In Messico non cala la tensione dopo le proteste dei giorni scorsi. Migliaia di persone hanno manifestato in diverse città per chiedere alle autorità di ritrovare i 43 studenti scomparsi, il 26 settembre scorso, dopo scontri con la polizia supportata da membri del crimine organizzato, nella città meridionale di Iguala, nello stato di Guerrero.
Radio Vaticana - Ritrovati finora almeno 28 corpi, in tre fosse comuni, ma per capire di chi si tratta bisognerà attendere il risultato dei test del DNA. Finora ventidue poliziotti sono stati arrestati. Il vescovo di La Paz, mons. Miguel Ángel Alba Díaz, denuncia comunque il silenzio delle autorità in contesto di corruzione. Massimiliano Menichetti ha intervistato Enza Roberta Petrillo, esperta dell'area e coautrice del libro "Narconomix", edito da Lantana: ascolta
R. – Queste violenze si stanno svolgendo in un contesto che coincide con una profonda trasformazione istituzionale del Messico, ovviamente, seguita all’uscita di scena dell’ex presidente Calderón; e a una connessa profonda trasformazione degli organigramma interni dei clan criminali che operano prevalentemente nel narcotraffico, attualmente anche nei rapimenti e nel traffico di esseri umani. L’attuale presidente Nieto ha detto, a inizio del suo mandato, che il Messico avrebbe mostrato un volto nuovo nella gestione di queste organizzazioni criminali e ha usato un termine abbastanza avvincente, quello dell’“agopuntura sociale”. In realtà, quello che manca è un piano complessivo che vada a toccare in particolate le zone delle aree rurali, rispetto alle quali il presidente Nieto aveva promesso la creazione di una sorta di nuova polizia federale, volta a gestire i clan che andavano emergendo.
D. – Quindi, chi c’è dietro queste violenze?
R. – C’è dietro lo sfaldamento del clan del cartello dei Fratelli Leyva che è stato, praticamente, soppiantato dal gruppo criminale dei Guerrieri Uniti. I Guerrieri Uniti sono assolutamente in evoluzione come fisionomia criminale e, va detto anche, che hanno profondi legami con gli attori istituzionali che operano nelle aree rurali; infatti, sappiamo che il sindaco della città in cui è avvenuto l’eccidio si è dato alla macchia, proprio perché sapeva che sarebbe stato, di lì a poco, messo in relazione con la strage.
D. – La polizia federale ha arrestato 22 agenti proprio a Iguala; ma che legame c’è tra la polizia e i narcotrafficanti?
R. – Fondamentalmente c’è un legame di contiguità, che non è soltanto di tipo economico ma è anche di tipo culturale: sono aree dove lo Stato non c’è e, quindi, di fatto l’antistato si è fatto Stato.
D. – Ma gli studenti, in maggioranza indigeni – lo ricordiamo – sono tornati in piazza contro il governo. In questo contesto che valore hanno la manifestazioni?
R. – Acquisiscono il volto di uno scontro frontale. E questo non è né il primo e non sarà, probabilmente, l’ultimo caso di eccidi commessi in manifestazioni studentesche.
D. – Il Messico, essendo federale, vede questo fenomeno non in tutto il suo territorio, ma soltanto in alcune zone particolari…
R. – Sì, assolutamente. In questo momento le aree sotto i riflettori sono le zone al confine con gli Stati Uniti, dove comunque la guerra dei narcotrafficanti continua e – insisto – nelle zone rurali, che rappresentano poi una specificità nella specificità, perché sono zone in cui ci sono contese molto aspre per la gestione dei territori; ci sono persone legate al ruolo giocato dai contadini e così via… Va detto che comunque per ora, è vero che l’attuale governo si è molto vantato del fatto che - per la prima volta dopo anni - gli omicidi legati al traffico di droga sembravano essere scesi sotto i mille al mese, che resta una cifra enorme, però, nel contesto messicano è comunque una riduzione rispetto agli standard raggiunti durante il mandato Calderón. Però, va detto anche che questo è un successo episodico, non indica una strategia complessiva per fare uscire il Paese da questa situazione di profonda disgregazione, sia istituzionale, sia sociale, sia economica.
