giovedì, febbraio 13, 2014
Non si arresta la spirale di violenza in Siria dove, secondo fonti locali, sono state uccise, nelle ultime 24 ore, oltre 100 persone in scontri tra sunniti e alawiti.  

Radio Vaticana - Rovente anche il confine con il Libano. A Ginevra la conferenza di pace è in pieno stallo: la delegazione del regime ha respinto il piano proposto dalla Coalizione di opposizione, che prevede la formazione di un "organismo governativo di transizione”. Intanto il Re Abdallah di Giordania ha avuto un colloquio con il vicepresidente degli Stati Uniti Joe Biden, a Washington, per agevolare proprio una transizione politica e mettere fine al conflitto siriano. Marina Calculli:

Da Ginevra Lahdar Brahimi cerca di rilanciare i negoziati di pace, per ora nessuna delle due parti ha abbandonato il tavolo, ma di certo i punti di attrito sono molti. Ieri l’opposizione ha presentato un testo, rifiutato dalla delegazione del regime, che prevede i termini e le modalità di una transizione politica. Niente riferimenti ad Assad, ma per l’opposizione è chiaro che in un potenziale ruolo dell’attuale presidente sarebbe impossibile. Intanto a New York il Consiglio di sicurezza discute una risoluzione con cui ci si impegnava a rafforzare gli aiuti alla popolazione civile nelle città assediate. La Russia, alleata principale di Asad, non è d’accordo: “è un testo scollato dalla realtà”. In questo contesto l’aviazione del regime di Bashar al-Assad sposta le energie al confine con il Libano: un bombardamento pesantissimo nella città di Yabrud, forse in attesa di una nuova offensiva sul monte Qalamun da parte dei ribelli. A Homs, invece, prosegue l’evacuazione dei civili. Il governatore della città Talal Barazi, ha detto che oltre 200 persone sono state evacuate ieri senza incidenti, mentre la croce rossa siriana ha distribuito razioni di cibo.

Secondo l’Onu da venerdì 1.400 persone hanno abbandonato la città di Homas. Per un’analisi della drammatica situazione umanitaria, Marco Guerra ha sentito Silvio Tessari, responsabile dell’ufficio per il Medio Oriente di Caritas Italia: ascolta

R. - L’analisi che confermiamo è questa: è una situazione che si deteriora sempre più per la semplice ragione che non ci sono soluzioni in vista, come mi diceva il direttore della Caritas Siria. C’è un andamento a "onde", per così dire, cioè ci sono dei giorni in cui la situazione sembra più calma, con poche automobili che escono dalla Siria, e altri invece in cui ci sono autobus pieni di gente che scappa proprio perché i focolai sono a macchie di leopardo. Per cui, abbiamo il paradosso: alcune zone sono così tranquille che la vita è quasi normale e altre zone in cui la situazione è orribile, questo è ciò che ci riferiscono. A Homs, in particolare, c’era gente che cominciava essere vicina a morire per la fame.

D. - Perché l’evacuazione a Homs sta procedendo così lentamente?

R. - Il centro storico di Homs è stato assediato per molti mesi. Il fatto che adesso ci sia una specie di corridoio che permetta di entrare nella città vecchia è però una strada di potere in più. E quindi questa viene vista come possibilità di acquistare maggior potere da entrambe le parti, sia dal governo che dalle opposizioni. Morale: non si sa esattamente a chi vadano gli aiuti. Questo è ciò che mi è stato detto. Il corridoio umanitario diventa una possibile di preda, no? Di viveri, di beni di prima necessità, e ogni parte ha interesse ad appropriarsene. Ecco perché non è facile che questi corridoi funzionino veramente e che la gente esca veramente, perché non tutti sono d’accordo su chi debba uscire prima. È addirittura un’occasione ulteriore di conflitto.

D. - Non solo Homs, la Siria è tutta un focolaio. Quali sono le situazioni più critiche?

R. - I conflitti più evidenti si riaccendono a momenti. Indubbiamente, la zona di Homs rimane la più critica, ma poi anche il nord, alcune zone di Aleppo… É una situazione che varia: ad esempio, al sud la situazione è più tranquilla, ma non ci si può mai aspettare un comportamento normale.

D. - Al terzo giorno di colloqui del secondo round di "Ginevra 2" non emergono risultati positivi. Voi che cosa chiedete alla parti e alla comunità internazionale che sta negoziando?

R. - Il commento dopo "Ginevra 2" da parte della Caritas Siria è proprio riassunto in tre parole: niente di speciale. Ginevra non ha praticamente avuto nessun effetto neanche di speranza, di prospettiva positiva per la popolazione locale, che naturalmente vede la situazione da questo punto di vista: finché le parti in conflitto non si mettono d’accordo, per noi sarà sempre peggio. Ci sono già diversi milioni di profughi all’estero, quattro milioni di sfollati interni. Quindi, per i prossimi mesi, se veramente non cambia l’impatto che la Comunità internazionale può avere sulle parti in conflitto, dobbiamo aspettarci ulteriori migliaia e migliaia di profughi che verranno prima nei Paesi vicini e poi anche altrove.


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