Intervistato alla Nbc, il Presidente Obama ha tranquillizzato i cittadini americani: “il nostro intervento sarà simile a tutte le campagne anti-terrorismo che abbiamo intrapreso”. Raid militari statunitensi hanno messo in fuga ieri i jihadisti dell’Isil dalla strategica diga di Haditha. Mentre continuano gli attacchi suicidi nel Paese, a Baghdad il Parlamento dovrebbe formare un nuovo governo.
NenaNews - “Voglio che il popolo americano capisca la natura della minaccia rappresentata dall’Isis, come noi la stiamo affrontando e desidero rassicurarli che noi sapremo affrontarla”. E’ un Barak Obama sereno quello che ieri è apparso sugli schermi della Nbc commentando l’azione militare che gli Usa stanno compiendo in Iraq. Di fronte alle telecamere del programma “Meet the Press”, il Presidente statunitense è apparso sereno nonostante l’occupazione dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e della Siria) di parte dell’Iraq imbarazzi non poco la sua amministrazione che ne aveva sottovalutato il pericolo.
Obama ha ribadito che l’intervento americano sarà completamente diverso da quello statunitense del 2003 voluto fortemente dall’allora amministrazione Bush (e dal premier inglese Blair). “Non sarà come la guerra in Iraq. Sarà simile a tutte le campagne anti-terrorismo che abbiamo intrapreso negli ultimi cinque, sei, sette anni” ha provato a chiarire il Presidente Nobel per la pace. Obama ha poi precisato: “facciamo parte di una coalizione internazionale e compiamo raid aerei per aiutare le truppe di terra irachene e curde”. Il Presidente ha poi rassicurato i cittadini americani affermando che nessun report dell’Intelligence considera l’Isis una minaccia per gli Stati Uniti d’America. Ciononostante, Obama ha sottolineato come il gruppo fondamentalista islamico abbia tra le sue file molti combattenti provenienti da nazioni occidentali che potrebbero viaggiare negli Usa “senza impedimenti” e rappresentare un pericolo.
I raid Usa hanno incassato il sostegno del leader della Lega Araba, Nabil el-Arabi, che ha invitato gli stati arabi a far parte della coalizione internazionale contro l’Isil. Al momento, però, è difficile stabilire se il suo appello abbia convinto o meno i leader arabi, molti dei quali temono una rappresaglia jihadista sul loro territorio nel caso in cui dovessero unirsi ai governi occidentali nel contrastare lo “Stato Islamico”. La coalizione di 10 paesi – annunciata lo scorso fine settimana nel vertice della Nato in Galles – al momento non include nessun paese arabo e ne ha solo uno musulmano (la Turchia).
Il Presidente iracheno, Fuad Masum, ha provato a tranquillizzare i suoi cittadini dicendo che l’intervento occidentale servirà solo a sconfiggere l’Isil e non comporterà alcuna occupazione militare. “Noi – ha dichiarato Masum alla Cnn – abbiamo bisogno di varie cose: competenza, del know-how, di armi che possono essere ottenute solo tramite accordi. Ma non di truppe di terra”. Secondo il Presidente, l’Iraq ha bisogno di sostegno internazionale: “se c’è cooperazione e coordinamento tra noi e gli Usa, insieme anche ai paesi confinanti, l’Isis sarà velocemente sconfitta”. Masum ha poi avvertito sui rischi di un possibile allargamento jihadista ad altri stati qualora i fondamentalisti dell’Isis dovessero avere la meglio nel suo Paese.
Mentre si prepara dunque una massiccia offensiva internazionale, i raid aerei statunitensi sembrano già ottenere importanti risultati. Cinque bombardamenti dell’aviazione militare di Washington hanno colpito ieri i fondamentalisti islamici presso la diga irachena di Haditha. Il leader di una forza paramilitare pro-governativa nella zona nord occidentale del Paese ha affermato che l’obiettivo degli attacchi di ieri erano i combattenti dell’Isil che minacciavano di attaccare la diga, la seconda in ordine di importanza del Paese. “Se lo Stato Islamico avesse preso il controllo della diga, molte aeree del Paese sarebbero state seriamente minacciate, perfino Baghdad” ha dichiarato alla Reuters Sheikh Ahmed Abu Risha.
L’esercito statunitense conferma l’attacco e afferma di aver distrutto 4 veicoli militari dell’Isil, quattro Humvee, 4 veicoli armati, una postazione di combattimento e una difensiva. Secondo il Pentagono nessun aereo americano sarebbe stato colpito.
Stamane, intanto, due attacchi suicidi sono avvenuti nella cittadina di Shuluiyah (a nord di Baghdad). La città è stata occupata dai jihadisti per poi essere liberata e difesa dalla popolazione locale quando l’Isil ha provato a riconquistarla. Le esplosioni avrebbero causato almeno 10 morti e 30 feriti.
In questo clima tesissimo, il Parlamento iracheno si incontra oggi per votare il nuovo governo. L’ex premier Nuri al-Maliki aveva accusato un mese fa il Presidente Masum di aver violato la costituzione incaricando Haidar al-Abadi di formare il governo. Alla fine Maliki ha deciso di farsi da parte (apparentemente), lasciando ad al-Abadi il difficile compito di mettere su un governo in un Paese lacerato dal settarismo. Il nodo più difficile da risolvere è quello rappresentato dal blocco Badr (vicino all’Iran) che vuole il Dicastero della Difesa.
