La diplomazia al lavoro nel tentativo di disinnescare la crisi in Ucraina.
Radio Vaticana - A Londra oggi l’incontro tra il segretario di Stato americano Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov. Le autorità britanniche parlano di colloqui difficili e intensi, che avvengono a due giorni dal referendum sull’indipendenza della Crimea dove permane la tensione. Intanto, mentre l’Occidente ipotizza sanzioni contro Mosca, la situazione ucraina sta avendo conseguenze negative sui mercati finanziari, con il crollo delle principali Borse, in particolare quella di Mosca. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes: ascolta
R. – Questo era inevitabile che si verificasse, perché viviamo ormai in un mondo globalizzato e gli interessi del mondo occidentale in Russia, così come quelli russi ne mondo occidentale, ormai sono abbastanza ben ramificati da diversi anni. Magari l’interscambio è molto più forte con quello europeo, ma c’è anche con il sistema americano. Il problema, quindi, è che si possano infliggere delle sanzioni – per ora minacciate, poi via via sempre più approfondite. C’è una specie di guerra a bassa intensità che certamente può avere conseguenze economiche più gravi per la Russia che già da qualche tempo – non solo in coincidenza con la crisi ucraina – aveva risentito di una situazione finanziaria non dico traballante, ma molto incerta.
D. – Ci potrebbero essere conseguenze negative anche sul fronte del gas, un capitolo delicato per tutta l'Europa?
R. – Però, c’è una differenza sostanziale tra i Paesi europei del Nord e quelli del Sud, perché i Paesi del Nord hanno dei gasdotti che passano fuori dall’Ucraina, proprio per una volontà precisa di Mosca di bypassarla in direzione dei clienti più importanti, come la Germania. E non solo per il gas, ma anche per il petrolio: la Germania è il primo importatore di petrolio russo. Il problema è, invece, per quelli del sud-mediterraneo. E siamo noi, alla fine, tra i Paesi del Sud che prendiamo la quota più rilevante del gas che passa attraverso l’Ucraina: ne importiamo 25 miliardi di metri cubi. E non pensiamo che ora, perché sta avvicinandosi la primavera, il discorso si renda più lieve, perché in estate se ne consuma quasi quanto in inverno, in quanto quello che non si consuma in riscaldamento si consuma per i refrigeratori. Quindi, bisogna essere molto attenti. Abbiamo anche pochissimo gas che viene dal Mediterraneo: tutte le nostre forniture tradizionali si sono illanguidite. C’è la situazione libica, e anche l’Algeria che in questo momento produce meno di quello che avrebbe dovuto perché non ha avuto investimenti sufficienti per mettere in produzione nuovi giacimenti. Insomma, diciamo che la situazione è un po’ critica. Quindi, speriamo che questa cosa si risolva. Però, l’Italia in questo ambito deve cercare di svolgere una parte importante, insomma, che sia di pressione ma anche di mediazione, per evitare uno scenario di questo tipo.
D. – Quante sono le possibilità che qualcuno interrompa il flusso di gas verso l’Occidente?
R. – Parecchie. Qui si sta facendo un gioco al rialzo; magari, molto è tattico ma non sappiamo quanto poi ad un certo punto possa diventare vero. La Russia potrebbe chiudere i rubinetti ai Paesi occidentali, come conseguenza delle sanzioni, ovvero potrebbe essere l’Ucraina che chiude i rubinetti per fare un ricatto forte alla Russia. Oppure la Russia che ha timore di far passare il gas per l’Europa, visto che bloccherebbe quello dell’Ucraina attraverso il territorio dell’Ucraina stessa. Però, siccome l’uscita di questi tubi è proprio in zone occidentali molto russofone, questo può impedirne il transito.
D. – Cosa dire del referendum di domenica?
R. – Dovrebbe essere un referendum ad alta frequenza, insomma, perché la maggioranza della popolazione è su questa lunghezza d’onda. Però, teniamo conto che ci sono anche dei gruppi come appunto i tatari, che sono assolutamente contrari; ci sono delle perplessità. Certamente sarebbe vinto, ma è un processo che viene completamente negato, in questi termini, dal governo centrale ucraino. Quindi, quale sostenibilità può avere questa cosa? Anche per la stessa Russia lascia il discorso della base di Sebastopoli comunque in un limbo pericoloso. Forse la proposta che può venire da Kiev di farne invece una cosa autorizzata, sebbene in termini più blandi, potrebbe essere più sicura perché anche sul fronte terrorismo ci sono già minacce da parte di frange legate ai movimenti islamisti del Caucaso di entrare in un conflitto a bassa intensità. Quindi è molto pericoloso e non so quanto convenga entrare in questo tunnel.
