martedì, aprile 15, 2014
Il presidente Turchinov ordina l'utilizzo dell'esercito e delle forze speciali contro gli insorti. Ma l'ex presidente Timoschenko chiede di evitare l'uso della forza. 

di Patrizio Ricci 

Sono 22 le città dell'Ucraina in cui i poteri locali sono passati in mano agli insorti. La richiesta di quelli che Kiev considera alla stregua di 'terroristi' è un referendum che porti alla trasformazione dell'Ucraina in Repubblica federale. Per escludere tale ipotesi, lunedì il governo centrale ha decretato lo 'stato di emergenza per terrorismo': è un provvedimento che neanche il presidente Yanucovich è arrivato ad emanare durante gli scontri di p.zza Maidan. Intanto Russia e Stati Uniti continuano a scambiarsi reciproche accuse. Gli USA sembra a parole vantare una superiore moralità: però, il coinvolgimento nella rivolta di piazza Maidan (nonostante i giochi di prestigio per nascondere l'evidenza) è ampliamente provato. Allo stesso tempo la Russia non è andata per il sottile ed ha fatto leva su una situazione di fatto surreale per tutelare i suoi interessi. La situazione è molto tesa ma dopo le prime 'estremizzazioni' sembra la diplomazia stia facendo i suoi passi e si stia riprendendo il suo ruolo. Putin ha telefonato ad Obama e gli ha chiesto fare tutto il possibile per scongiurare questa ipotesi. E' un dialogo difficile: per Washington Mosca sobillerebbe i filorussi dandogli concreto supporto. Tale accusa è stata però decisamente rigettata dal ministro degli esteri russo Lavrov : egli ha chiesto di andare oltre alle semplici dichiarazioni propagandistiche e mostrare finalmente le prove di tale ingerenza.

Gli eventi ci portano a realizzare che la crisi è stata gestita in causa molto superficialmente: da parte di tutti gli attori in causa si è volutamente ignorato che i due grandi gruppi etnici esistenti nel paese, uno pan-europeo ed uno-filo russo, sono due facce della stessa medaglia. E' evidente che è necessario cambiare il tono e la sostanza di come si sta procedendo: l'occidente attaccando Mosca sta attaccando una parte dell'Ucraina. Salvo cambiamenti di rotta, il modo maldestro con cui le diplomazie stanno procedendo, non potrà che acuire le divisioni e far diventare la situazione ancor più incandescente. 'Dulcis in fundo', a complicare le cose (già di per sé complicate), ci si è messa anche la Nato: dalle dichiarazioni di fuoco di Ramsussen, si direbbe che l'Organizzazione di Difesa Atlantica sta profittando dell'occasione per ricompattarsi e trovare nuova linfa, in chiave antirussa.

Intanto mentre va in onda questo teatrino di dubbio gusto, dai dibattiti continuano ad essere assenti le ragioni profonde del malcontento degli ucraini: il desiderio di voler far transitare il paese nell'orbita europea, non ha affrontato le implicazioni politiche interne ed esterne che questo comporta. Anzi, spregiudicatamente per accelerare il processo di inclusione ha fatto leva sulle divisioni esistenti da sempre. L'impressione è che non si voglia assolutamente avviare un processo inclusivo che conceda maggiore autonomia alle regioni orientali russofone: il governo centrale di Kiev ha avviato numerose azioni recepite come ostili dalle regioni orientali ed i primi provvedimenti legislativi sono andati in senso opposto (ad esempio il divieto di trasmissioni in lingua russa). E' così che in varie città, come Kharkov, Donetsk e Lugansk , miliziani filorussi armati supportati da parte della popolazione, hanno occupato gli edifici governativi ed alcune stazioni di polizia. In risposta a questo, è stata lanciata una vasta operazione repressiva. A tutt'ora però le forze speciali e l'esercito non hanno attaccato le sedi istituzionali occupate. La ex presidente Timosenko ha intanto disapprovato l'uso della forza. In caso sostegno generalizzato della popolazione agli insorti la situazione potrebbe sfuggire definitivamente di mano. Non sono rari i casi in cui anche la polizia si è rifiutata di eseguire gli ordini di sgombero degli edifici pubblici. Ad esempio, a Kharkov: il capo della polizia Andrej Chujkov, ( apparso su un video sorridente tra la folla), si è dimesso pubblicamente dall'incarico.

Contrariamente a quando si possa credere, la Russia non ha nessun interesse a procedere ad ulteriori annessioni: quelle in rivolta non sono regioni a stragrande maggioranza russa. Un intervento di retto di Mosca , viste le gravi implicazioni internazionali, è assai improbabile. E' evidente che allo stato attuale, oltre che al ricorso alla forza, l'unica cosa che potrebbe disinnescare la tensione, è procedere ad una riforma costituzionale che porti alla trasformazione dell'Ucraina in senso federale, riconoscendo le diversità e concedendo ampia autonomia alle popolazioni. E' probabile che si vada in questa direzione, giacché nessuno è interessato ad una ulteriore escalation della violenza e dei disordini.


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