Le autorità cinesi stanno chiedendo ai residenti nei monasteri buddisti di firmare un impegno di lealtà verso il Partito comunista cinese.
Misna - La richiesta, secondo il servizio di informazione Rfa, è contenuta in un documento circolato il 13 maggio nella regione di Qinghai, nel nord-ovest della Cina. L’intervento del governo cinese interessa particolarmente i monasteri situati nelle aree di Golog (Guoluo, in cinese) e Pema (Baima). Le principali disposizioni prevedono che i monaci tibetani dimostrino il proprio sostegno per il Partito comunista, rispettino tutte le leggi e i regolamenti e quindi non prendano parte a proteste contro il dominio cinese, tra cui le auto-immolazioni.
“I monaci – riferisce Rfa – sono costretti a sottoscrivere il documento o, se non sanno scrivere, di mettere la loro impronta digitale sulla pagina. Se si rifiutano di firmare, i documenti di identità dei monaci non saranno rinnovati. Ulteriori restrizioni riguardano gli spostamenti, l’uso dei telefoni e di internet per condividere informazioni con chi è fuori dalla zona e sull’ascolto di notizie da fonti straniere. Chiunque sarà sorpreso a infrangere queste norme, sarà severamente punito secondo la legge “.
Il mese scorso, le autorità cinesi della provincia di Pema hanno chiuso una scuola privata per ragazzi e giovani della zona, creando forti preoccupazioni nella popolazione locale circa il futuro dei loro figli. La chiusura è avvenuta in seguito a una delle 131 auto-immolazioni avvenute in questi anni nel Tibet per contrastare il governo di Pechino e chiedere il ritorno del Dalai lama, leader spirituale in esilio.
Alcuni giorni fa, nella provincia di Tridu (in cinese, Chenduo), nel Tibet orientale, le autorità cinesi hanno rimosso i monaci a capo del monastero Nyatso Zilkar, nella regione di Yulshul, sospettati di opporsi al governo di Pechino e li ha sostituiti con i monaci di propria scelta. Secondo le informazioni raccolte da Rfa, questo è il primo intervento di alto profilo negli ultimi anni da parte di Pechino per rafforzare il proprio controllo anche nel “cuore” della popolazione tibetana.
Da tempo il governo cinese accusa il Dalai Lama di non voler prendere una chiara posizione di condanna su questo tipo di protesta e di essere l’ispiratore delle auto-immolazioni che da alcuni anni, regolarmente, avvengono nel Tibet. Anche in una recente visita in Norvegia, il Dalai Lama, sollecitato da un giornalista di pronunciarsi sul fenomeno delle auto immolazioni avrebbe detto che, anche se il buddismo tibetano condanna l’uccisione e il suicidio, questo fenomeno “è un tema molto delicato e complesso”.
Misna - La richiesta, secondo il servizio di informazione Rfa, è contenuta in un documento circolato il 13 maggio nella regione di Qinghai, nel nord-ovest della Cina. L’intervento del governo cinese interessa particolarmente i monasteri situati nelle aree di Golog (Guoluo, in cinese) e Pema (Baima). Le principali disposizioni prevedono che i monaci tibetani dimostrino il proprio sostegno per il Partito comunista, rispettino tutte le leggi e i regolamenti e quindi non prendano parte a proteste contro il dominio cinese, tra cui le auto-immolazioni.
“I monaci – riferisce Rfa – sono costretti a sottoscrivere il documento o, se non sanno scrivere, di mettere la loro impronta digitale sulla pagina. Se si rifiutano di firmare, i documenti di identità dei monaci non saranno rinnovati. Ulteriori restrizioni riguardano gli spostamenti, l’uso dei telefoni e di internet per condividere informazioni con chi è fuori dalla zona e sull’ascolto di notizie da fonti straniere. Chiunque sarà sorpreso a infrangere queste norme, sarà severamente punito secondo la legge “.
Il mese scorso, le autorità cinesi della provincia di Pema hanno chiuso una scuola privata per ragazzi e giovani della zona, creando forti preoccupazioni nella popolazione locale circa il futuro dei loro figli. La chiusura è avvenuta in seguito a una delle 131 auto-immolazioni avvenute in questi anni nel Tibet per contrastare il governo di Pechino e chiedere il ritorno del Dalai lama, leader spirituale in esilio.
Alcuni giorni fa, nella provincia di Tridu (in cinese, Chenduo), nel Tibet orientale, le autorità cinesi hanno rimosso i monaci a capo del monastero Nyatso Zilkar, nella regione di Yulshul, sospettati di opporsi al governo di Pechino e li ha sostituiti con i monaci di propria scelta. Secondo le informazioni raccolte da Rfa, questo è il primo intervento di alto profilo negli ultimi anni da parte di Pechino per rafforzare il proprio controllo anche nel “cuore” della popolazione tibetana.
Da tempo il governo cinese accusa il Dalai Lama di non voler prendere una chiara posizione di condanna su questo tipo di protesta e di essere l’ispiratore delle auto-immolazioni che da alcuni anni, regolarmente, avvengono nel Tibet. Anche in una recente visita in Norvegia, il Dalai Lama, sollecitato da un giornalista di pronunciarsi sul fenomeno delle auto immolazioni avrebbe detto che, anche se il buddismo tibetano condanna l’uccisione e il suicidio, questo fenomeno “è un tema molto delicato e complesso”.
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