A Redipuglia, Papa Francesco visiterà anche il cimitero austroungarico e pregherà per tutte le vittime della Grande Guerra.
Radio Vaticana - Ad anticipare i dettagli della prossima visita di Francesco, il 13 settembre, al Sacrario militare che raccoglie i corpi di centomila caduti italiani nel Primo conflitto mondiale è stato questa mattina l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Maria Roberto Redaelli. Il presule, in occasione dei 100 anni dall’inizio della guerra, ha spiegato alla stampa i contenuti di una lettera che ha scritto ai fedeli della sua diocesi. Paolo Ondarza lo ha intervistato: ascolta
R. - Questo anniversario riguarda da vicino la Diocesi di Gorizia e questi territori che allora facevano parte dell’Impero austro-ungarico, per cui l’inizio della guerra per i giovani di qui è stato proprio il 14 settembre, quando sono stati mandati sul fronte russo in Galizia. Questo anniversario per noi è qualcosa di importante.
D. - Che cosa significa la visita del Papa?
R. - Certamente, penso che la visita del Papa ci ricorda quello che è stato fatto durante i magisteri dei Papi, a partire da Papa Benedetto XV, che aveva definito la Prima Guerra Mondiale “un’inutile strage”, come ha ricordato anche Papa Francesco nell’Angelus di ieri. Ci porta senz’altro un messaggio di pace, soprattutto per oggi: il rischio che il ricordo della Prima Guerra Mondiale sia soltanto un ricordo storico, qui dalle nostre parti anche turistico, che porta le persone a visitare le trincee piuttosto che altre fortificazioni. Invece, deve essere qualcosa che ci invita a un’opera concreta di pace. Anche il senso della mia lettera è proprio quello - dopo aver richiamato i testi della Parola di Dio, del Magistero - di dare qualche indicazione completa per un’opera di pace di riconciliazione nelle nostre terre.
D. - E di fronte alle tematiche della pace e della difesa, anche la comunità cristiana non può tirarsi indietro: lei nella sua lettera cita l’importanza della preghiera e spiega il ruolo importante della comunità cristiana…
R. - La preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e l’approfondimento dell’insegnamento della Chiesa, ma poi in concreto gli atteggiamenti - direi - quotidiani, come la conoscenza dell’altro: a un certo punto, è più facile sparare a una categoria generica piuttosto che a una persona, a un volto conosciuto, no? Poi, affronto il tema dell’accoglienza, e qui troviamo tutto il tema dell’immigrazione, e infine quello della giustizia. Do anche due piccole indicazioni che forse sono opportune per la nostra realtà. La prima riguarda chi ha responsabilità anche delle politiche di difesa: citando la Costituzione italiana, ricordo che probabilmente non è la stessa cosa preparare un esercito a delle operazioni di pace - di peacekeeping come si usa dire adesso - piuttosto che una guerra di offesa. L’altra categoria a cui accenno è quella dei mezzi della comunicazione sociale che hanno una grande responsabilità, come tra l’altro è stato cento anni fa, proprio nel creare emozioni, attese, possibilità di pace o di guerra, di creare l’avversario, il nemico.
D. - Tre ore: tanto durerà la visita del Papa del prossimo 13 settembre a Redipuglia. Come sarà articolata questa visita?
R. - Per quanto sappiamo - penso che il programma debba essere ancora precisato - il Papa non solo celebrerà la Messa al Sacrario di Redipuglia, ma si recherà in visita al cimitero austroungarico, a poca distanza dal Sacrario, che raccoglie anche le salme degli eserciti avversari a quello italiano. Redipuglia ha centomila caduti italiani. In questo cimitero, ci sono 15 mila caduti di diverse nazionalità: austriaci, sloveni, ungheresi, cechi, slovacchi… Quindi, anche questo segno che il Papa farà sarà importante per dire che viene come pellegrino di pace, al di là dei confini, delle appartenenze.
D. - Come vi preparate a vivere questa visita?
R. - L’intento è proprio quello di preparare questa visita del Papa nella preghiera, nella riflessione, nell’accoglimento della sua parola.
D. - Il suo auspicio per questa visita, che come dicevamo, cade nel centenario dall’inizio della Grande Guerra e in un momento storico in cui purtroppo continuiamo a parlare di guerre, pensiamo a Gaza o all’Ucraina…
R. - Certamente, l’auspicio è che come sempre le parole del Papa non cadano a vuoto ma siano accolte, sicuramente nei nostri cuori, ma anche in quelli degli uomini e delle donne di buona volontà, affinché possano fare qualcosa. Nella mia lettera cito un conosciutissimo brano delle Beatitudini, dove gli operatori di pace sono "beati" in quanto sono persone che prendono sul serio e lavorano mettendo a rischio persino la loro vita per la giustizia e per la pace.