Radio Vaticana - Ritrovati finora almeno 28 corpi, in tre fosse comuni, ma per capire di chi si tratta bisognerà attendere il risultato dei test del DNA. Finora ventidue poliziotti sono stati arrestati. Il vescovo di La Paz, mons. Miguel Ángel Alba Díaz, denuncia comunque il silenzio delle autorità in contesto di corruzione. Massimiliano Menichetti ha intervistato Enza Roberta Petrillo, esperta dell'area e coautrice del libro "Narconomix", edito da Lantana: ascolta
R. – Queste violenze si stanno svolgendo in un contesto che coincide con una profonda trasformazione istituzionale del Messico, ovviamente, seguita all’uscita di scena dell’ex presidente Calderón; e a una connessa profonda trasformazione degli organigramma interni dei clan criminali che operano prevalentemente nel narcotraffico, attualmente anche nei rapimenti e nel traffico di esseri umani. L’attuale presidente Nieto ha detto, a inizio del suo mandato, che il Messico avrebbe mostrato un volto nuovo nella gestione di queste organizzazioni criminali e ha usato un termine abbastanza avvincente, quello dell’“agopuntura sociale”. In realtà, quello che manca è un piano complessivo che vada a toccare in particolate le zone delle aree rurali, rispetto alle quali il presidente Nieto aveva promesso la creazione di una sorta di nuova polizia federale, volta a gestire i clan che andavano emergendo.
D. – Quindi, chi c’è dietro queste violenze?
R. – C’è dietro lo sfaldamento del clan del cartello dei Fratelli Leyva che è stato, praticamente, soppiantato dal gruppo criminale dei Guerrieri Uniti. I Guerrieri Uniti sono assolutamente in evoluzione come fisionomia criminale e, va detto anche, che hanno profondi legami con gli attori istituzionali che operano nelle aree rurali; infatti, sappiamo che il sindaco della città in cui è avvenuto l’eccidio si è dato alla macchia, proprio perché sapeva che sarebbe stato, di lì a poco, messo in relazione con la strage.
D. – La polizia federale ha arrestato 22 agenti proprio a Iguala; ma che legame c’è tra la polizia e i narcotrafficanti?
R. – Fondamentalmente c’è un legame di contiguità, che non è soltanto di tipo economico ma è anche di tipo culturale: sono aree dove lo Stato non c’è e, quindi, di fatto l’antistato si è fatto Stato.
D. – Ma gli studenti, in maggioranza indigeni – lo ricordiamo – sono tornati in piazza contro il governo. In questo contesto che valore hanno la manifestazioni?
R. – Acquisiscono il volto di uno scontro frontale. E questo non è né il primo e non sarà, probabilmente, l’ultimo caso di eccidi commessi in manifestazioni studentesche.
D. – Il Messico, essendo federale, vede questo fenomeno non in tutto il suo territorio, ma soltanto in alcune zone particolari…
R. – Sì, assolutamente. In questo momento le aree sotto i riflettori sono le zone al confine con gli Stati Uniti, dove comunque la guerra dei narcotrafficanti continua e – insisto – nelle zone rurali, che rappresentano poi una specificità nella specificità, perché sono zone in cui ci sono contese molto aspre per la gestione dei territori; ci sono persone legate al ruolo giocato dai contadini e così via… Va detto che comunque per ora, è vero che l’attuale governo si è molto vantato del fatto che - per la prima volta dopo anni - gli omicidi legati al traffico di droga sembravano essere scesi sotto i mille al mese, che resta una cifra enorme, però, nel contesto messicano è comunque una riduzione rispetto agli standard raggiunti durante il mandato Calderón. Però, va detto anche che questo è un successo episodico, non indica una strategia complessiva per fare uscire il Paese da questa situazione di profonda disgregazione, sia istituzionale, sia sociale, sia economica.
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