Libro a cura di M.Perroni e H.Legrand, Paoline Edizioni 2014. Recensione di Renato Zilio.
“Avendo qualcosa da dire.” Un titolo curioso e che incuriosisce. Stimola ad entrare in un’altra prospettiva per rileggere il formidabile avvenimento ecclesiale del Concilio Vaticano II. E come sempre la curiositas è quell’atteggiamento particolare che fa entrare in modo innocente in un territorio estraneo, per coglierne le dinamiche, il paesaggio, la sensibilità. Entrare, così, nelle tematiche del Vaticano II seguendo il punto di vista delle donne come un filo di Arianna. Esso permette non tanto una prospettiva parziale o di parte, ma piuttosto un apporto nuovo e inedito a tutta una società, alla cultura e alla realtà ecclesiale, naturalmente.
L’originalità di questo testo è nascere in seguito al Convegno internazionale:”Teologhe rileggono il Vaticano II” nel 2012, arricchitosi di interventi e di ampliamenti successivi. Già dalle prime battute, quasi un’illuminante ouverture, Hervé Legrand spiega come il partenariato nella vita professionale e privata abbia eroso l’androcentrismo del passato: ciò consente alla Chiesa, anzi richiede, risposte nuove a questioni nuove. Per “avere qualcosa da dire”, Mercedes Navarro Puerto evoca un atteggiamento di resistenza da parte del mondo femminile come “una strategia obbligata”di fronte a pressioni di vario tipo, mentre Cettina Militello la chiama pazienza tenace. La teologia delle donne, aggiunge quest’ultima, è “una tessera non irrilevante di un mosaico bellissimo, tutto ancora da comporre”. Spiega, poi, con puntigliosità Serena Nocenti: ”Una prospettiva di genere sostiene e promuove una Chiesa capace di pluralità. La Chiesa è comunione di credenti, popolo di Dio composto di uomini e di donne; essa deve vivere di una parola autorevole nella comunicazione della fede e nella sua interpretazione che non sia pronunciata solo da uomini.” In effetti, il Vaticano II ha comportato l’inizio di qualcosa di totalmente nuovo, cioè la nascita di forme di magistero teologico femminile legate al crescente impegno di donne all’interno delle istituzioni accademiche, annota Marinella Perroni.
E, così, seguendo in questo testo lo stimolo di vari saggi, opera di intervenenti italiani ed esteri si schiudono prospettive, si aprono potenzialità per entrare sempre meglio nella dinamica di un Concilio ancora da vivere. Da considerare come un processo aperto. Dove venga alla luce la conciliarità quale dote essenziale della vita ecclesiale, insieme alla creazione di istituzioni effettive di sinodalità, come fa presente Laurent Villemin. In fondo, la bella definizione di Ranher ci ricorda sempre come il Concilio sia “l’inizio di un inizio.” Per abitare i tempi di domani, ecco un testo da non perdere.
“Avendo qualcosa da dire.” Un titolo curioso e che incuriosisce. Stimola ad entrare in un’altra prospettiva per rileggere il formidabile avvenimento ecclesiale del Concilio Vaticano II. E come sempre la curiositas è quell’atteggiamento particolare che fa entrare in modo innocente in un territorio estraneo, per coglierne le dinamiche, il paesaggio, la sensibilità. Entrare, così, nelle tematiche del Vaticano II seguendo il punto di vista delle donne come un filo di Arianna. Esso permette non tanto una prospettiva parziale o di parte, ma piuttosto un apporto nuovo e inedito a tutta una società, alla cultura e alla realtà ecclesiale, naturalmente.
L’originalità di questo testo è nascere in seguito al Convegno internazionale:”Teologhe rileggono il Vaticano II” nel 2012, arricchitosi di interventi e di ampliamenti successivi. Già dalle prime battute, quasi un’illuminante ouverture, Hervé Legrand spiega come il partenariato nella vita professionale e privata abbia eroso l’androcentrismo del passato: ciò consente alla Chiesa, anzi richiede, risposte nuove a questioni nuove. Per “avere qualcosa da dire”, Mercedes Navarro Puerto evoca un atteggiamento di resistenza da parte del mondo femminile come “una strategia obbligata”di fronte a pressioni di vario tipo, mentre Cettina Militello la chiama pazienza tenace. La teologia delle donne, aggiunge quest’ultima, è “una tessera non irrilevante di un mosaico bellissimo, tutto ancora da comporre”. Spiega, poi, con puntigliosità Serena Nocenti: ”Una prospettiva di genere sostiene e promuove una Chiesa capace di pluralità. La Chiesa è comunione di credenti, popolo di Dio composto di uomini e di donne; essa deve vivere di una parola autorevole nella comunicazione della fede e nella sua interpretazione che non sia pronunciata solo da uomini.” In effetti, il Vaticano II ha comportato l’inizio di qualcosa di totalmente nuovo, cioè la nascita di forme di magistero teologico femminile legate al crescente impegno di donne all’interno delle istituzioni accademiche, annota Marinella Perroni.
E, così, seguendo in questo testo lo stimolo di vari saggi, opera di intervenenti italiani ed esteri si schiudono prospettive, si aprono potenzialità per entrare sempre meglio nella dinamica di un Concilio ancora da vivere. Da considerare come un processo aperto. Dove venga alla luce la conciliarità quale dote essenziale della vita ecclesiale, insieme alla creazione di istituzioni effettive di sinodalità, come fa presente Laurent Villemin. In fondo, la bella definizione di Ranher ci ricorda sempre come il Concilio sia “l’inizio di un inizio.” Per abitare i tempi di domani, ecco un testo da non perdere.
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