Perché sono santi? Intorno a questo interrogativo si è svolto oggi in Sala stampa vaticana il primo dei numerosi briefing che ci accompagneranno fino a domenica prossima, giorno della Canonizzazione dei Beati Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II.
Radio Vaticana - “E’ una strada fatta di tappe", ha spiegato il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, presentando gli approfondimenti quotidiani che saranno seguiti in settimana anche in lingua inglese e spagnola. Ospiti di oggi i postulatori delle Cause di canonizzazione dei due Beati: padre Giovangiuseppe Califano dei Frati Minori, per Papa Roncalli, e il presbitero polacco, mons. Slawomir Oder per Papa Woityla. Il servizio di Gabriella Ceraso:
La santità di due figure spirituali di grande rilievo: questo l’inizio e il cuore del cammino che porterà i credenti fino alla giornata di domenica. Santità di cui migliaia di fedeli nel mondo sentirono il profumo, per quanto riguarda Papa Roncalli, sin dalla sua morte, il 3 giugno 1963. Così, presentando il Beato Giovanni XXIII, dice il postulatore della sua Causa di canonizzazione, padre Giovan Giuseppe Califano. La santità di Roncalli era un proposito da lui coltivato in ogni stagione della vita, da sacerdote, da vescovo e da Papa, e sempre rinnovato attraverso quattro risoluzioni:
“Già da giovane seminarista, a 15 anni, scriveva: ‘Io rinnovo il proponimento di volermi fare santo davvero, e lo farò attraverso quattro risoluzioni che propongo di praticare: spirito di unione con Gesù, raccoglimento nel suo cuore, recita del Rosario, essere sempre in tutte le mie azioni presente a me stesso”.
Una santità, afferma padre Califano, caratterizzata da profonda umiltà e dall’abbandono alla provvidenza. Una santità semplice e coinvolgente, leggibile e mite. “Dio è tutto, io sono nulla: questo mi basta”: questo diceva Roncalli a fine giornata. Una gigantesca figura di Santo che padre Califano sintetizza attraverso due binomi. Il primo: pastore e padre, di una paternità, spiega, che commosse il mondo, fatta di letizia e cordialità, qualità che confluirono nella definizione di “Papa buono”:
“Aprì alla Chiesa nuovi orizzonti con l’indizione del Sinodo per la diocesi di Roma e il Concilio ecumenico. Fu capace di comunicare, prediligendo forme semplici e immediate, con immagini tratte dalla vita quotidiana, riuscendo ad entrare subito nel cuore delle persone”.
Ma l’espressione “Papa buono”, aggiunge padre Califano, è da intendersi come disse il successore di Roncalli, Papa Paolo VI:
“Non era un generico buonismo di facile applicazione, ma era sinonimo di amore, di genio pastorale, di comprensione, di perdono, di conforto. In pratica, come appare Gesù nel Vangelo”.
Altro binomio per sintetizzare la figura di Papa Roncalli è “obbedienza e pace”, motto episcopale ma anche sintesi di vita e di servizio alla Chiesa:
“Lasciare la propria terra, confrontarsi con mondi a lui sconosciuti anche in luoghi dove la presenza dei cattolici era scarsissima. E questa obbedienza gli consentì di abbandonarsi con fiducia alla Divina Provvidenza, per distaccarsi da se stesso e aderire completamente a Cristo. Qui sta la vera sorgente della bontà di Papa Giovanni, della pace che ha diffuso nel mondo. Qui si trova la radice della sua santità: nella obbedienza evangelica alla voce del suo Signore”.
Ricostruendo la prima intuizione della santità di Giovanni Paolo II, invece, mons. Slawomir Oder cita i compagni universitari che scrissero sulla stanza di Karol: “Futuro Santo”, colpiti dalla sua attitudine alla preghiera e alla riflessione sul valore della vita, legate – spiega mons. Oder – probabilmente a un’infanzia di sofferenza per la perdita, in poco tempo, di tutta la famiglia:
“Forse, proprio questo suo impegno di dare il peso qualitativo alla vita con un impegno di carità era il fatto che la gente percepiva come i tratti di santità nella sua vita”.
Tre le figure spirituali importanti, spiega mons. Oder, che forgiarono in Giovanni Paolo II una fede mariana e adulta: suo padre, il semplice sarto di Cracovia chiamato “l’apostolo”, e l’allora arcivescovo della città che lo accolse in seminario. A loro si deve la fede, semplice e popolare, tratto comune tra le due figure di Pontefici, domenica santi; la profondità mistica e il coraggio di affrontare la avversità con tenacia, leggendo sempre nella storia la presenza di Dio. Mons. Oder:
“Aveva bisogno della gente, della Chiesa vivente, semplice per sentire la loro fede e nutrirsi di questa fede. E la profondità mistica, invece, di Giovanni Paolo II lo spingeva a vivere il mistero di Dio in prima persona. E questo è il cuore di santità di Giovanni Paolo II. Se noi dovessimo cercare veramente la parola che caratterizzi un “santo”, è quello: “uomo di Dio”. Era un uomo che ha saputo trovare in Dio la fonte della vita. La preghiera per lui era il respiro, l’acqua, il pane quotidiano”.
