Colloquio telefonico ieri sera, su richiesta di Mosca, tra il presidente americano Obama e il presidente russo Putin: i due leader concordano sulla necessità di insistere sulla via diplomatica per trovare una soluzione alla crisi in Ucraina. L’UE, intanto, decide l’inasprimento delle sanzioni nei confronti della Russia. Il servizio di Adriana Masotti: ascolta
Radio Vaticana - Nel corso della telefonata, fa sapere il Cremlino, Putin ha chiarito: le accuse di ingerenza di Mosca nell'est dell’Ucraina sono ''speculazioni basate su informazioni infondate''. Putin ha poi chiesto ad Obama di fare tutto il possibile per non autorizzare l'uso della forza e provocare un bagno di sangue nel Paese e chiesto ancora una volta l'avvio di negoziati con "tutte le principali forze politiche e le regioni" per costruire una struttura federale per l’Ucraina. Da parte sua la Casa Bianca informa che Obama ha sollecitato il presidente russo ad usare la sua influenza con i gruppi separatisti armati ucraini e a convincerli ad abbandonare gli edifici di cui hanno preso il controllo. Obama ha poi ribadito a Putin l''importanza'' del ritiro da parte della Russia delle truppe ai confini con l’Ucraina per stemperare le tensioni. Intanto, mentre alle Nazioni Unite si registra un nuovo duro braccio di ferro tra Russia e Occidente con il Cremlino che vede crescere il suo isolamento e la Cina conferma la sua neutralità rinnovando l'invito a "trovare una soluzione attraverso i canali diplomatici e del negoziato", ieri a Lussemburgo i ministri degli esteri europei hanno deciso di estendere la lista di sanzioni nei confronti dei russi accusati di aver violato l'integrità territoriale dell’Ucraina. La lista è ancora da definirsi ma, si annuncia, colpirà anche "personaggi vicini a Putin".
I ministri UE hanno anche incaricato la Commissione europea di rispondere alla lettera inviata da Putin sulla questione dell'energia, "allo scopo di concordare consultazioni con Mosca e Kiev in vista della sicurezza delle forniture e del transito" di gas. Una questione, l’approvvigionamento energetico che, secondo il segretario generale della Nato, Rasmussen indebolisce l’Europa di fronte alla nuova aggressività del Cremlino. E Rasmussen avverte: Putin "ha cambiato la propria visione del mondo". Per un'analisi della situazione Massimiliano Menichetti ha intervistato Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa: ascolta
R. – Sembra una crisi che lentamente si sta avviando in una sorta di vicolo cieco. Da una parte ci sono le autorità di Kiev che devono rendere conto alla propria opinione pubblica e, comunque anche all’esterno, ai nuovi alleati occidentali. Dall’altra c’è una Russia che, se l’Ucraina dovesse reprimere nel sangue la rivolta dell’est del Paese, non può star ferma, altrimenti Putin rischia di perdere il posto. Per cui, la situazione è molto più grave di quanto possa sembrare e possa trasparire.
D. – Posizione dura della Nato. Anche oggi Rasmussen, il segretario generale, ha ribadito: Mosca vuole ripristinare le Repubbliche sovietiche. E vediamo una debolezza – sembrerebbe così – dell’Europa?
R. – La Nato ha un ovvio interesse a rassicurare tutti i propri alleati dell’Est – a cominciare dalla Polonia, ovviamente, i Baltici e cosi via – e per farlo deve in qualche misura ribadire alcuni concetti fondamentali. Conviene ricordare che l’Ucraina non è un Paese membro della Nato, per cui la Nato non potrebbe – nel caso – invocare l’articolo 5, qualora la sovranità ucraina fosse violata da un’invasione russa. Per cui, la Nato in questo caso deve giocarsi la sua partita da un punto di vista politico, deve far vedere a questi Paesi che la propria garanzia politico-militare è in piedi e lo fa comunque tenendo testa diplomaticamente, a muso duro, alla Russia. Per il resto, non credo che l’Unione Europea abbia qualcosa da dire sulla questione: noi ci siamo cacciati in questa situazione per volere di un Paese dell’Europa – la Germania – che aveva un preciso interesse. Il problema è che poi, quando la Germania passa dalle rivendicazioni da un’influenza di carattere economico a quella politica, strategica e militare a un certo punto la Germania si arresta e spera che dall’altra parte dell’Atlantico qualcuno venga a toglierle e a toglierci le castagne dal fuoco: ovvero, gli Stati Uniti.
D. – Vari edifici pubblici dell’Ucraina dell’est sono occupati dai separatisti filorussi?
R. – Gli esiti possono essere diversi. Se in qualche misura la situazione dovesse congelarsi in vista di un referendum sullo status di queste regioni, la situazione potrebbe anche – come di dice in gergo – "de-escalare". Se invece Kiev dovesse veramente utilizzare la forza, e quindi l’esercito per reprimere queste istanze, ho la sensazione che la Russia non possa rimanere a guardare. Veramente, se la cosa si risolve con poche scaramucce, con molti arrestati e pochissimi morti o feriti, la Russia ci può anche passare sopra. Se la repressione dovesse comportare un livello di perdite troppo elevato, troppo evidente tra i filorussi, ho la sensazione che la Russia possa intervenire in Ucraina. Non dimentichiamoci che, se ci dovesse essere repressione su larga scala nell’est dell’Ucraina, la Russia potrebbe evocare il tanto decantato diritto di ingerenza umanitaria che l’Occidente, la Nato, gli Stati Uniti e tutti, nel 1999, invocarono per intervenire in Kosovo e per bombardare la Serbia e Belgrad.
