Era bloccato con i suoi parrocchiani nella città vecchia: a febbraio gli era stata offerta la mediazione delle Nazioni Unite per poter lasciare il monastero ma aveva rifiutato.
Padre Frans Van der Lugt (75 anni), gesuita, viveva da 48 anni in Siria. Era arrivato nel paese nel 1966, dopo due anni trascorsi in Libano per imparare l'arabo. Da allora era sempre rimasto in Siria. Questo conflitto si prende un'altro uomo giusto: lunedì padre Franz è stato ucciso davanti alla scuola gesuita nella sua città di Homs. Sebbene la città è quasi interamente riconquistata dalle truppe governative, nella città vecchia, quasi completamente distrutta, sono ancora asserragliati alcune centinaia di miliziani anti-Assadche trattengono altrettanti civili come scudi umani. Quella siriana è una pagina triste del nuovo mondo globalizzato; vi si intrecciano interessi e connivenze vergognose le cui responsabilità vanno ricercate sopratutto fuori al paese. La rivolta preparata e sostenuta da alcune potenze regionali e dagli Stati Uniti, ha avuto esiti disastrosi per la società civile, causando danni ben maggiori del male che ipocritamente diceva di voler curare. Il fine era ed è nient'altro che il rovesciamento dello stato, obiettivo che si intende ancora perseguire: a tutti i costi, non importa a che prezzo.
Pére Franz (come veniva chiamato dai siriani) viveva nel monastero gesuita nella vecchia Homs, situato nei quartieri cristiani dove risiedevano 50.000 fedeli: costituivano una delle comunità più numerose in Siria. La situazione tranquilla fino al 2012, si è deteriorata quando sono arrivati centinaia di ribelli (molti jadisti ed anche stranieri, specialmente pakistani). Da quel momento il quartiere cristiano cristiano di Hamidye è diventato una zona di guerra. I cristiani sono stati cacciati dalle case dai ribelli senza nulla; sono fuggiti lasciandosi dietro le loro abitazioni occupate o bruciate: la stessa sorte riservata dai takfiri alle chiese ed alla sede episcopale. Poi è arrivato l'esercito. Ne sono seguiti di cruenti combattimenti, la città duramente bombardata, è oggi quasi totalmente ripresa.
A febbraio, durante i negoziati di Ginevra 2 la mediazione delle Nazioni Unite ha consentito a 1.400 civili di evacuare le zone di combattimento. Quelle zone sono interdette: se i convogli umanitari si arrischiano ad entrare, vengono puntualmente presi di mira dai miliziani. In questi tentativi sono morti alcuni operatori della Mezza Luna araba Siriana. Padre Franz è rimasto così per due anni , prigioniero e sotto assedio, insieme ai suoi concittadini acquisiti, alle prese con i bombardamenti quotidiani e il problema dell'estrema carenza di cibo degli ultimi mesi. A febbraio l'ultimo suo messaggio via Skype, ad AFP, spiegava la sua decisione: "Qui su decine di migliaia di cristiani, ne sono rimasti 66. Come potevo lasciarli? Sono responsabile del monastero. Come potrei lasciare? Posso lasciare dietro di me i cristiani? E 'assolutamente impossibile - ed aveva aggiunto - il popolo siriano mi hanno dato tanto, tanta gentilezza, tanta ispirazione, e tutto ciò che possiedo. Ora soffre, devo condividere il suo dolore e le difficoltà ".
Fedele a Cristo ed ai suoi fratelli uomini fino all'estremo sacrificio, pére Frans non ha fatto mai mancare la sua assistenza spirituale e la sua paterna condivisione. Fino all'ultimo ha sempre sperato nella riconciliazione e ha creduto nella pace. Circa la possibilità di un accordo tra governo e opposizione diceva: "Se la fiducia esiste, allora i negoziati potranno essere produttivi. In caso contrario, non potranno mai funzionare "(L'Orient le Jour). La notizia della sua morte è stata confermata dal responsabile gesuita olandese, padre Jan Stuyt e da padre Alex Basili, responsabile dei Gesuiti per il Medio Oriente e il Maghreb . Individui mascherati lunedì mattina hanno agredito padre Frans nella scuola gesuita intorno alle 8 del mattino e lo hanno portato in strada, dove è stato colpito con due colpi di arma da fuoco alla testa. Il suo corpo sarà seppellito ad Homs, secondo la sua volontà.
Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha ha così ricordato pere Franz: “muore così un uomo di pace, che con grande coraggio ha voluto rimanere fedele in una situazione estremamente rischiosa e difficile a quel popolo siriano a cui aveva dedicato da lungo tempo la sua vita e il suo servizio spirituale. Dove il popolo muore – sottolinea padre Lombardi – muoiono con lui anche i suoi fedeli pastori. In questo momento di grande dolore, esprimiamo la nostra partecipazione nella preghiera, ma anche grande gratitudine e fierezza per avere avuto un confratello così vicino ai più sofferenti nella testimonianza dell’amore di Gesù fino alla fine”.