Radio Vaticana - A Londra oggi l’incontro tra il segretario di Stato americano Kerry e il ministro degli Esteri russo Lavrov. Le autorità britanniche parlano di colloqui difficili e intensi, che avvengono a due giorni dal referendum sull’indipendenza della Crimea dove permane la tensione. Intanto, mentre l’Occidente ipotizza sanzioni contro Mosca, la situazione ucraina sta avendo conseguenze negative sui mercati finanziari, con il crollo delle principali Borse, in particolare quella di Mosca. Eugenio Bonanata ne ha parlato con Margherita Paolini, coordinatrice scientifica di Limes: ascolta
R. – Questo era inevitabile che si verificasse, perché viviamo ormai in un mondo globalizzato e gli interessi del mondo occidentale in Russia, così come quelli russi ne mondo occidentale, ormai sono abbastanza ben ramificati da diversi anni. Magari l’interscambio è molto più forte con quello europeo, ma c’è anche con il sistema americano. Il problema, quindi, è che si possano infliggere delle sanzioni – per ora minacciate, poi via via sempre più approfondite. C’è una specie di guerra a bassa intensità che certamente può avere conseguenze economiche più gravi per la Russia che già da qualche tempo – non solo in coincidenza con la crisi ucraina – aveva risentito di una situazione finanziaria non dico traballante, ma molto incerta.
D. – Ci potrebbero essere conseguenze negative anche sul fronte del gas, un capitolo delicato per tutta l'Europa?
R. – Però, c’è una differenza sostanziale tra i Paesi europei del Nord e quelli del Sud, perché i Paesi del Nord hanno dei gasdotti che passano fuori dall’Ucraina, proprio per una volontà precisa di Mosca di bypassarla in direzione dei clienti più importanti, come la Germania. E non solo per il gas, ma anche per il petrolio: la Germania è il primo importatore di petrolio russo. Il problema è, invece, per quelli del sud-mediterraneo. E siamo noi, alla fine, tra i Paesi del Sud che prendiamo la quota più rilevante del gas che passa attraverso l’Ucraina: ne importiamo 25 miliardi di metri cubi. E non pensiamo che ora, perché sta avvicinandosi la primavera, il discorso si renda più lieve, perché in estate se ne consuma quasi quanto in inverno, in quanto quello che non si consuma in riscaldamento si consuma per i refrigeratori. Quindi, bisogna essere molto attenti. Abbiamo anche pochissimo gas che viene dal Mediterraneo: tutte le nostre forniture tradizionali si sono illanguidite. C’è la situazione libica, e anche l’Algeria che in questo momento produce meno di quello che avrebbe dovuto perché non ha avuto investimenti sufficienti per mettere in produzione nuovi giacimenti. Insomma, diciamo che la situazione è un po’ critica. Quindi, speriamo che questa cosa si risolva. Però, l’Italia in questo ambito deve cercare di svolgere una parte importante, insomma, che sia di pressione ma anche di mediazione, per evitare uno scenario di questo tipo.
D. – Quante sono le possibilità che qualcuno interrompa il flusso di gas verso l’Occidente?
R. – Parecchie. Qui si sta facendo un gioco al rialzo; magari, molto è tattico ma non sappiamo quanto poi ad un certo punto possa diventare vero. La Russia potrebbe chiudere i rubinetti ai Paesi occidentali, come conseguenza delle sanzioni, ovvero potrebbe essere l’Ucraina che chiude i rubinetti per fare un ricatto forte alla Russia. Oppure la Russia che ha timore di far passare il gas per l’Europa, visto che bloccherebbe quello dell’Ucraina attraverso il territorio dell’Ucraina stessa. Però, siccome l’uscita di questi tubi è proprio in zone occidentali molto russofone, questo può impedirne il transito.
D. – Cosa dire del referendum di domenica?
R. – Dovrebbe essere un referendum ad alta frequenza, insomma, perché la maggioranza della popolazione è su questa lunghezza d’onda. Però, teniamo conto che ci sono anche dei gruppi come appunto i tatari, che sono assolutamente contrari; ci sono delle perplessità. Certamente sarebbe vinto, ma è un processo che viene completamente negato, in questi termini, dal governo centrale ucraino. Quindi, quale sostenibilità può avere questa cosa? Anche per la stessa Russia lascia il discorso della base di Sebastopoli comunque in un limbo pericoloso. Forse la proposta che può venire da Kiev di farne invece una cosa autorizzata, sebbene in termini più blandi, potrebbe essere più sicura perché anche sul fronte terrorismo ci sono già minacce da parte di frange legate ai movimenti islamisti del Caucaso di entrare in un conflitto a bassa intensità. Quindi è molto pericoloso e non so quanto convenga entrare in questo tunnel.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.