La comunità internazionale (gli Usa in particolare) fa pressioni affinché venga formato un governo che possa essere il più ampio possibile in modo da contrastare compatto l’Isil. In passato, però, accordi del genere hanno paralizzato l’azione governativa.
NenaNews - “Voglio che il popolo americano capisca la natura della minaccia rappresentata dall’Isis, come noi la stiamo affrontando e desidero rassicurarli che noi sapremo affrontarla”. E’ un Barak Obama sereno quello che ieri è apparso sugli schermi della Nbc commentando l’azione militare che gli Usa stanno compiendo in Iraq. Di fronte alle telecamere del programma “Meet the Press”, il Presidente statunitense è apparso sereno nonostante l’occupazione dell’Isil (Stato islamico dell’Iraq e della Siria) di parte dell’Iraq imbarazzi non poco la sua amministrazione che ne aveva sottovalutato il pericolo.
Obama ha ribadito che l’intervento americano sarà completamente diverso da quello statunitense del 2003 voluto fortemente dall’allora amministrazione Bush (e dal premier inglese Blair). “Non sarà come la guerra in Iraq. Sarà simile a tutte le campagne anti-terrorismo che abbiamo intrapreso negli ultimi cinque, sei, sette anni” ha provato a chiarire il Presidente Nobel per la pace. Obama ha poi precisato: “facciamo parte di una coalizione internazionale e compiamo raid aerei per aiutare le truppe di terra irachene e curde”. Il Presidente ha poi rassicurato i cittadini americani affermando che nessun report dell’Intelligence considera l’Isis una minaccia per gli Stati Uniti d’America. Ciononostante, Obama ha sottolineato come il gruppo fondamentalista islamico abbia tra le sue file molti combattenti provenienti da nazioni occidentali che potrebbero viaggiare negli Usa “senza impedimenti” e rappresentare un pericolo.
I raid Usa hanno incassato il sostegno del leader della Lega Araba, Nabil el-Arabi, che ha invitato gli stati arabi a far parte della coalizione internazionale contro l’Isil. Al momento, però, è difficile stabilire se il suo appello abbia convinto o meno i leader arabi, molti dei quali temono una rappresaglia jihadista sul loro territorio nel caso in cui dovessero unirsi ai governi occidentali nel contrastare lo “Stato Islamico”. La coalizione di 10 paesi – annunciata lo scorso fine settimana nel vertice della Nato in Galles – al momento non include nessun paese arabo e ne ha solo uno musulmano (la Turchia).
Il Presidente iracheno, Fuad Masum, ha provato a tranquillizzare i suoi cittadini dicendo che l’intervento occidentale servirà solo a sconfiggere l’Isil e non comporterà alcuna occupazione militare. “Noi – ha dichiarato Masum alla Cnn – abbiamo bisogno di varie cose: competenza, del know-how, di armi che possono essere ottenute solo tramite accordi. Ma non di truppe di terra”. Secondo il Presidente, l’Iraq ha bisogno di sostegno internazionale: “se c’è cooperazione e coordinamento tra noi e gli Usa, insieme anche ai paesi confinanti, l’Isis sarà velocemente sconfitta”. Masum ha poi avvertito sui rischi di un possibile allargamento jihadista ad altri stati qualora i fondamentalisti dell’Isis dovessero avere la meglio nel suo Paese.
Mentre si prepara dunque una massiccia offensiva internazionale, i raid aerei statunitensi sembrano già ottenere importanti risultati. Cinque bombardamenti dell’aviazione militare di Washington hanno colpito ieri i fondamentalisti islamici presso la diga irachena di Haditha. Il leader di una forza paramilitare pro-governativa nella zona nord occidentale del Paese ha affermato che l’obiettivo degli attacchi di ieri erano i combattenti dell’Isil che minacciavano di attaccare la diga, la seconda in ordine di importanza del Paese. “Se lo Stato Islamico avesse preso il controllo della diga, molte aeree del Paese sarebbero state seriamente minacciate, perfino Baghdad” ha dichiarato alla Reuters Sheikh Ahmed Abu Risha.
L’esercito statunitense conferma l’attacco e afferma di aver distrutto 4 veicoli militari dell’Isil, quattro Humvee, 4 veicoli armati, una postazione di combattimento e una difensiva. Secondo il Pentagono nessun aereo americano sarebbe stato colpito.
Stamane, intanto, due attacchi suicidi sono avvenuti nella cittadina di Shuluiyah (a nord di Baghdad). La città è stata occupata dai jihadisti per poi essere liberata e difesa dalla popolazione locale quando l’Isil ha provato a riconquistarla. Le esplosioni avrebbero causato almeno 10 morti e 30 feriti.
In questo clima tesissimo, il Parlamento iracheno si incontra oggi per votare il nuovo governo. L’ex premier Nuri al-Maliki aveva accusato un mese fa il Presidente Masum di aver violato la costituzione incaricando Haidar al-Abadi di formare il governo. Alla fine Maliki ha deciso di farsi da parte (apparentemente), lasciando ad al-Abadi il difficile compito di mettere su un governo in un Paese lacerato dal settarismo. Il nodo più difficile da risolvere è quello rappresentato dal blocco Badr (vicino all’Iran) che vuole il Dicastero della Difesa.
La comunità internazionale (gli Usa in particolare) fa pressioni affinché venga formato un governo che possa essere il più ampio possibile in modo da contrastare compatto l’Isil. In passato, però, accordi del genere hanno paralizzato l’azione governativa.
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