Padre Frans Van der Lugt (75 anni), gesuita, viveva da 48 anni in Siria. Era arrivato nel paese nel 1966, dopo due anni trascorsi in Libano per imparare l'arabo. Da allora era sempre rimasto in Siria. Questo conflitto si prende un'altro uomo giusto: lunedì padre Franz è stato ucciso davanti alla scuola gesuita nella sua città di Homs. Sebbene la città è quasi interamente riconquistata dalle truppe governative, nella città vecchia, quasi completamente distrutta, sono ancora asserragliati alcune centinaia di miliziani anti-Assadche trattengono altrettanti civili come scudi umani. Quella siriana è una pagina triste del nuovo mondo globalizzato; vi si intrecciano interessi e connivenze vergognose le cui responsabilità vanno ricercate sopratutto fuori al paese. La rivolta preparata e sostenuta da alcune potenze regionali e dagli Stati Uniti, ha avuto esiti disastrosi per la società civile, causando danni ben maggiori del male che ipocritamente diceva di voler curare. Il fine era ed è nient'altro che il rovesciamento dello stato, obiettivo che si intende ancora perseguire: a tutti i costi, non importa a che prezzo.
Pére Franz (come veniva chiamato dai siriani) viveva nel monastero gesuita nella vecchia Homs, situato nei quartieri cristiani dove risiedevano 50.000 fedeli: costituivano una delle comunità più numerose in Siria. La situazione tranquilla fino al 2012, si è deteriorata quando sono arrivati centinaia di ribelli (molti jadisti ed anche stranieri, specialmente pakistani). Da quel momento il quartiere cristiano cristiano di Hamidye è diventato una zona di guerra. I cristiani sono stati cacciati dalle case dai ribelli senza nulla; sono fuggiti lasciandosi dietro le loro abitazioni occupate o bruciate: la stessa sorte riservata dai takfiri alle chiese ed alla sede episcopale. Poi è arrivato l'esercito. Ne sono seguiti di cruenti combattimenti, la città duramente bombardata, è oggi quasi totalmente ripresa.
A febbraio, durante i negoziati di Ginevra 2 la mediazione delle Nazioni Unite ha consentito a 1.400 civili di evacuare le zone di combattimento. Quelle zone sono interdette: se i convogli umanitari si arrischiano ad entrare, vengono puntualmente presi di mira dai miliziani. In questi tentativi sono morti alcuni operatori della Mezza Luna araba Siriana. Padre Franz è rimasto così per due anni , prigioniero e sotto assedio, insieme ai suoi concittadini acquisiti, alle prese con i bombardamenti quotidiani e il problema dell'estrema carenza di cibo degli ultimi mesi. A febbraio l'ultimo suo messaggio via Skype, ad AFP, spiegava la sua decisione: "Qui su decine di migliaia di cristiani, ne sono rimasti 66. Come potevo lasciarli? Sono responsabile del monastero. Come potrei lasciare? Posso lasciare dietro di me i cristiani? E 'assolutamente impossibile - ed aveva aggiunto - il popolo siriano mi hanno dato tanto, tanta gentilezza, tanta ispirazione, e tutto ciò che possiedo. Ora soffre, devo condividere il suo dolore e le difficoltà ".
Fedele a Cristo ed ai suoi fratelli uomini fino all'estremo sacrificio, pére Frans non ha fatto mai mancare la sua assistenza spirituale e la sua paterna condivisione. Fino all'ultimo ha sempre sperato nella riconciliazione e ha creduto nella pace. Circa la possibilità di un accordo tra governo e opposizione diceva: "Se la fiducia esiste, allora i negoziati potranno essere produttivi. In caso contrario, non potranno mai funzionare "(L'Orient le Jour). La notizia della sua morte è stata confermata dal responsabile gesuita olandese, padre Jan Stuyt e da padre Alex Basili, responsabile dei Gesuiti per il Medio Oriente e il Maghreb . Individui mascherati lunedì mattina hanno agredito padre Frans nella scuola gesuita intorno alle 8 del mattino e lo hanno portato in strada, dove è stato colpito con due colpi di arma da fuoco alla testa. Il suo corpo sarà seppellito ad Homs, secondo la sua volontà.
Il direttore della Sala Stampa vaticana, padre Federico Lombardi, ha ha così ricordato pere Franz: “muore così un uomo di pace, che con grande coraggio ha voluto rimanere fedele in una situazione estremamente rischiosa e difficile a quel popolo siriano a cui aveva dedicato da lungo tempo la sua vita e il suo servizio spirituale. Dove il popolo muore – sottolinea padre Lombardi – muoiono con lui anche i suoi fedeli pastori. In questo momento di grande dolore, esprimiamo la nostra partecipazione nella preghiera, ma anche grande gratitudine e fierezza per avere avuto un confratello così vicino ai più sofferenti nella testimonianza dell’amore di Gesù fino alla fine”.
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