Giornata mondiale della Radio dedicato alle donne. Alla Radio Vaticana più giornaliste che giornalisti
Ricorre oggi il World Radio Day, la Giornata mondiale della Radio, promossa dall'Unesco.
Radio Vaticana - Quest'anno l'evento punta l'attenzione sul ruolo delle donne. In continua evoluzione, la radio resta anche oggi il mezzo che riesce a raggiungere il pubblico più vasto a livello mondiale. Da qui il suo ruolo cruciale nella promozione delle comunità e delle persone favorendo l'accesso all'informazione, la libertà di espressione e le pari opportunità. Alla Radio Vaticana tra l'altro, il numero delle giornaliste supera quello dei giornalisti. Sull'odierna Giornata, Adriana Masotti ha sentito il presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, prof. Giovanni Puglisi: ascolta
R. - Certamente la radio è uno strumento importante per vivere in collegamento con il resto del mondo. Prescindo dalla letteratura più banale, che la radio ha salvato tante vite umane che correvano il rischio di finire nella solitudine, oppure nella dispersione in contesti tragici. Ma la radio è anche una compagna di molte situazioni. Ricordo ancora una trasmissione, “Si fa sera, ascolta sorella radio”: cioè, in qualche maniera, è uno strumento di solidarietà e di comunicazione, discreta ma assolutamente capillare.
D. - Quest’anno l’Unesco ha pensato di dedicare la Giornata mondiale della radio alle donne, perché?
R. - Perché la donna è quella che generalmente ha la maggiore responsabilità nella conduzione della vita famigliare, nella conduzione delle situazioni più delicate, è quella che spesso sente maggiormente il bisogno di tenersi collegata al mondo per poter dare una ragione alla propria vita, ma anche per potere dare al mondo un segno di delicatezza e di solidarietà. La radio è uno strumento che secondo me aiuta maggiormente la donna a poter essere più presente da un lato, e meno sola dall’altro.
D. - La radio può promuovere anche momenti di incontro, di consapevolezza, sto pensando soprattutto ai Paesi più in difficoltà ma non solo…
R. - La radio, in qualche modo, raggiunge anche le fasce più lontane, con minori necessità di hardware e software. Credo che la radio sia uno strumento molto più semplice e più utilizzabile anche nelle situazioni più complesse.
E' caporedattore a Radio 24 e si occupa da oltre 20 anni di giornalismo radiofonico. Alessandra Scaglioni parla così, al microfono di Adriana Masotti, della radio: ascolta
R. - Noi pensiamo spesso a cosa sia la radio in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, ma pensiamo anche a cosa sia la radio nei Paesi dove c’è bisogno di promuovere di più i diritti e dove c’è bisogno di far crescere, in qualche modo, le donne. La radio in questo senso può rappresentare moltissimo perché è un mezzo semplice, un mezzo poco costoso, serve alle relazioni tra le comunità, penso alle radio rurali in Africa. Serve, inoltre, a far crescere la consapevolezza. In Paesi dove la scolarizzazione femminile è bassissima, la radio dà modo alle donne che la ascoltano di crescere e di apprendere. Quindi, in questo senso, la radio può rappresentare molto in tutto il mondo.
D. - Spesso in tv le figure femminili sono scelte in base a fattori esterni, estetici. La radio non ha questo limite, ma anche alla radio si sentono poche voci femminili, qual è la sua esperienza dopo tanti anni di lavoro in Radio 24?
R. - E’ vero che in radio non c’è possibilità di puntare su minigonne e scollature o lustrini, per cui una donna vale per quello che sa, per quello che dice, per il modo che ha di dirlo, per la sua capacità, che poi è una cosa molto femminile, di mettersi in relazione con gli ascoltatori, grazie a una sorta di empatia che, poi, noi spesso abbiamo. Nel mondo della radio ci sono molte voci femminili, che spesso conducono programmi assolutamente dignitosi ma più lievi e di intrattenimento. Ci sono però anche voci femminili, e in questo senso posso citare la mia storia dentro Radio 24, che conducono gli stessi programmi sulle stesse tematiche rispetto alle voci maschili. Noi abbiamo donne che conducono programmi di economia, donne che fanno le inviate, che sono in giro in tutto il mondo anche in zone e luoghi molto pericolosi, donne in posizioni di responsabilità e credo che nel mondo della radio ci sia oggettivamente la possibilità di valorizzare le potenzialità femminili sia dalla parte del microfono che dall’altra, cioè nella parte della gestione. Credo che su questo la radio abbia fatto abbastanza e forse potrà fare ancora qualche passo avanti.
