Nel Messaggio per la Quaresima, che prende spunto dalle parole della II lettera ai Corinzi “Si è fatto povero per arricchirci con la sua povertà (cfr 2 Cor 8,9)”, papa Francesco ci offre un’opportunità davvero preziosa per riflettere sul senso e sull’attualità della povertà.
di Monica Cardarelli
La Quaresima è un tempo di conversione e questo cammino lungo quaranta giorni può essere proficuo se accompagnato da momenti di preghiera, digiuno e penitenza. Non si tratta però di una serie di pratiche religiose da vivere esteriormente, quanto piuttosto di un atteggiamento di vita, di un cambiamento di stile che può essere stimolato da alcune riflessioni come ad esempio quella proposta da Papa Francesco sulla povertà.
“Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?” ci domanda il pontefice, guidandoci così in un percorso interiore sul senso vero e profondo di tutto questo. La risposta che offre papa Francesco è che anzitutto ci viene offerto uno stile di vita, quello di Gesù che da ricco che era si è fatto povero, che si è manifestato non nella potenza ma nella debolezza, che si è fatto piccolo per essere come noi. È il grande mistero dell’incarnazione che non offre risposte razionali se non quelle dell’amore di un Dio che si è fatto uomo per salvarci e per stare con noi, per il suo desiderio di prossimità.
Farsi povero allora diventa per Cristo il modo per mostrarci qual è il suo stile di vita, per dimostrarci il suo amore per noi e per farci ricchi. Su questa espressione dell’apostolo Paolo si sofferma anche papa Francesco: “Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «...perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo!”
E poco più avanti prosegue: “La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria.”
Tornano alla mente le parole di Francesco delle Lodi a Dio Altissimo “Tu sei tutta la nostra ricchezza” e capiamo con lui che la povertà di Cristo se vissuta come distacco dalle cose non solo arricchisce, ma rende liberi da condizionamenti e vincoli.
“Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero.”
Madonna povertà, la santissima povertà, tanti gli appellativi dati da Francesco e Chiara alla povertà che per loro aveva senso perché la sequela di Cristo lo richiede. Seguire poveri Cristo povero, questo era vivere il Vangelo per loro. Non dobbiamo però cadere nell’inganno di pensare che tutto ciò sia stato e sia valido solo per i santi: tutti siamo chiamati a vivere la povertà qui ed ora, perché si tratta di uno stile di vita, lo stile evangelico che Cristo prima di tutti ci ha insegnato.
“In ogni epoca e in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.”
Francesco e Chiara combattevano contro la povertà imposta cercando per quanto nelle loro possibilità di ristabilire la giustizia: la scelta ad esempio di vendere la loro eredità e darne il ricavato ai poveri era stata fatta proprio con questo intento, così come ad esempio, la scelta di Chiara di lavorare e distribuire il ricavato dei manufatti ai poveri, senza trattenerlo per se e per la loro sussistenza, affidarsi invece alla Provvidenza, mandando per le elemosine. Come sottolinea anche papa Francesco: “Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.”
Papa Francesco distingue poi tra miseria e povertà, ricordando che la miseria è “la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale.” È indispensabile però ricordare come i poveri rappresentino per noi il volto di Cristo e “amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria.” In queste pieghe delle miserie anche Francesco trovò una fessura per avvicinarsi ai fratelli più poveri e bisognosi, agli ultimi: i lebbrosi. Si avvicinò a loro con un gesto concreto, di accoglienza e condivisione, con un abbraccio. Poi, si prese cura concretamente di loro, dei loro corpi, delle esigenze concrete.
“Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna.” ricorda papa Francesco. Se l’antidoto contro la miseria spirituale è il Vangelo, papa Francesco precisa anche il modo di evangelizzare, con gioia. “Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana.”
di Monica Cardarelli
La Quaresima è un tempo di conversione e questo cammino lungo quaranta giorni può essere proficuo se accompagnato da momenti di preghiera, digiuno e penitenza. Non si tratta però di una serie di pratiche religiose da vivere esteriormente, quanto piuttosto di un atteggiamento di vita, di un cambiamento di stile che può essere stimolato da alcune riflessioni come ad esempio quella proposta da Papa Francesco sulla povertà.
“Che cosa dice oggi a noi l’invito alla povertà, a una vita povera in senso evangelico?” ci domanda il pontefice, guidandoci così in un percorso interiore sul senso vero e profondo di tutto questo. La risposta che offre papa Francesco è che anzitutto ci viene offerto uno stile di vita, quello di Gesù che da ricco che era si è fatto povero, che si è manifestato non nella potenza ma nella debolezza, che si è fatto piccolo per essere come noi. È il grande mistero dell’incarnazione che non offre risposte razionali se non quelle dell’amore di un Dio che si è fatto uomo per salvarci e per stare con noi, per il suo desiderio di prossimità.
Farsi povero allora diventa per Cristo il modo per mostrarci qual è il suo stile di vita, per dimostrarci il suo amore per noi e per farci ricchi. Su questa espressione dell’apostolo Paolo si sofferma anche papa Francesco: “Lo scopo del farsi povero di Gesù non è la povertà in se stessa, ma – dice san Paolo – «...perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà». Non si tratta di un gioco di parole, di un’espressione ad effetto! E’ invece una sintesi della logica di Dio, la logica dell’amore, la logica dell’Incarnazione e della Croce. Dio non ha fatto cadere su di noi la salvezza dall’alto, come l’elemosina di chi dà parte del proprio superfluo con pietismo filantropico. Non è questo l’amore di Cristo!”
