giovedì, marzo 27, 2014
Con questo titolo Papa Francesco introduce nel suo Messaggio per la Pace un tema estremamente delicato ed urgente: il rapporto dell’uomo con la natura. Ma in che modo la fraternità può aiutare a custodire e coltivare la natura? 

 di Monica Cardarelli

Custodire e coltivare, due verbi molto cari a Papa Francesco e a cui ci ha abituato a riflettere. Due parole che esprimono l’idea di “prendersi cura”, di “accudire” per far crescere, progredire senza costringere, un atteggiamento che potrebbe estendersi alle relazioni tra tutte le creature, anche tra gli uomini. “La famiglia umana ha ricevuto dal Creatore un dono in comune: la natura. La visione cristiana della creazione comporta un giudizio positivo sulla liceità degli interventi sulla natura per trarne beneficio, a patto di agire responsabilmente, cioè riconoscendone quella “grammatica” che è in essa inscritta ed usando saggiamente le risorse a vantaggio di tutti, rispettando la bellezza, la finalità e l’utilità dei singoli esseri viventi e la loro funzione nell’ecosistema.” Scrive Papa Francesco.

La natura come “dono in comune” che dobbiamo solo “amministrare” rispettando la sua “grammatica”, ma anche la sua bellezza e l’utilità di tutte le forme di vita presenti e la loro funzione nell’ecosistema. Punto principale di questa premessa è che, essendo un dono, dovrà essere restituito e soprattutto, essendo un dono comune, va consegnato alle generazioni future.

La natura come risorsa per tutti gli uomini, dono comune, bene comune: ogni beneficio e vantaggio deve essere per tutti e le risorse devono essere “saggiamente” usate per tutti. È questo un punto fondamentale che apre alla condivisione, all’universale destinazione dei beni richiamata dalla Dottrina Sociale della Chiesa.

“Insomma, la natura è a nostra disposizione, e noi siamo chiamati ad amministrarla responsabilmente. Invece, siamo spesso guidati dall’avidità, dalla superbia del dominare, del possedere, del manipolare, dello sfruttare; non custodiamo la natura, non la rispettiamo, non la consideriamo come un dono gratuito di cui avere cura e da mettere a servizio dei fratelli, comprese le generazioni future.”

Così si apre un ulteriore problema: quanto un utilizzo irresponsabile delle risorse naturali contribuisca ad aumentare il divario tra ricchi e poveri, creando ancor di più situazioni di ingiustizia. Papa Francesco risponde così: “In particolare, il settore agricolo è il settore produttivo primario con la vitale vocazione di coltivare e custodire le risorse naturali per nutrire l’umanità. A tale riguardo, la persistente vergogna della fame nel mondo mi incita a condividere con voi la domanda: in che modo usiamo le risorse della terra? Le società odierne devono riflettere sulla gerarchia delle priorità a cui si destina la produzione. Difatti, è un dovere cogente che si utilizzino le risorse della terra in modo che tutti siano liberi dalla fame. Le iniziative e le soluzioni possibili sono tante e non si limitano all’aumento della produzione. E’ risaputo che quella attuale è sufficiente, eppure ci sono milioni di persone che soffrono e muoiono di fame e ciò costituisce un vero scandalo. È necessario allora trovare i modi affinché tutti possano beneficiare dei frutti della terra, non soltanto per evitare che si allarghi il divario tra chi più ha e chi deve accontentarsi delle briciole, ma anche e soprattutto per un’esigenza di giustizia e di equità e di rispetto verso ogni essere umano. In tal senso, vorrei richiamare a tutti quella necessaria destinazione universale dei beni che è uno dei principi-cardine della dottrina sociale della Chiesa. Rispettare tale principio è la condizione essenziale per consentire un fattivo ed equo accesso a quei beni essenziali e primari di cui ogni uomo ha bisogno e diritto.”

È questione di giustizia, far sì che tutti possano accedere ai beni primari ed essenziali “di cui ogni uomo ha bisogno”.

La stessa giustizia che Francesco e Chiara hanno cercato di ristabilire con le loro scelte concrete di condivisione dei beni con i poveri, con chi non aveva accesso a quei beni primari. Quest’anno ricorre il 35mo anniversario della proclamazione di San Francesco a patrono dell’ecologia da parte di Giovanni Paolo II. Per l’occasione, la Commissione Interfrancescana di Giustizia e Pace e Integrità del Creato Romans VI, ha predisposto una documentazione di riflessione e di preghiera per “comprendere più a fondo cosa significhi chiamare Francesco patrono dell’ecologia ma, ancor di più, insieme vogliamo esplorare la responsabilità che abbiamo ereditato da Francesco, in quanto suoi seguaci, quella cioè di prenderci cura del Creato come suoi amministratori. Ci è grato poi proporvi alcuni esempi di Francescani che tentano di vivere le implicazioni di questo evento nel contesto del mondo contemporaneo.”

La riflessione viene proposta nel sito http://francis35.org, in cui è possibile reperire materiale per la celebrazione eucaristica, le preghiere dei fedeli, la preghiera della Croce Maya, la celebrazione ecumenica nonché le norme per una celebrazione interreligiosa. La Bolla Papale di Giovanni Paolo II che dichiara san Francesco Patrono dell’Ecologia e un’interessante riflessione sull’ecologia nella spiritualità francescana completano il materiale proposto.

Interessanti i riferimenti ad alcune iniziative ecologiche francescane come ad esempio la partecipazione alla Conferenza delle Nazioni Unite Rio + 20 del giugno 2012 di sessanta francescani, rappresentanti tutte le componenti della Famiglia o le iniziative per il “Diritto all’acqua” realizzate da Franciscans International, impegnata nell’affrontare il tema del diritto all’acqua per tutti e in particolar modo per coloro che sono emarginati: sul tema sono stati inoltre organizzati una serie di laboratori che si sono tenuti a Ginevra e a Nairobi, cui è seguito, nel Novembre 2013, un laboratorio con un corso avanzato a Vanderbijlk in Sud Africa.