D. – Sì, può fare ancora qualche passo avanti perché pesa ancora un po’ l’idea che su alcuni temi si debba chiamare un uomo. Oppure ci sono anche tante giornaliste che denunciano umiliazioni o comunque emarginazione nel proprio lavoro…
R. – Sì, tutti e due sono temi molto forti. E’ vero che quando si pensa ad un ospite, a una persona di peso da chiamare nei programmi viene un po’ più difficile pensare a una donna. E’ meno facile che sia una donna a fare il grande commento di politica. E’ un discorso culturale più generale su cui sicuramente noi possiamo fare qualcosa e magari cogliere l’occasione di questa giornata per pensarci un po’ di più. Devo dire che l’altro tema lo vedo un po’ legato al tema della maternità: cioè, non mi pare che nel mondo della radio ci sia davvero emarginazione o un qualche tipo di mobbing legato al genere. Vedo, però, che quando le donne diventano madri, ci sono meccanismi che diventano più difficili perché a volte le disponibilità sono minori o a volte invece non lo sono e si tende a vedere la donna che è madre come quella che può dare meno disponibilità. Anche questo è un discorso culturale. Io penso sempre ad alcuni Paesi del nord Europa dove non esiste fissare una riunione di lavoro dopo le 18 perché comunque si pensa che tutti abbiano una vita sociale. In Italia e non solo nelle radio si deve essere sempre presenti. Io trovo che sia un punto di forza di qualunque donna, alzarsi a un certo punto da una riunione e dire: io me ne vado perché vado a prendere mio figlio. Questo deve essere vissuto come un elemento positivo, perché credo che lo sia per la società, per noi che lavoriamo e per tutti, anche quelli che la radio la ascoltano.
Hidden Women: questo il nome del progetto nato dalla collaborazione tra la Radio Vaticana e Fondazione Donna finalizzata alla promozione umana e al reinserimento sociale di donne che hanno sofferto nei loro Paesi a causa di tensioni sociali, disordini, guerre, povertà o che hanno subito violenze. Giornaliste della nostra emittente hanno lavorato in questi anni per dare voce a donne del Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Medio Oriente, recandosi sul posto e visitando comunità, organizzazioni locali e progetti. Questa iniziativa, amplificata dalle onde della Radio Vaticana, accanto all'impegno delle diocesi e di varie associazioni locali, ha offerto a queste donne la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e di diventare promotrici di cambiamento per l'intera comunità di appartenenza.
Radio Vaticana - Quest'anno l'evento punta l'attenzione sul ruolo delle donne. In continua evoluzione, la radio resta anche oggi il mezzo che riesce a raggiungere il pubblico più vasto a livello mondiale. Da qui il suo ruolo cruciale nella promozione delle comunità e delle persone favorendo l'accesso all'informazione, la libertà di espressione e le pari opportunità. Alla Radio Vaticana tra l'altro, il numero delle giornaliste supera quello dei giornalisti. Sull'odierna Giornata, Adriana Masotti ha sentito il presidente della Commissione Nazionale Italiana per l’Unesco, prof. Giovanni Puglisi: ascolta
R. - Certamente la radio è uno strumento importante per vivere in collegamento con il resto del mondo. Prescindo dalla letteratura più banale, che la radio ha salvato tante vite umane che correvano il rischio di finire nella solitudine, oppure nella dispersione in contesti tragici. Ma la radio è anche una compagna di molte situazioni. Ricordo ancora una trasmissione, “Si fa sera, ascolta sorella radio”: cioè, in qualche maniera, è uno strumento di solidarietà e di comunicazione, discreta ma assolutamente capillare.
D. - Quest’anno l’Unesco ha pensato di dedicare la Giornata mondiale della radio alle donne, perché?
R. - Perché la donna è quella che generalmente ha la maggiore responsabilità nella conduzione della vita famigliare, nella conduzione delle situazioni più delicate, è quella che spesso sente maggiormente il bisogno di tenersi collegata al mondo per poter dare una ragione alla propria vita, ma anche per potere dare al mondo un segno di delicatezza e di solidarietà. La radio è uno strumento che secondo me aiuta maggiormente la donna a poter essere più presente da un lato, e meno sola dall’altro.
D. - La radio può promuovere anche momenti di incontro, di consapevolezza, sto pensando soprattutto ai Paesi più in difficoltà ma non solo…
R. - La radio, in qualche modo, raggiunge anche le fasce più lontane, con minori necessità di hardware e software. Credo che la radio sia uno strumento molto più semplice e più utilizzabile anche nelle situazioni più complesse.
