Aveva 89 anni la donna britannica che si è recata nella clinica Svizzera Dignitas di Zurigo per sottoporsi al suicidio assistito.
di Danilo Stefani
Un’insegnante identificata dalla stampa britannica con il nome di Anne, si è decisa al passo supremo perché non sopportava le tecnologie dei tempi moderni con i suoi ritmi: e-mail, computer, consumismo. La vita frenetica dell’usa e getta era diventata per lei intollerabile. Sul Daily Telegraph si legge che la donna pensava alle persone come in via di trasformazione robotica. La mancanza di umanità della società moderna è stata la sua grande denuncia, rimarcata da una scelta ardua: vivere, anche grazie alla tecnologia presente e futura, o morire?
La donna non soffriva di una malattia terminale che gli concedesse solo pochi mesi di vita, come di solito succede a chi si reca nella clinica Svizzera, ma solo i problemi di salute usuali legati all’età, e ha scelto la via della morte convincendo i medici del suo “non invidiabile futuro”.
Anne è stata accompagnata a Zurigo dalla nipote Linda, che è rimasta al suo fianco fino all’ultimo momento.
Argomento complesso quello di potersi dare la morte; ovvio, perché tali e tanti sono i riflessi religiosi, etici, morali e legislativi, che richiederebbero approfondimenti infiniti.
Quello che emerge, al di là della curiosità della notizia, è a nostro avvviso un aspetto: Anne ha denunciato un problema, un tema importante, quello dei rapporti umani sempre più “schiavizzati” dalle tecnologie, ma l’ha fatto nella maniera più drammatica possibile e possiamo dire che se Anne ci mancherà, sarà perché sarà la sua umanità a mancarci, il suo pensiero che si ribella alla robotizzazione moderna, e questo è un vero paradosso.
Il sacrificio di Anne sarà ricordato, e magari emulato, o dimenticato in fretta? Non abbiamo risposte. Abbiamo solo una grande riflessione lasciata in eredità: un file aperto su una società sempre più lontana dai rapporti umani, perché sempre connessa ma deframmentata nelle vite senza fili.
Un’insegnante identificata dalla stampa britannica con il nome di Anne, si è decisa al passo supremo perché non sopportava le tecnologie dei tempi moderni con i suoi ritmi: e-mail, computer, consumismo. La vita frenetica dell’usa e getta era diventata per lei intollerabile. Sul Daily Telegraph si legge che la donna pensava alle persone come in via di trasformazione robotica. La mancanza di umanità della società moderna è stata la sua grande denuncia, rimarcata da una scelta ardua: vivere, anche grazie alla tecnologia presente e futura, o morire?
La donna non soffriva di una malattia terminale che gli concedesse solo pochi mesi di vita, come di solito succede a chi si reca nella clinica Svizzera, ma solo i problemi di salute usuali legati all’età, e ha scelto la via della morte convincendo i medici del suo “non invidiabile futuro”.
Anne è stata accompagnata a Zurigo dalla nipote Linda, che è rimasta al suo fianco fino all’ultimo momento.
Argomento complesso quello di potersi dare la morte; ovvio, perché tali e tanti sono i riflessi religiosi, etici, morali e legislativi, che richiederebbero approfondimenti infiniti.
Quello che emerge, al di là della curiosità della notizia, è a nostro avvviso un aspetto: Anne ha denunciato un problema, un tema importante, quello dei rapporti umani sempre più “schiavizzati” dalle tecnologie, ma l’ha fatto nella maniera più drammatica possibile e possiamo dire che se Anne ci mancherà, sarà perché sarà la sua umanità a mancarci, il suo pensiero che si ribella alla robotizzazione moderna, e questo è un vero paradosso.
Il sacrificio di Anne sarà ricordato, e magari emulato, o dimenticato in fretta? Non abbiamo risposte. Abbiamo solo una grande riflessione lasciata in eredità: un file aperto su una società sempre più lontana dai rapporti umani, perché sempre connessa ma deframmentata nelle vite senza fili.
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