L’ex presidente egiziano Hosni Mubarak è stato condannato oggi a tre anni di prigione per il reato di appropriazione indebita e furto di denaro pubblico: “La corte ordina che Mohammed Hosni Mubarak sia chiuso in prigione per tre anni”, ha annunciato il giudice Osama Shaheen.
NenaNews - Quattro anni per i figli dell’ex dittatore, accusati dello stesso reato. I tre dovranno anche pagare una multa di quasi tre milioni di dollari, sorta di compensazione per il denaro sottratto allo Stato egiziano. Secondo l’accusa, l’ex presidente e i figli avrebbero utilizzato il denaro per le proprie residenze private, imputazione che i tre hanno sempre rigettato. Mubarak è sotto processo anche per l’uccisione di manifestanti durante la rivoluzione del gennaio 2011, accusa che si era tramutata nel 2012 in una condanna all’ergastolo, poi ribaltata dalla Corte di Cassazione che aveva annullato la sentenza e rinviato il fascicolo ad un nuovo processo.
La condanna all’ex rais giunge a pochi giorni dalle elezioni presidenziali. Probabile vincitore della competizione elettorale sarà l’ex capo dell’intelligence del regime di Mubarak, il generale Al-Sisi, fautore del colpo di Stato del 3 luglio scorso. E mentre i Fratelli Musulmani, target della durissima repressione del governo ad interim, accusano Al-Sisi di essere un mero continuatore dell’ex dittatura, molte delle pratiche utilizzate dal regime di Mubarak sono oggi all’ordine del giorno nel Paese: repressione violenta di ogni opposizione politica, aggressione di manifestanti islamisti, soppressione della libertà di espressione.
In questi giorni i parenti degli attivisti egiziani condannati a morte in massa dalla magistratura del Paese hanno scritto al generale Al-Sisi chiedendo la grazia per quasi 700 islamisti, accusati di omicidio e incitamento alla violenza. E mentre la comunità internazionale condannava la sentenza, il governo ad interim dichiarava di rispettare la decisione giudiziaria e affermava di non aver influenzato in alcun modo le condanne. Difficile da credere, vista la campagna lanciata per la cancellazione della Fratellanza, dichiarata organizzazione terroristica e privata di tutti i beni immobili e non posseduti. Lo stesso Al-Sisi è stato cristallino a proposito, promettendo – nel caso di vittoria alle presidenziali – di non lasciare alcun posto agli islamisti nella società egiziana.
Non sono pochi gli attivisti islamisti e laici che vedono nell’avanzata di Al-Sisi e nel rinnovato potere politico ed economico delle forze armate egiziane un revival del vecchio regime. Gli analisti parlano di “Stato profondo”, uno Stato ombra del primo, guidato esclusivamente da generali ed ex capi dell’esercito che controllano compagnie, società, settore economico e giudiziario. E che ora, con la probabile vittoria di Al-Sisi alle presidenziali potrebbe uscire definitivamente dall’ombra e istituzionalizzare il proprio potere.
NenaNews - Quattro anni per i figli dell’ex dittatore, accusati dello stesso reato. I tre dovranno anche pagare una multa di quasi tre milioni di dollari, sorta di compensazione per il denaro sottratto allo Stato egiziano. Secondo l’accusa, l’ex presidente e i figli avrebbero utilizzato il denaro per le proprie residenze private, imputazione che i tre hanno sempre rigettato. Mubarak è sotto processo anche per l’uccisione di manifestanti durante la rivoluzione del gennaio 2011, accusa che si era tramutata nel 2012 in una condanna all’ergastolo, poi ribaltata dalla Corte di Cassazione che aveva annullato la sentenza e rinviato il fascicolo ad un nuovo processo.
La condanna all’ex rais giunge a pochi giorni dalle elezioni presidenziali. Probabile vincitore della competizione elettorale sarà l’ex capo dell’intelligence del regime di Mubarak, il generale Al-Sisi, fautore del colpo di Stato del 3 luglio scorso. E mentre i Fratelli Musulmani, target della durissima repressione del governo ad interim, accusano Al-Sisi di essere un mero continuatore dell’ex dittatura, molte delle pratiche utilizzate dal regime di Mubarak sono oggi all’ordine del giorno nel Paese: repressione violenta di ogni opposizione politica, aggressione di manifestanti islamisti, soppressione della libertà di espressione.
In questi giorni i parenti degli attivisti egiziani condannati a morte in massa dalla magistratura del Paese hanno scritto al generale Al-Sisi chiedendo la grazia per quasi 700 islamisti, accusati di omicidio e incitamento alla violenza. E mentre la comunità internazionale condannava la sentenza, il governo ad interim dichiarava di rispettare la decisione giudiziaria e affermava di non aver influenzato in alcun modo le condanne. Difficile da credere, vista la campagna lanciata per la cancellazione della Fratellanza, dichiarata organizzazione terroristica e privata di tutti i beni immobili e non posseduti. Lo stesso Al-Sisi è stato cristallino a proposito, promettendo – nel caso di vittoria alle presidenziali – di non lasciare alcun posto agli islamisti nella società egiziana.
Non sono pochi gli attivisti islamisti e laici che vedono nell’avanzata di Al-Sisi e nel rinnovato potere politico ed economico delle forze armate egiziane un revival del vecchio regime. Gli analisti parlano di “Stato profondo”, uno Stato ombra del primo, guidato esclusivamente da generali ed ex capi dell’esercito che controllano compagnie, società, settore economico e giudiziario. E che ora, con la probabile vittoria di Al-Sisi alle presidenziali potrebbe uscire definitivamente dall’ombra e istituzionalizzare il proprio potere.
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