Radio Vaticana - Nel corso della telefonata, fa sapere il Cremlino, Putin ha chiarito: le accuse di ingerenza di Mosca nell'est dell’Ucraina sono ''speculazioni basate su informazioni infondate''. Putin ha poi chiesto ad Obama di fare tutto il possibile per non autorizzare l'uso della forza e provocare un bagno di sangue nel Paese e chiesto ancora una volta l'avvio di negoziati con "tutte le principali forze politiche e le regioni" per costruire una struttura federale per l’Ucraina. Da parte sua la Casa Bianca informa che Obama ha sollecitato il presidente russo ad usare la sua influenza con i gruppi separatisti armati ucraini e a convincerli ad abbandonare gli edifici di cui hanno preso il controllo. Obama ha poi ribadito a Putin l''importanza'' del ritiro da parte della Russia delle truppe ai confini con l’Ucraina per stemperare le tensioni. Intanto, mentre alle Nazioni Unite si registra un nuovo duro braccio di ferro tra Russia e Occidente con il Cremlino che vede crescere il suo isolamento e la Cina conferma la sua neutralità rinnovando l'invito a "trovare una soluzione attraverso i canali diplomatici e del negoziato", ieri a Lussemburgo i ministri degli esteri europei hanno deciso di estendere la lista di sanzioni nei confronti dei russi accusati di aver violato l'integrità territoriale dell’Ucraina. La lista è ancora da definirsi ma, si annuncia, colpirà anche "personaggi vicini a Putin".
I ministri UE hanno anche incaricato la Commissione europea di rispondere alla lettera inviata da Putin sulla questione dell'energia, "allo scopo di concordare consultazioni con Mosca e Kiev in vista della sicurezza delle forniture e del transito" di gas. Una questione, l’approvvigionamento energetico che, secondo il segretario generale della Nato, Rasmussen indebolisce l’Europa di fronte alla nuova aggressività del Cremlino. E Rasmussen avverte: Putin "ha cambiato la propria visione del mondo". Per un'analisi della situazione Massimiliano Menichetti ha intervistato Pietro Batacchi, direttore della Rivista italiana difesa: ascolta
R. – Sembra una crisi che lentamente si sta avviando in una sorta di vicolo cieco. Da una parte ci sono le autorità di Kiev che devono rendere conto alla propria opinione pubblica e, comunque anche all’esterno, ai nuovi alleati occidentali. Dall’altra c’è una Russia che, se l’Ucraina dovesse reprimere nel sangue la rivolta dell’est del Paese, non può star ferma, altrimenti Putin rischia di perdere il posto. Per cui, la situazione è molto più grave di quanto possa sembrare e possa trasparire.
D. – Posizione dura della Nato. Anche oggi Rasmussen, il segretario generale, ha ribadito: Mosca vuole ripristinare le Repubbliche sovietiche. E vediamo una debolezza – sembrerebbe così – dell’Europa?
R. – La Nato ha un ovvio interesse a rassicurare tutti i propri alleati dell’Est – a cominciare dalla Polonia, ovviamente, i Baltici e cosi via – e per farlo deve in qualche misura ribadire alcuni concetti fondamentali. Conviene ricordare che l’Ucraina non è un Paese membro della Nato, per cui la Nato non potrebbe – nel caso – invocare l’articolo 5, qualora la sovranità ucraina fosse violata da un’invasione russa. Per cui, la Nato in questo caso deve giocarsi la sua partita da un punto di vista politico, deve far vedere a questi Paesi che la propria garanzia politico-militare è in piedi e lo fa comunque tenendo testa diplomaticamente, a muso duro, alla Russia. Per il resto, non credo che l’Unione Europea abbia qualcosa da dire sulla questione: noi ci siamo cacciati in questa situazione per volere di un Paese dell’Europa – la Germania – che aveva un preciso interesse. Il problema è che poi, quando la Germania passa dalle rivendicazioni da un’influenza di carattere economico a quella politica, strategica e militare a un certo punto la Germania si arresta e spera che dall’altra parte dell’Atlantico qualcuno venga a toglierle e a toglierci le castagne dal fuoco: ovvero, gli Stati Uniti.
D. – Vari edifici pubblici dell’Ucraina dell’est sono occupati dai separatisti filorussi?
R. – Gli esiti possono essere diversi. Se in qualche misura la situazione dovesse congelarsi in vista di un referendum sullo status di queste regioni, la situazione potrebbe anche – come di dice in gergo – "de-escalare". Se invece Kiev dovesse veramente utilizzare la forza, e quindi l’esercito per reprimere queste istanze, ho la sensazione che la Russia non possa rimanere a guardare. Veramente, se la cosa si risolve con poche scaramucce, con molti arrestati e pochissimi morti o feriti, la Russia ci può anche passare sopra. Se la repressione dovesse comportare un livello di perdite troppo elevato, troppo evidente tra i filorussi, ho la sensazione che la Russia possa intervenire in Ucraina. Non dimentichiamoci che, se ci dovesse essere repressione su larga scala nell’est dell’Ucraina, la Russia potrebbe evocare il tanto decantato diritto di ingerenza umanitaria che l’Occidente, la Nato, gli Stati Uniti e tutti, nel 1999, invocarono per intervenire in Kosovo e per bombardare la Serbia e Belgrad.
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