E poco più avanti prosegue: “La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria.”
Tornano alla mente le parole di Francesco delle Lodi a Dio Altissimo “Tu sei tutta la nostra ricchezza” e capiamo con lui che la povertà di Cristo se vissuta come distacco dalle cose non solo arricchisce, ma rende liberi da condizionamenti e vincoli.
“Ciò che ci dà vera libertà, vera salvezza e vera felicità è il suo amore di compassione, di tenerezza e di condivisione. La povertà di Cristo che ci arricchisce è il suo farsi carne, il suo prendere su di sé le nostre debolezze, i nostri peccati, comunicandoci la misericordia infinita di Dio. La povertà di Cristo è la più grande ricchezza: Gesù è ricco della sua sconfinata fiducia in Dio Padre, dell’affidarsi a Lui in ogni momento, cercando sempre e solo la sua volontà e la sua gloria. È ricco come lo è un bambino che si sente amato e ama i suoi genitori e non dubita un istante del loro amore e della loro tenerezza. La ricchezza di Gesù è il suo essere il Figlio, la sua relazione unica con il Padre è la prerogativa sovrana di questo Messia povero.”
Madonna povertà, la santissima povertà, tanti gli appellativi dati da Francesco e Chiara alla povertà che per loro aveva senso perché la sequela di Cristo lo richiede. Seguire poveri Cristo povero, questo era vivere il Vangelo per loro. Non dobbiamo però cadere nell’inganno di pensare che tutto ciò sia stato e sia valido solo per i santi: tutti siamo chiamati a vivere la povertà qui ed ora, perché si tratta di uno stile di vita, lo stile evangelico che Cristo prima di tutti ci ha insegnato.
“In ogni epoca e in ogni luogo, Dio continua a salvare gli uomini e il mondo mediante la povertà di Cristo, il quale si fa povero nei Sacramenti, nella Parola e nella sua Chiesa, che è un popolo di poveri. La ricchezza di Dio non può passare attraverso la nostra ricchezza, ma sempre e soltanto attraverso la nostra povertà, personale e comunitaria, animata dallo Spirito di Cristo.”
Francesco e Chiara combattevano contro la povertà imposta cercando per quanto nelle loro possibilità di ristabilire la giustizia: la scelta ad esempio di vendere la loro eredità e darne il ricavato ai poveri era stata fatta proprio con questo intento, così come ad esempio, la scelta di Chiara di lavorare e distribuire il ricavato dei manufatti ai poveri, senza trattenerlo per se e per la loro sussistenza, affidarsi invece alla Provvidenza, mandando per le elemosine. Come sottolinea anche papa Francesco: “Quando il potere, il lusso e il denaro diventano idoli, si antepongono questi all’esigenza di una equa distribuzione delle ricchezze. Pertanto, è necessario che le coscienze si convertano alla giustizia, all’uguaglianza, alla sobrietà e alla condivisione.”
Papa Francesco distingue poi tra miseria e povertà, ricordando che la miseria è “la povertà senza fiducia, senza solidarietà, senza speranza. Possiamo distinguere tre tipi di miseria: la miseria materiale, la miseria morale e la miseria spirituale.” È indispensabile però ricordare come i poveri rappresentino per noi il volto di Cristo e “amando e aiutando i poveri amiamo e serviamo Cristo. Il nostro impegno si orienta anche a fare in modo che cessino nel mondo le violazioni della dignità umana, le discriminazioni e i soprusi, che, in tanti casi, sono all’origine della miseria.” In queste pieghe delle miserie anche Francesco trovò una fessura per avvicinarsi ai fratelli più poveri e bisognosi, agli ultimi: i lebbrosi. Si avvicinò a loro con un gesto concreto, di accoglienza e condivisione, con un abbraccio. Poi, si prese cura concretamente di loro, dei loro corpi, delle esigenze concrete.
“Il Vangelo è il vero antidoto contro la miseria spirituale: il cristiano è chiamato a portare in ogni ambiente l’annuncio liberante che esiste il perdono del male commesso, che Dio è più grande del nostro peccato e ci ama gratuitamente, sempre, e che siamo fatti per la comunione e per la vita eterna.” ricorda papa Francesco. Se l’antidoto contro la miseria spirituale è il Vangelo, papa Francesco precisa anche il modo di evangelizzare, con gioia. “Il Signore ci invita ad essere annunciatori gioiosi di questo messaggio di misericordia e di speranza! È bello sperimentare la gioia di diffondere questa buona notizia, di condividere il tesoro a noi affidato, per consolare i cuori affranti e dare speranza a tanti fratelli e sorelle avvolti dal buio. Si tratta di seguire e imitare Gesù, che è andato verso i poveri e i peccatori come il pastore verso la pecora perduta, e ci è andato pieno d’amore. Uniti a Lui possiamo aprire con coraggio nuove strade di evangelizzazione e promozione umana.”
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.