Compito del Papa, come compito della Chiesa – ripeteva Giovanni Paolo II – è evangelizzare e portare tutti alla santità. Se in giovinezza Giovanni Paolo II aveva appreso il messaggio della Divina Misericordia – chiarisce mons. Oder – importante per lui fu il dovere di pagare il debito d’amore ricevuto. Questa è la chiave per capire tutta la sua vita.
La santità di due figure spirituali di grande rilievo: questo l’inizio e il cuore del cammino che porterà i credenti fino alla giornata di domenica. Santità di cui migliaia di fedeli nel mondo sentirono il profumo, per quanto riguarda Papa Roncalli, sin dalla sua morte, il 3 giugno 1963. Così, presentando il Beato Giovanni XXIII, dice il postulatore della sua Causa di canonizzazione, padre Giovan Giuseppe Califano. La santità di Roncalli era un proposito da lui coltivato in ogni stagione della vita, da sacerdote, da vescovo e da Papa, e sempre rinnovato attraverso quattro risoluzioni:
“Già da giovane seminarista, a 15 anni, scriveva: ‘Io rinnovo il proponimento di volermi fare santo davvero, e lo farò attraverso quattro risoluzioni che propongo di praticare: spirito di unione con Gesù, raccoglimento nel suo cuore, recita del Rosario, essere sempre in tutte le mie azioni presente a me stesso”.
Una santità, afferma padre Califano, caratterizzata da profonda umiltà e dall’abbandono alla provvidenza. Una santità semplice e coinvolgente, leggibile e mite. “Dio è tutto, io sono nulla: questo mi basta”: questo diceva Roncalli a fine giornata. Una gigantesca figura di Santo che padre Califano sintetizza attraverso due binomi. Il primo: pastore e padre, di una paternità, spiega, che commosse il mondo, fatta di letizia e cordialità, qualità che confluirono nella definizione di “Papa buono”:
“Aprì alla Chiesa nuovi orizzonti con l’indizione del Sinodo per la diocesi di Roma e il Concilio ecumenico. Fu capace di comunicare, prediligendo forme semplici e immediate, con immagini tratte dalla vita quotidiana, riuscendo ad entrare subito nel cuore delle persone”.
Ma l’espressione “Papa buono”, aggiunge padre Califano, è da intendersi come disse il successore di Roncalli, Papa Paolo VI:
“Non era un generico buonismo di facile applicazione, ma era sinonimo di amore, di genio pastorale, di comprensione, di perdono, di conforto. In pratica, come appare Gesù nel Vangelo”.
Altro binomio per sintetizzare la figura di Papa Roncalli è “obbedienza e pace”, motto episcopale ma anche sintesi di vita e di servizio alla Chiesa:
“Lasciare la propria terra, confrontarsi con mondi a lui sconosciuti anche in luoghi dove la presenza dei cattolici era scarsissima. E questa obbedienza gli consentì di abbandonarsi con fiducia alla Divina Provvidenza, per distaccarsi da se stesso e aderire completamente a Cristo. Qui sta la vera sorgente della bontà di Papa Giovanni, della pace che ha diffuso nel mondo. Qui si trova la radice della sua santità: nella obbedienza evangelica alla voce del suo Signore”.
Ricostruendo la prima intuizione della santità di Giovanni Paolo II, invece, mons. Slawomir Oder cita i compagni universitari che scrissero sulla stanza di Karol: “Futuro Santo”, colpiti dalla sua attitudine alla preghiera e alla riflessione sul valore della vita, legate – spiega mons. Oder – probabilmente a un’infanzia di sofferenza per la perdita, in poco tempo, di tutta la famiglia:
“Forse, proprio questo suo impegno di dare il peso qualitativo alla vita con un impegno di carità era il fatto che la gente percepiva come i tratti di santità nella sua vita”.
Tre le figure spirituali importanti, spiega mons. Oder, che forgiarono in Giovanni Paolo II una fede mariana e adulta: suo padre, il semplice sarto di Cracovia chiamato “l’apostolo”, e l’allora arcivescovo della città che lo accolse in seminario. A loro si deve la fede, semplice e popolare, tratto comune tra le due figure di Pontefici, domenica santi; la profondità mistica e il coraggio di affrontare la avversità con tenacia, leggendo sempre nella storia la presenza di Dio. Mons. Oder:
“Aveva bisogno della gente, della Chiesa vivente, semplice per sentire la loro fede e nutrirsi di questa fede. E la profondità mistica, invece, di Giovanni Paolo II lo spingeva a vivere il mistero di Dio in prima persona. E questo è il cuore di santità di Giovanni Paolo II. Se noi dovessimo cercare veramente la parola che caratterizzi un “santo”, è quello: “uomo di Dio”. Era un uomo che ha saputo trovare in Dio la fonte della vita. La preghiera per lui era il respiro, l’acqua, il pane quotidiano”.
Compito del Papa, come compito della Chiesa – ripeteva Giovanni Paolo II – è evangelizzare e portare tutti alla santità. Se in giovinezza Giovanni Paolo II aveva appreso il messaggio della Divina Misericordia – chiarisce mons. Oder – importante per lui fu il dovere di pagare il debito d’amore ricevuto. Questa è la chiave per capire tutta la sua vita.
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