Numerose altre attività che vedono coinvolta tutta la famiglia francescana, dalla Gi.Fra. all’OFS, frati e suore e in tutte le parti del mondo: Bosnia, Croazia, Africa, Indonesia, USA e Americhe per le quali si rimanda al sito.

Ma perché Francesco patrono dell’ecologia? si chiedono nella presentazione. “In primo luogo possiamo indicare l’amore appassionato e sensoriale di Francesco per tutta la Creazione, vista come opera di Dio. Il suo profondo apprezzamento per la bellezza e la bontà del Creato lo riempiva di un amore e di una gratitudine ancora più profondi per Dio, sorgente di tale abbondante benedizione e pienezza. In secondo luogo, Francesco ha fatto esperienza della presenza di Dio nel Creato. Francesco ha intuito che il “naturale” indica e partecipa al “sovrannaturale”. Egli ha percepito che il Dio che è divenuto carne in Gesù Cristo è ancora, e lo sarà sempre, incarnato nel mondo.”

Un ulteriore elemento che viene qui evidenziato e che ci riconduce al titolo di questa riflessione, è la fraternità, il considerare tutte le creature viventi come fratelli e sorelle. Colpisce infatti che nel Cantico delle Creature Francesco si rivolga a tutti gli elementi naturali chiamandole così, “rivelando quanto profonda sia la connessione che Francesco percepisce con il mondo creato. Il Cantico è una celebrazione dell’amore di Dio in tutto il Creato, che è, a sua volta, riflesso nelle lodi del Creato.” E ancora, “Il cantico non loda Dio per il Creato. Francesco non sta a fianco alla natura per ringraziare Dio per la natura. Piuttosto egli è inserito nella comunità delle creature e, in quanto parte di questa comunità, loda Dio quale sorgente di vita , di tutti i tipi di vita, e del Creato intero. La lode di Dio da parte delle creature consiste nel loro essere ciò che esse sono, nel divenire ciò per cui esse sono state create. Questo è ciò che differenzia la spiritualità di Francesco dalla preoccupazione per l’ambiente che si confronta soltanto con il futuro dell’umanità. Per Francesco la protezione dell’ambiente nasce da un profondo rispetto per e dalla coscienza di una solidarietà intima ed interiore con tutto ciò che Dio ha creato. Francesco era a conoscenza dell’unità dell’intero cosmo.”

Non solo amore per il creato e fraternità ma anche giustizia perché “Francesco ha tracciato la via per un’azione contemplativa. Il suo modo devoto di condividere le pene degli emarginati, quali ad esempio i lebbrosi, lo spingeva ad agire con compassione. Egli pertanto mediava e incarnava l’amore permanente di Dio verso il sempre presente Cristo risorto, ancora “nascosto” nei disprezzati e nei reietti.”

Una fraternità che può veramente custodire e coltivare il creato. “La visione e la vita di Francesco continuano a testimoniare una saggezza ecologica perenne, e cioè che gli esseri umani, individualmente e collettivamente, possono vivere una vita buona in relazione fraterna con gli altri esseri umani e con la terra. Se intesa in modo corretto, la sua testimonianza spirituale ed ecologica può unire tutti gli uomini e le donne di buona volontà perché insieme partecipino ad uno sforzo più vasto teso a creare una società (e a rispondere quindi al “grido dei poveri”) ed un’ecosfera (e a rispondere quindi al “grido della terra”) più sostenibili.”

E accanto a Francesco, come considerava il creato e la fraternità Chiara d’Assisi? “Lo sguardo di Chiara sul creato non è dall’alto in basso, ma da “sorella”. E’ uno sguardo di stima, simpatia, solidarietà, uno sguardo che suppone un modo di relazionarsi che rispetta e promuove. Chiara invita le sorelle a guardare ciò che vive loro attorno: vedano, cioè si riconoscano in una relazione con gli alberi, gli uomini e le altre creature che è vitale – c’è un reciproco dare e ricevere le condizioni e i mezzi per sostenersi nell’esistenza, tutti insieme partecipi del dono della vita – e perciò deve essere autentica – ogni creatura va considerata e accolta nella sua unicità. Nessuna appropriazione, dunque, ma la gioiosa celebrazione della vita che garantisce l’integrità di ciascun vivente nei suoi propri ritmi stagionali fatti di fiori, foglie, frutti, nei mesi, negli anni... Né forzature né violenze sulla natura nei suoi cicli vitali; occorre fare attenzione, vedere, ascoltare imparando a sintonizzare il respiro e il battito del cuore per custodire, insieme, l’armonia della comunità universale.”

Una relazione sana e corretta tra creature quella che Chiara indica nella lode. Non solo, anche il suo “rapporto con la terra appare in termini che oggi qualificheremmo ‘sostenibili’. Nel Testamento ella raccomanda che le sorelle non acquistino o non accettino terreno «se non in quella quantità che esigesse l’estrema necessità di un orto per coltivarvi degli erbaggi». La terra è la sorella e madre che ci sostenta et governa; perciò non va sfruttata per fini diversi determinati dall’egoismo e dall’egocentrismo umano. E così Chiara prevede che, se la quantità del terreno che tutela l’isolamento necessario del monastero è superiore a quella necessaria come orto, la parte eccedente sia lasciata incolta. Non la ricerca della massima utilità economica, dunque, ma la libera convivenza di creature chiamate, ciascuna secondo la propria specie, a lodare l’unico Creatore.”


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