E' caporedattore a Radio 24 e si occupa da oltre 20 anni di giornalismo radiofonico. Alessandra Scaglioni parla così, al microfono di Adriana Masotti, della radio: ascolta
R. - Noi pensiamo spesso a cosa sia la radio in Italia, in Europa, negli Stati Uniti, ma pensiamo anche a cosa sia la radio nei Paesi dove c’è bisogno di promuovere di più i diritti e dove c’è bisogno di far crescere, in qualche modo, le donne. La radio in questo senso può rappresentare moltissimo perché è un mezzo semplice, un mezzo poco costoso, serve alle relazioni tra le comunità, penso alle radio rurali in Africa. Serve, inoltre, a far crescere la consapevolezza. In Paesi dove la scolarizzazione femminile è bassissima, la radio dà modo alle donne che la ascoltano di crescere e di apprendere. Quindi, in questo senso, la radio può rappresentare molto in tutto il mondo.
D. - Spesso in tv le figure femminili sono scelte in base a fattori esterni, estetici. La radio non ha questo limite, ma anche alla radio si sentono poche voci femminili, qual è la sua esperienza dopo tanti anni di lavoro in Radio 24?
R. - E’ vero che in radio non c’è possibilità di puntare su minigonne e scollature o lustrini, per cui una donna vale per quello che sa, per quello che dice, per il modo che ha di dirlo, per la sua capacità, che poi è una cosa molto femminile, di mettersi in relazione con gli ascoltatori, grazie a una sorta di empatia che, poi, noi spesso abbiamo. Nel mondo della radio ci sono molte voci femminili, che spesso conducono programmi assolutamente dignitosi ma più lievi e di intrattenimento. Ci sono però anche voci femminili, e in questo senso posso citare la mia storia dentro Radio 24, che conducono gli stessi programmi sulle stesse tematiche rispetto alle voci maschili. Noi abbiamo donne che conducono programmi di economia, donne che fanno le inviate, che sono in giro in tutto il mondo anche in zone e luoghi molto pericolosi, donne in posizioni di responsabilità e credo che nel mondo della radio ci sia oggettivamente la possibilità di valorizzare le potenzialità femminili sia dalla parte del microfono che dall’altra, cioè nella parte della gestione. Credo che su questo la radio abbia fatto abbastanza e forse potrà fare ancora qualche passo avanti.
D. – Sì, può fare ancora qualche passo avanti perché pesa ancora un po’ l’idea che su alcuni temi si debba chiamare un uomo. Oppure ci sono anche tante giornaliste che denunciano umiliazioni o comunque emarginazione nel proprio lavoro…
R. – Sì, tutti e due sono temi molto forti. E’ vero che quando si pensa ad un ospite, a una persona di peso da chiamare nei programmi viene un po’ più difficile pensare a una donna. E’ meno facile che sia una donna a fare il grande commento di politica. E’ un discorso culturale più generale su cui sicuramente noi possiamo fare qualcosa e magari cogliere l’occasione di questa giornata per pensarci un po’ di più. Devo dire che l’altro tema lo vedo un po’ legato al tema della maternità: cioè, non mi pare che nel mondo della radio ci sia davvero emarginazione o un qualche tipo di mobbing legato al genere. Vedo, però, che quando le donne diventano madri, ci sono meccanismi che diventano più difficili perché a volte le disponibilità sono minori o a volte invece non lo sono e si tende a vedere la donna che è madre come quella che può dare meno disponibilità. Anche questo è un discorso culturale. Io penso sempre ad alcuni Paesi del nord Europa dove non esiste fissare una riunione di lavoro dopo le 18 perché comunque si pensa che tutti abbiano una vita sociale. In Italia e non solo nelle radio si deve essere sempre presenti. Io trovo che sia un punto di forza di qualunque donna, alzarsi a un certo punto da una riunione e dire: io me ne vado perché vado a prendere mio figlio. Questo deve essere vissuto come un elemento positivo, perché credo che lo sia per la società, per noi che lavoriamo e per tutti, anche quelli che la radio la ascoltano.
Hidden Women: questo il nome del progetto nato dalla collaborazione tra la Radio Vaticana e Fondazione Donna finalizzata alla promozione umana e al reinserimento sociale di donne che hanno sofferto nei loro Paesi a causa di tensioni sociali, disordini, guerre, povertà o che hanno subito violenze. Giornaliste della nostra emittente hanno lavorato in questi anni per dare voce a donne del Mozambico, Repubblica Democratica del Congo, Haiti, Medio Oriente, recandosi sul posto e visitando comunità, organizzazioni locali e progetti. Questa iniziativa, amplificata dalle onde della Radio Vaticana, accanto all'impegno delle diocesi e di varie associazioni locali, ha offerto a queste donne la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e di diventare promotrici di cambiamento per l'intera comunità di appartenenza.
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