho: aveva paura che il traffico potesse rallentarlo. Ha portato con sé tre grandi sacche con biancheria intima, medicinali e oggetti per la cura del corpo: sono destinati al suo nipote più giovane, che ha circa 30 anni e che conoscerà oggi per la prima volta. In un altro sacchetto porta i Choco-pies, dolcetti molto amati in Corea del Sud, che spera piaceranno al ragazzo: "In questi anni sono stato l'unico della mia famiglia a vivere in maniera confortevole. Ho paura che il ragazzo mi guarderà con risentimento".
Una caduta e una brutta frattura non hanno fermato il 72enne Park Chun-jae, che vuole incontrare due dei suoi nipoti: "Sono stato dimesso dopo una lunga degenza due giorni fa. La mia salute non è buona, ma voglio vederli a tutti i costi. E lo farò". Cho Gi-dok ha 93 anni ed è nato nella provincia di Hamkyung meridionale, in quella che oggi è la Corea del Nord: il suo figlio maggiore è nato nel 1950 ed è rimasto al di là del confine. L'uomo viaggia con il suo secondo figlio, perché "il sogno di tutta la mia vita è vedere i miei ragazzi insieme". Anche lui porta con sé grandi sacche piene di doni, ma ha scoperto che non potrà vedere sua moglie, rimasta al Nord, la cui salute è peggiorata impedendole di partecipare: "Almeno così mi hanno detto. E da un certo punto di vista, spero che sia vero e non una bugia per nascondere di peggio".
Seoul (AsiaNews) - Alle nove di questa mattina, 82 cittadini sudcoreani sono partiti per il monte Kumgang - nella provincia nordcoreana di Gangwon - per riunirsi con i propri familiari, divisi dalla guerra e dalla successiva divisione della penisola coreana. Sono circa 61 anni che non si vedono, e per moltissimi di loro oggi rappresenta la prima e unica opportunità di conoscersi. La stragrande maggioranza dei partecipanti a questi incontri è molto anziana. Si sono incontrati tutti ieri a Sokcho, cittadina nei pressi del confine che separa la penisola coreana: anche se la registrazione ufficiale all'evento era prevista per le due del pomeriggio, quasi tutti sono arrivati all'alba. Insieme a loro 200 volontari e 12 staff medici, che seguiranno da vicino le condizioni di salute degli anziani.
Le due Coree si sono accordate lo scorso 5 febbraio per tenere le riunificazioni in un resort sul monte Kumgang, costa orientale della Corea del Nord, dal 20 al 25 febbraio. Nonostante minacce di vario tipo e un continuo balletto diplomatico, gli incontri sembrano destinati a procedere come previsto. Si tratta delle prime riunificazioni dal 2010, dato che nel settembre 2013 esse vennero annullate un giorno prima del loro inizio dal governo del Nord.
Le riunificazioni familiari sono iniziate per la prima volta nel 1985. Rappresentano un "gesto di buona volontà" da parte dei governi di Seoul e Pyongyang, che tuttavia non sono mai riusciti a renderle istituzionali. Per partecipare, i cittadini che possono dimostrare di avere un parente ancora in vita dall'altra parte del confine si sono registrati presso il ministero sudcoreano dell'Unificazione: all'inizio erano 130mila, oggi ne restano in vita poco più di 71mila.
Da questa macro-lista, il governo di Seoul prepara diverse liste per ordine di anzianità e per grado di parentela: la precedenza viene data a chi è più anziano - ma può comunque sopportare i disagi fisici e mentali che queste riunificazioni comportano - e a chi ha parenti prossimi come figli o fratelli e sorelle. Dati questi criteri si arriva a una lista di circa mille nomi, e il ministero affida a un computer nel corso di una lotteria trasmessa in televisione la scelta casuale dei nomi che verranno inclusi nelle riunificazioni. A questi si aggiungono una serie di "riserve", che subentrano in caso di impreviste marce indietro dell'ultimo momento: chi partecipa viene poi escluso dalle liste. Sconosciuti invece i metodi di selezione applicati da Pyongyang.
Nel gruppo partito questa mattina c'è anche il 92enne Park Yun-hyong, che insieme al figlio sessantenne parte per ritrovare la figlia primogenita. Proprio suo figlio contesta questo metodo: "Come potete vedere - ha detto ai giornalisti presenti prima della partenza - siamo più arrabbiati che felici. Questo perché siamo già consapevoli del dolore che proveremo quando, fra pochi giorni, saremo costretti a separarci di nuovo. Mio padre ha 92 anni, e temo per lo shock che subirà. Sono dispiaciuto per i pochi permessi concessi, e per il fatto che gli incontri saranno sempre monitorati. Da parte mia ritengo che sarebbe stato meglio, per le famiglie separate, avere la possibilità di scambiarsi delle lettere invece di un unico incontro in tutta una vita".
In ogni caso, il suo malumore non sembra condiviso dagli altri partecipanti. Baek Gwan-soo, 91 anni, ha lasciato la sua casa di Incheon ieri mattina all'alba ed è stato il primo ad arrivare a Sokcho: aveva paura che il traffico potesse rallentarlo. Ha portato con sé tre grandi sacche con biancheria intima, medicinali e oggetti per la cura del corpo: sono destinati al suo nipote più giovane, che ha circa 30 anni e che conoscerà oggi per la prima volta. In un altro sacchetto porta i Choco-pies, dolcetti molto amati in Corea del Sud, che spera piaceranno al ragazzo: "In questi anni sono stato l'unico della mia famiglia a vivere in maniera confortevole. Ho paura che il ragazzo mi guarderà con risentimento".
Una caduta e una brutta frattura non hanno fermato il 72enne Park Chun-jae, che vuole incontrare due dei suoi nipoti: "Sono stato dimesso dopo una lunga degenza due giorni fa. La mia salute non è buona, ma voglio vederli a tutti i costi. E lo farò". Cho Gi-dok ha 93 anni ed è nato nella provincia di Hamkyung meridionale, in quella che oggi è la Corea del Nord: il suo figlio maggiore è nato nel 1950 ed è rimasto al di là del confine. L'uomo viaggia con il suo secondo figlio, perché "il sogno di tutta la mia vita è vedere i miei ragazzi insieme". Anche lui porta con sé grandi sacche piene di doni, ma ha scoperto che non potrà vedere sua moglie, rimasta al Nord, la cui salute è peggiorata impedendole di partecipare: "Almeno così mi hanno detto. E da un certo punto di vista, spero che sia vero e non una bugia per nascondere di peggio".
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