giovedì, febbraio 06, 2014
Il capitolo generale ha eletto direttore generale Eduardo Robles Gil. "Molte vittime hanno atteso invano una richiesta di perdono da Maciel, oggi vogliamo farla noi" 

di Giacomo Galeazzi  

Vatican Insider - Fumata bianca alla Legione. Padre Eduardo Robles Gil è stato eletto direttore generale dei Legionari di Cristo, l'ordine religioso commissariato dalla Santa Sede dopo gli scandali sessuali del suo fondatore Maciel. Il capitolo generale straordinario, riunito a Roma sotto la presidenza del delegato pontificio Velasio De Paolis, ha scelto anche gli altri membri del governo centrale della Legione. Nel comunicato ufficiale si evidenzia che, "essendo il Capitolo l'autorità interna più alta che rappresenta tutta la congregazione, abbiamo considerato la necessità di pronunciarci circa gli avvenimenti significativi degli ultimi nove anni". Così viene indicata "la posizione della nostra congregazione rispetto ai comportamenti di padre Marcial Maciel e al suo ruolo di fondatore, in continuità con le disposizioni della Santa Sede e con la precedente dichiarazione di tutti i superiori maggiori della Legione di Cristo".

Quindi "nel ponderare la gravità del male e lo scandalo, ci riconosciamo sotto lo sguardo misericordioso di Dio che con la sua provvidenza continua a guidare i nostri passi". E "unendoci a Cristo speriamo di poter redimere la nostra dolorosa storia e vincere con il bene le conseguenze del male: solo così, possiamo trovare il senso evangelico di ciò che è accaduto e costruire il nostro futuro sulle solide fondamenta della fiducia in Dio, della fedeltà alla Chiesa e della verità".

Sotto questa prospettiva, "abbiamo considerato i comportamenti gravissimi e oggettivamente immorali di padre Maciel che hanno meritato le sanzioni che, a suo tempo, la Congregazione per la Dottrina della Fede giustamente gli ha imposto". Infatti, "il nostro fondatore è morto nel 2008 e supplichiamo per lui la misericordia di Dio".

Allo stesso tempo, "vogliamo esprimere il nostro profondo dolore per l'abuso di seminaristi minorenni, per gli atti immorali con uomini e donne adulti, per l'uso arbitrario della sua autorità e dei beni, per il consumo smisurato di sostanze additive e per l'aver presentato come propri scritti pubblicati da terzi". Dunque "ci risulta incomprensibile l'incoerenza di essersi continuato a presentare per decenni come sacerdote e testimone della fede, mentre occultava questi comportamenti immorali. Tutto questo lo riproviamo con forza".

E "ci dispiace che molte vittime e persone colpite abbiano atteso invano una richiesta di perdono e di riconciliazione da parte di padre Maciel e oggi vogliamo farla noi, esprimendo a tutti loro la nostra solidarietà". Inoltre "noi padri capitolari abbiamo ascoltato il modo in cui i superiori maggiori della congregazione hanno progressivamente saputo questi aspetti nascosti della vita del nostro fondatore, di come abbiano cercato di discernere la risposta che bisognava dare, tenendo in considerazione le conseguenze etiche e morali e di come hanno portato avanti il processo di comunicazione".

Insieme a loro, "riconosciamo oggi con tristezza l'incapacità iniziale di credere alla testimonianza delle persone che erano state vittime di padre Maciel, il lungo silenzio istituzionale e, posteriormente, i tentennamenti e gli errori di giudizio al momento di informare i membri della congregazione e le altre persone. Chiediamo perdono per queste deficienze che hanno aumentato il dolore e lo sconcerto di molti".

A causa di questi fatti e di queste circostanze, "la nostra congregazione avrebbe potuto sparire se non ci avessero accompagnati la misericordia di Dio e la sollecitudine materna della Chiesa". Nel "mea culpa" la Legione riconosce che "una comprensione inadeguata del concetto di fondatore, l'esaltazione eccessiva e la visione acritica della persona del padre Maciel, ci hanno condotti molte volte a dare un peso universale alle sue indicazioni e ad afferrarci troppo ad esse". Per questo, "nella revisione delle attuali costituzioni, uno dei compiti principali è stato quello di separare ciò che realmente esprime il patrimonio carismatico della nostra congregazione da altri elementi accidentali".

Poi "abbiamo assicurato la conformità di tutto il nostro diritto proprio con le norme universali della Chiesa". I tre anni del processo di revisione "assomigliarono a un prolungato esame di coscienza comunitario allo scopo di scoprire e purificare ciò che nel nostro comportamento personale e istituzionale non era proprio della vita religiosa". Dunque "costatiamo alcune tendenze che hanno offuscato la comprensione del nostro carisma, tra le altre, la mancanza di un maggior inserimento nella Chiesa locale e un'insistenza smisurata nel proprio sforzo, l'efficacia umana, il prestigio esterno e il compimento di norme minuziose".

Tutto questo "esige non solamente un cambio dei testi legislativi, bensì una conversione continua della mente e del cuore". In questi anni "siamo anche giunti a una comprensione più adeguata del nostro inserimento nel Movimento Regnum Christi e a valorizzare e rispettare la vocazione e autonomia degli altri membri, in particolare degli uomini e delle donne consacrati". Insieme a loro "abbiamo iniziato una riflessione congiunta sul ruolo di ciascun ramo del Movimento, sul nostro carisma comune e sul modo di portare avanti il nostro apostolato".

I numerosi laici del Regnum Christi sono "una parte bellissima della nostra realtà ecclesiale e vogliamo fomentare ancora di più la comunione con loro e sostenerla attraverso il nostro ministero sacerdotale". Sul piano pratico "il primo aspetto urgente da considerare è la riduzione del debito bancario che è il risultato di svariati fattori: l'espansione troppo rapida delle opere della congregazione, la crisi immobiliare mondiale e la diminuzione drastica delle donazioni". In alcuni paesi il debito ammonta a una somma elevata, ma "resta maneggiabile con le entrate e i beni della congregazione". Occorre però "aggiustare e semplificare la struttura amministrativa al fine di favorire la responsabilità propria dei superiori territoriali, dei superiori locali, di entrambi i rami consacrati del Regnum Christi e dei direttori delle opere di apostolato”.


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