venerdì, aprile 11, 2014
Dopo l’ultima scoperta di una luce su Marte, che la Nasa ha spiegato essere un raggio cosmico, è ripresa più forte di prima la discussione se sul Pianeta Rosso ci sia vita, o ci sia stata prima, e se questo in futuro potrebbe permettere una sua colonizzazione. Cordis, il bollettino scientifico dell’Ue, scrive che tutto «dipende dalla conoscenza dell’ambiente».  

GreenReport - Quel che è certo è che gli uomini ci metteranno molto ad andare su Marte, e per questo gli scienziati del nuovo programma europeo di esplorazione spaziale “Mars Analogues for Space Exploration” (Mase) hanno deciso di studiare una miniera di potassa – un fertilizzante agricolo – ai confini del Parco nazionale North York Moors, nel nord-est dell’Inghilterra. Un buco nel sottosuolo, una miniera profonda 1,3 km che presenta un ambiente simile a quello della superficie di Marte, e che potrebbe essere un banco di prova per le tecnologie da impiegare per scoprire la vita sul Pianeta rosso.

Mase è un progetto di ricerca collaborativo quadriennale (2014-2017) finanziato dal 7° Programma quadro dell’Ue e la parte scientifica è coordinata dall’ UK Centre for Astrobiology. Cordis spiega che «il team di 20 scienziati europei studierà come la vita si adatta ad ambienti simili a quello di Marte, come il profondo sottosuolo. Useranno la miniera per testare strumenti che potrebbero essere in grado di rilevare forme di vita microbica marziana viventi o morte da tempo e nascoste nel sottosuolo. Il programma di ricerca si propone di isolare e caratterizzare microbi che non respirano ossigeno, studiare le loro reazioni agli stress cui avrebbero potuto essere sottoposti su Marte e studiare le probabilità di trovare microbi fossilizzati sul pianeta».

Nelle sue viscere la miniera ospita anche il C Underground Laboratory, una struttura dove si possono condurre studi senza interferenze dalle naturali radiazioni di fondo. Charles Cockell, coordinatore scientifico del progetto e professore di astrobiologia all’università di Edimburgo, ha sottolineato: «Se vogliamo esplorare Marte con successo, dobbiamo recarci in posti simili a Marte sulla Terra. Guardando sotto terra a Boulby, avremo un’idea sull’abitabilità e la possibilità di vita su Marte. Non c’è alcun altro posto al mondo con un laboratorio permanente in un ambiente salato dove si può fidare questo tipo di ricerca scientifica. Così siamo venuti nello Yorkshire per capire Marte. L’ambiente profondo e scuro della miniera di Boulby è un posto ideale per comprendere la vita del sottosuolo e testare tecnologie spaziali per l’esplorazione di Marte. Al contempo, speriamo di contribuire al trasferimento di alta tecnologia dall’esplorazione spaziale all’attività mineraria, per renderla più sicura ed efficace».

La possibilità di valutare se Marte sia stato o sia in grado di ospitare forme di vita è ostacolata dalla mancanza di conoscenze su come gli effetti combinati di diversi stress ambientali influenzano la sopravvivenza e la crescita degli organismi. «In particolare – si legge su Cordis – molte associazioni di stress, come le condizioni di alta radiazione associate a un alto livello di sale e basse temperature, presenti inizialmente su Marte, non sono state studiate. Benché sia dimostrabile che la vita è possibile su Marte, non esistono studi sistematici su come gli organismi potrebbero conservarsi». Mase cercherà di superare proprio queste difficoltà e di progredire nella capacità di valutare la possibilità che Marte sia abitabile e di e scoprire forme di vita.

Gli scienziati finanziati dall’Ue stanno campionando pozze di acqua salata nella miniera per raccogliere microbi, coltivarli in laboratorio e sequenziarne il DNA. Vogliono anche sapere come i microbi ottengano abbastanza energia per sopravvivere e se possono far fronte all’alto livello di radiazioni trovato su Marte. Le risposte a queste domande potrebbero se e come i batteri potrebbero sopravvivere sul nostro Pianeta Rosso e a quel punto anche dove sarebbe più probabile trovarli. Ad esempio, se gli organismi che vivono nella miniera di Boulby prendono la loro energia dal ferro e dallo zolfo, la caccia alla vita marziana potrebbe concentrarsi in ambienti con questi elementi.

Se c’è vita su Marte, gli scienziati vogliono sapere le sue origini. Una possibilità è che la vita sulla Terra sia iniziata su Marte e che sia stata portata a sul nostro Pianeta da microbi sepolte in profondità all’interno di un meteorite.

Cockell però raffredda gli entusiasmi: «Non c’è assolutamente alcuna prova di questo, ma come idea altamente esplorativa, si potrebbe andare e cercare la vita su Marte e scoprire che siamo tutti marziani»

Se i batteri possono sopravvivere a Boulby possono anche aver superato la barriera radioattiva dello spazio a bordo di meteroriti e Cockell evidenzia: «C’è un aspetto filosofico in questo. Se siamo soli nell’universo è una domanda davvero allabase della scienza. Si sente molto raramente un bambino di 7 anni chiedere ai suoi genitori se gli possono spiegare il ciclo dell’azoto nella foresta o la struttura atomica fondamentale di un atomo. Ma i bimbi di 7 anni vanno dai loro genitori e chiedono: “C’è qualcuno là fuori?”. Si tratta di una caratteristica della natura umana pensare se non siamo soli. Questa è una domanda molto umana».

La miniera è costituita da 500 miglia di tunnel sotto lo Yorkshire e Cleveland e si estende per 7 miglia sotto il fondo del mare e viene utilizzata dagli scienziati amnche per testare strumenti che poi vengono utilizzati nelle spedizioni su Marte. Altri progetti nel Laboratorio sotterraneo Boulby comprendono la ricerca sulla materia oscura, il “collante” invisibile che tiene insieme l’universo. Gli scienziati dicono che lo studio di altri pianeti ci aiuta a capire meglio la vita sulla Terra., ma Intanto gli studi di Mase avranno anche ricadute “terrestri” pratiche e Cordis conclude: «Si acquisiranno nuove informazioni sul trasferimento tecnologico dal settore dell’esplorazione spaziale all’industria mineraria, per migliorare la sicurezza delle miniere e rendere l’estrazione dei minerali più redditizia, assicurando che l’esplorazione dello spazio e le tecnologie spaziali portino benefici diretti alla vita sulla Terra».


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