Radio Vaticana - Ad anticipare i dettagli della prossima visita di Francesco, il 13 settembre, al Sacrario militare che raccoglie i corpi di centomila caduti italiani nel Primo conflitto mondiale è stato questa mattina l’arcivescovo di Gorizia, mons. Carlo Maria Roberto Redaelli. Il presule, in occasione dei 100 anni dall’inizio della guerra, ha spiegato alla stampa i contenuti di una lettera che ha scritto ai fedeli della sua diocesi. Paolo Ondarza lo ha intervistato: ascolta
R. - Questo anniversario riguarda da vicino la Diocesi di Gorizia e questi territori che allora facevano parte dell’Impero austro-ungarico, per cui l’inizio della guerra per i giovani di qui è stato proprio il 14 settembre, quando sono stati mandati sul fronte russo in Galizia. Questo anniversario per noi è qualcosa di importante.
D. - Che cosa significa la visita del Papa?
R. - Certamente, penso che la visita del Papa ci ricorda quello che è stato fatto durante i magisteri dei Papi, a partire da Papa Benedetto XV, che aveva definito la Prima Guerra Mondiale “un’inutile strage”, come ha ricordato anche Papa Francesco nell’Angelus di ieri. Ci porta senz’altro un messaggio di pace, soprattutto per oggi: il rischio che il ricordo della Prima Guerra Mondiale sia soltanto un ricordo storico, qui dalle nostre parti anche turistico, che porta le persone a visitare le trincee piuttosto che altre fortificazioni. Invece, deve essere qualcosa che ci invita a un’opera concreta di pace. Anche il senso della mia lettera è proprio quello - dopo aver richiamato i testi della Parola di Dio, del Magistero - di dare qualche indicazione completa per un’opera di pace di riconciliazione nelle nostre terre.
D. - E di fronte alle tematiche della pace e della difesa, anche la comunità cristiana non può tirarsi indietro: lei nella sua lettera cita l’importanza della preghiera e spiega il ruolo importante della comunità cristiana…
R. - La preghiera, l’ascolto della Parola di Dio e l’approfondimento dell’insegnamento della Chiesa, ma poi in concreto gli atteggiamenti - direi - quotidiani, come la conoscenza dell’altro: a un certo punto, è più facile sparare a una categoria generica piuttosto che a una persona, a un volto conosciuto, no? Poi, affronto il tema dell’accoglienza, e qui troviamo tutto il tema dell’immigrazione, e infine quello della giustizia. Do anche due piccole indicazioni che forse sono opportune per la nostra realtà. La prima riguarda chi ha responsabilità anche delle politiche di difesa: citando la Costituzione italiana, ricordo che probabilmente non è la stessa cosa preparare un esercito a delle operazioni di pace - di peacekeeping come si usa dire adesso - piuttosto che una guerra di offesa. L’altra categoria a cui accenno è quella dei mezzi della comunicazione sociale che hanno una grande responsabilità, come tra l’altro è stato cento anni fa, proprio nel creare emozioni, attese, possibilità di pace o di guerra, di creare l’avversario, il nemico.
D. - Tre ore: tanto durerà la visita del Papa del prossimo 13 settembre a Redipuglia. Come sarà articolata questa visita?
R. - Per quanto sappiamo - penso che il programma debba essere ancora precisato - il Papa non solo celebrerà la Messa al Sacrario di Redipuglia, ma si recherà in visita al cimitero austroungarico, a poca distanza dal Sacrario, che raccoglie anche le salme degli eserciti avversari a quello italiano. Redipuglia ha centomila caduti italiani. In questo cimitero, ci sono 15 mila caduti di diverse nazionalità: austriaci, sloveni, ungheresi, cechi, slovacchi… Quindi, anche questo segno che il Papa farà sarà importante per dire che viene come pellegrino di pace, al di là dei confini, delle appartenenze.
D. - Come vi preparate a vivere questa visita?
R. - L’intento è proprio quello di preparare questa visita del Papa nella preghiera, nella riflessione, nell’accoglimento della sua parola.
D. - Il suo auspicio per questa visita, che come dicevamo, cade nel centenario dall’inizio della Grande Guerra e in un momento storico in cui purtroppo continuiamo a parlare di guerre, pensiamo a Gaza o all’Ucraina…
R. - Certamente, l’auspicio è che come sempre le parole del Papa non cadano a vuoto ma siano accolte, sicuramente nei nostri cuori, ma anche in quelli degli uomini e delle donne di buona volontà, affinché possano fare qualcosa. Nella mia lettera cito un conosciutissimo brano delle Beatitudini, dove gli operatori di pace sono "beati" in quanto sono persone che prendono sul serio e lavorano mettendo a rischio persino la loro vita per la giustizia e per la pace.
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