Ancora una polemica che irrompe grazie a un nuovo post pubblicato da Beppe Grillo sul suo blog. Stavolta si parte con il cancello di Auschwitz.
Parafrasando Primo Levi, l’ex comico ha trasformato “Se questo è un uomo” in “Se questo è un Paese”, ritoccando la anche la foto del cancello di Auschwitz e riscrivendo "Arbeit macht frei" in "P2 macht frei". Nel post gli attacchi consueti contro Napolitano (definito “un vecchio impaurito che ignora la Costituzione”) e contro Renzi (“un volgare mentitore, un buffone di provincia”), il tutto parlando di un Paese in cui imperversano la mafia e la P2.
Il caposaldo dell’indifferenza dell’informazione, vista come complicità di tutte le ignominie, è ancora una volta rappresentato: Grillo parla dei Tg con “visi di piduisti e mafiosi sullo schermo”. In un Paese “dove c'è chi lotta per mezzo pane e chi può evadere centinaia di milioni" – continua il leader pentastellato – e dove c'è gente che "muore per un taglio ai suoi diritti". Se la replica di Renzo Gattegna - presidente dell’Unione Comunità Ebraiche - che parla di “oscenità su cui è impossibile tacere, e di “profanazione criminale del valore della memoria per cavalcare il populismo”, sembra un atto dovuto, alla fine viene comunque da chiedersi se quello di Grillo possa essere il linguaggio accettabile di un leader. Quanti grillini condividono tale fraseologia, così cosparsa di violento livore e, come nel caso, una scelta choc come quella legata ad Auschwitz?
Ci sembra che i torti e le ragioni abbiano un limite invalicabile, come certi terribili cancelli, un confine di decenza che non va oltrepassato. Che senso hanno le ragioni, anche quelle condivisibili, quando le porte della verità sono sbattute in faccia con violenza e rudezza di mezzi? Crediamo che per parlare del “male” non occorra affidarsi al peggio: a meno che non si tratti “solo” di un’iperbole comica di cattivo gusto, e questo non è proprio il caso.
Parafrasando Primo Levi, l’ex comico ha trasformato “Se questo è un uomo” in “Se questo è un Paese”, ritoccando la anche la foto del cancello di Auschwitz e riscrivendo "Arbeit macht frei" in "P2 macht frei". Nel post gli attacchi consueti contro Napolitano (definito “un vecchio impaurito che ignora la Costituzione”) e contro Renzi (“un volgare mentitore, un buffone di provincia”), il tutto parlando di un Paese in cui imperversano la mafia e la P2.
Il caposaldo dell’indifferenza dell’informazione, vista come complicità di tutte le ignominie, è ancora una volta rappresentato: Grillo parla dei Tg con “visi di piduisti e mafiosi sullo schermo”. In un Paese “dove c'è chi lotta per mezzo pane e chi può evadere centinaia di milioni" – continua il leader pentastellato – e dove c'è gente che "muore per un taglio ai suoi diritti". Se la replica di Renzo Gattegna - presidente dell’Unione Comunità Ebraiche - che parla di “oscenità su cui è impossibile tacere, e di “profanazione criminale del valore della memoria per cavalcare il populismo”, sembra un atto dovuto, alla fine viene comunque da chiedersi se quello di Grillo possa essere il linguaggio accettabile di un leader. Quanti grillini condividono tale fraseologia, così cosparsa di violento livore e, come nel caso, una scelta choc come quella legata ad Auschwitz?
Ci sembra che i torti e le ragioni abbiano un limite invalicabile, come certi terribili cancelli, un confine di decenza che non va oltrepassato. Che senso hanno le ragioni, anche quelle condivisibili, quando le porte della verità sono sbattute in faccia con violenza e rudezza di mezzi? Crediamo che per parlare del “male” non occorra affidarsi al peggio: a meno che non si tratti “solo” di un’iperbole comica di cattivo gusto, e questo non è proprio il caso.
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