giovedì, agosto 07, 2014
Papa Francesco: nelle Beatitudini c’è tutta la novità di Cristo 

di Paolo Fucili 

I solenni dieci comandamenti, scolpiti sui pesanti lastroni di pietra che il povero Mosè dovette trascinarsi fino a valle, giù per il monte Sinai di biblica memoria, quelli “certo, tutti voi li sapete, li avete imparati nella catechesi”, ha affermato oggi Francesco con una sicurezza fin troppo candida per essere autentica.

Buon per gli 8.000 e più presenti in aula Nervi che il “professore” non abbia voluto avventurarsi in qualche improvvisata interrogazione, limitandosi ad assegnare (ma con fervide esortazioni a svolgerli) alcuni “compiti a casa”. Tanto più che il cosiddetto “decalogo” è sì il segno, l’autorevole suggello dell’antica alleanza stipulata tra Dio e il popolo eletto; nel mezzo però c’è stata una novità che, come spiegato da Bergoglio, “non nega il cammino precedente né si contrappone ad esso, ma anzi lo porta avanti, lo porta a compimento”.

E la novità, o perlomeno il suo “spirito”, è tutta racchiusa in quella sequenza di 8 “beati, beati…” che sarebbe meritevole anch’essa di essere appresa a memoria, si raccomanda il Papa, al pari dei più famosi (ma chissà poi quanto) 10 comandamenti. “Proviamo invece a ricordarle e a imprimerle nel nostro cuore. Facciamo una cosa: io le dirò una dopo l’altra e voi farete la ripetizione. Beati i poveri in spirito… Beati quelli che sono nel pianto… Beati i miti” e via discorrendo, col Papa a scandire una per una le beatitudini e i fedeli riuniti oggi in Aula Nervi, per la prima udienza generale dopo la pausa estiva, pronti a ripeterle diligentemente una per una.

Si parlava di Chiesa “nuovo popolo, che si fonda sulla nuova alleanza, stabilita dal Signore Gesù con il dono della sua vita”, sulla scia delle ultime due catechesi del nuovo ciclo dedicato appunto alla Chiesa. Le beatitudini, nella visione del Papa che molto spesso nel suo predicare le ha finora richiamate, non sono altro appunto che “la strada che Dio indica come risposta al desiderio di felicità insito nell’uomo”, e in quanto tali “perfezionano i comandamenti dell’Antica Alleanza”. Sono “il ritratto di Gesù”, “la sua forma di vita”.

La novità del cristianesimo, pare dunque di doversi logicamente ricavare, poggia su quella parola che abbiamo perso in tanti l’abitudine ad associare mentalmente a Dio, Chiesa, religione e relative faccende: “felicità”. Non si tratta di obbedire tristi, impauriti e di mala voglia ad un elenco di minacciosi imperativi, semmai affidarsi a Dio per scoprire che la vera felicità sta nel seguire Lui. Per farlo, però, non si sfugge: occorre iniziare a ragionare diversamente da come fa il mondo, insegna proprio quel famoso passo evangelico del più ampio “discorso della montagna”.

Di qui il “compito” assegnato ai presenti di legger di nuovo le beatitudini una volta tornati a casa, col Vangelo che “dovete sempre portare con voi, in tasca, nella borsa”, come già in passato Francesco si era premurato di raccomandare. E dato che ci siete, sembrerebbe aver pensato, c’è un’altra fondamentale pagina di Matteo da tener sempre bene a mente: il Giudizio finale del capitolo 25, che significativamente precede il racconto della Passione. Curioso che il Papa, come ha ripetutamente fatto già, richiami insieme questi due brani evangelici. Forse perché anche i bravi e “beati” poveri in spirito, miti, affamati e assetati di giustizia, misericordiosi, puri di cuore eccetera eccetera non si adagino sugli allori.

Tutti infatti saremo giudicati, alla fine del mondo, ricorda oggi il Pontefice che pure parla di misericordia di Dio un giorno sì e l’altro pure. E forse per misericordia, bontà sua, Dio ci ha anticipato proprio in quel capitoletto matteano le domande che a suo tempo ci sottoporrà, faccia a faccia. Ma badate bene, “non avremo titoli, crediti o privilegi da accampare. Il Signore ci riconoscerà se a nostra volta lo avremo riconosciuto nel povero, nell’affamato, in chi è indigente ed emarginato, in chi è sofferente e solo…”, come ammoniscono le sette cosiddette opere di misericordia corporale, tornate così prepotentemente in auge col Papa argentino.

Insomma, Vangelo alla mano, suggerisce caldamente sua Santità, “leggo le Beatitudini e penso come deve essere al mia vita cristiana, e poi faccio l’esame di coscienza con questo capitolo 25 di Matteo. Ogni giorno: ho fatto questo, ho fatto questo, ho fatto questo… Ci farà bene! Sono cose semplici ma concrete”. E su semplicità e concretezza, qui almeno proprio non ci piove.

Ultime nota di cronaca della mattinata il ricordo delle vittime del terremoto di domenica nello Yunnan, in Cina, perché “il Signore dia conforto, speranza e solidarietà nella prova”, e il pensiero per il predecessore Paolo VI scomparso il 6 agosto di 36 anni fa esatti: sarà peraltro lo stesso Francesco, il prossimo 19 ottobre, a presiedere il rito della beatificazione di papa Montini.


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