Tra i sindaci più attivi c'è il sindaco di Roma Marino. "Non possiamo farcela da soli" ha detto a una serie di diplomatici di Usa, Uk e non solo.
WSI - La Fontana di Trevi non è in vendita, certo, ma come tutti gli altri monumenti italiani ha ormai bisogno dei soldi dei privati per sopravvivere al trascorrere del tempo. "Le nostre porte sono spalancate per tutti i filantropi e donatori che vogliano legare il loro nome a un monumento italiano" ha detto Dario Franceschini, il ministro della Cultura, al New York Times. Tutt'altro che in imbarazzo, il ministro ha sottolineato al quotidiano che "abbiamo una lunga lista, visto che il nostro patrimonio offre infinite opzioni, dalle piccole chiese di campagna al Colosseo. Basta scegliere". Ampie possibilità, insomma, per coloro che volessero sentirsi i Medici del ventunesimo secolo.
Così, dai 25 milioni di euro per il Colosseo, messi a disposizione dal gruppo Tod's di Diego Della Valle, si passa ai 2,12 milioni per la Fontana di Trevi donati da Fendi e al milione e mezzo per la scalinata di piazza di Spagna a firma Bulgari. La pratica di affidarsi ad aziende private per restaurare i monumenti era una volta poco comune a Roma e nel resto d'Italia e tutt'ora non è ben vista da molte persone: storici e archeologi sono contrari allo sfruttamento commerciale dei monumenti, ma la crisi economica non sembra lasciare spazio ad alternative.
Così, luoghi storici delle città italiane finiscono in affitto per eventi e promozioni di grandi aziende: a Firenze, la popolazione si è indignata per il permesso accordato a Morgan Stanley per l'organizzazione di una cena all'interno di una cappella del quattordicesimo secolo, al costo di 27.000 dollari. In seguito, il sindaco di Firenze ha raddoppiato il prezzo da pagare a 54.000 dollari, ma per gran parte delle persone non è quello il problema. "Ci sono dei posti sacri dove semplicemente non si possono tenere cene" ha detto Salvatore Settis, ex direttore del Paul Getty Research Institute di Los Angeles, "nemmeno per quattro milioni di euro".
Pochi politici italiani sono attivi nel cercare finanziamenti privati come Ignazio Marino, il sindaco di Roma, che dal balcone del Campidoglio mostra a tutti i suoi ospiti il ricco patrimonio artistico della città, "come un venditore determinato". Il messaggio per leader politici, imprenditori e sceicchi è sempre lo stesso: "Aiutateci a preservare quello che vedete". "Non possiamo farcela da soli" ha detto il sindaco a una serie di diplomatici di Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi, a giugno.
E ha distribuito una lista di monumenti che hanno bisogno di essere restaurati, per un totale di 270 milioni di dollari in interventi. "Non è una responsabilità solo di Roma e dei romani - ha detto Marino - ma di tutta l'umanità. Gran parte della civiltà occidentale è nata qui".
Il New York Times, oltre a sottolineare i timori per lo sfruttamento commerciale dei monumenti, ricorda che in Italia non sono mai esistiti gli incentivi per i donatori previsti, per esempio, negli Stati Uniti. Ora, però, le nuove norme annunciate dal ministero della Cultura permetteranno ai donatori di ricevere detrazioni fiscali, spalmate su tre anni, del 65% della somma versata.
(TMNews)
WSI - La Fontana di Trevi non è in vendita, certo, ma come tutti gli altri monumenti italiani ha ormai bisogno dei soldi dei privati per sopravvivere al trascorrere del tempo. "Le nostre porte sono spalancate per tutti i filantropi e donatori che vogliano legare il loro nome a un monumento italiano" ha detto Dario Franceschini, il ministro della Cultura, al New York Times. Tutt'altro che in imbarazzo, il ministro ha sottolineato al quotidiano che "abbiamo una lunga lista, visto che il nostro patrimonio offre infinite opzioni, dalle piccole chiese di campagna al Colosseo. Basta scegliere". Ampie possibilità, insomma, per coloro che volessero sentirsi i Medici del ventunesimo secolo.
Così, dai 25 milioni di euro per il Colosseo, messi a disposizione dal gruppo Tod's di Diego Della Valle, si passa ai 2,12 milioni per la Fontana di Trevi donati da Fendi e al milione e mezzo per la scalinata di piazza di Spagna a firma Bulgari. La pratica di affidarsi ad aziende private per restaurare i monumenti era una volta poco comune a Roma e nel resto d'Italia e tutt'ora non è ben vista da molte persone: storici e archeologi sono contrari allo sfruttamento commerciale dei monumenti, ma la crisi economica non sembra lasciare spazio ad alternative.
Così, luoghi storici delle città italiane finiscono in affitto per eventi e promozioni di grandi aziende: a Firenze, la popolazione si è indignata per il permesso accordato a Morgan Stanley per l'organizzazione di una cena all'interno di una cappella del quattordicesimo secolo, al costo di 27.000 dollari. In seguito, il sindaco di Firenze ha raddoppiato il prezzo da pagare a 54.000 dollari, ma per gran parte delle persone non è quello il problema. "Ci sono dei posti sacri dove semplicemente non si possono tenere cene" ha detto Salvatore Settis, ex direttore del Paul Getty Research Institute di Los Angeles, "nemmeno per quattro milioni di euro".
Pochi politici italiani sono attivi nel cercare finanziamenti privati come Ignazio Marino, il sindaco di Roma, che dal balcone del Campidoglio mostra a tutti i suoi ospiti il ricco patrimonio artistico della città, "come un venditore determinato". Il messaggio per leader politici, imprenditori e sceicchi è sempre lo stesso: "Aiutateci a preservare quello che vedete". "Non possiamo farcela da soli" ha detto il sindaco a una serie di diplomatici di Stati Uniti, Regno Unito e altri Paesi, a giugno.
E ha distribuito una lista di monumenti che hanno bisogno di essere restaurati, per un totale di 270 milioni di dollari in interventi. "Non è una responsabilità solo di Roma e dei romani - ha detto Marino - ma di tutta l'umanità. Gran parte della civiltà occidentale è nata qui".
Il New York Times, oltre a sottolineare i timori per lo sfruttamento commerciale dei monumenti, ricorda che in Italia non sono mai esistiti gli incentivi per i donatori previsti, per esempio, negli Stati Uniti. Ora, però, le nuove norme annunciate dal ministero della Cultura permetteranno ai donatori di ricevere detrazioni fiscali, spalmate su tre anni, del 65% della somma versata.
(TMNews)
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