Misure alternative al carcere per i tossicodipendenti, se ne discute a Roma, a Villa Maraini.Significativo intervento di don Ciotti
I Ser.T, un dramma nel dramma dei familiari dei minorenni.
di Virgilio Violo
Flip - Nel 2013 il numero dei detenuti nelle carceri italiane ammontava a circa 67.000 contro i circa 45.000 posti regolamentari, la percentuale media di sovraffollamento quindi era pari a circa il 50%. I detenuti tossicodipendenti rappresentavano il 21 % di tutta la popolazione carceraria: di questi, solo 3.331 persone hanno ottenuto l’affidamento ai servizi sociali, ossia il 22% del numero totale dei detenuti tossicodipendenti. Si calcola che, di tali misure, almeno 10 mila detenuti ne possano usufruire .
Per i tossicodipendenti e/o alcoldipendenti condannati che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico, la legge italiana prevede infatti l’affidamento in prova ai servizi sociali e, per quelli in misura cautelare, la possibilità degli arresti domiciliari in comunità. E’ comprovato che l’uso di queste misure alternative facilita il recupero dei detenuti dal punto di vista fisiopsicologico e sociale e contribuisce, sia a ridurre il problema del sovraffollamento nelle carceri, che la pericolosità sociale del fenomeno. Da rilevare che, più cresce la disoccupazione, più aumentano le persone che fanno uso di stupefacenti e che un detenuto in carcere costa allo Stato circa 110 euro al giorno, in comunità residenziale ne costa 40.
A Roma, a Villa Maraini, in due giornate si è fatto il punto della situazione sul progetto “Alternative measures for drug offenders in Europe”. Per l’Italia il dottor Vincenzo Palmieri, della Fondazione Villa Maraini, per Roma, e il dottor Ezio Farinetti, del gruppo Abele, per Torino, hanno illustrato i risultati del progetto per le rispettive città, mentre il dottor Laurent Michel, della Croce rossa francese, il dottor Miguel Lago, della Croce rossa portoghese e il dottor Jiri Richter della Sananim, per la repubblica Ceca, hanno illustrato i risultati nei rispettivi Paesi. Molto atteso e seguito l'intervento di Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera, per il quale proprio le mafie hanno uno zoccolo, e non è l'unico, che è quello delle sostanze stupefacenti. Non dobbiamo dimenticare che nel mondo l'unico mercato che in 50 anni non ha avuto mai un meno, ma sempre un più, è il mercato delle droghe.
La Fondazione Villa Maraini è uno dei principali centri italiani per la cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. E’ l’unico centro anti-droga in Italia aperto tutti i giorni h24 e opera attraverso un insieme di strutture e servizi estremamente articolati e differenziati, in modo da poter offrire una vasta gamma di programmi terapeutici sulla base delle esigenze e bisogni dei singoli pazienti/utenti. In particolare, per i detenuti tossicodipendenti, la Fondazione svolge consulenza, accoglienza e orientamento in sede e all’interno di alcuni istituti penitenziari del Lazio ed è centro terapeutico residenziale e semi-residenziale per tossicodipendenti in misure alternative alla detenzione.
“Purtroppo i detenuti tossicodipendenti che beneficiano di questa misura sono ancora molto pochi. In 10 anni, su circa 900 persone che avrebbero potuto beneficiare delle misure alternative, solo 380 hanno ottenuto l’ok all’affidamento a Villa Maraini” afferma il dottor Massimo Barra, fondatore della onlus Villa Maraini, tra le cause principali: tempi lunghi nelle procedure amministrative per le autorizzazioni, anche a causa della burocrazia lenta dei Ser.t, scarso coordinamento tra i vari soggetti interessati: carceri, Ser.t, magistratura di sorveglianza, comunità di recupero. Oltre a ciò v’è il ritardo nei pagamenti delle rette da parte della Asl alle comunità terapeutiche.
Nel 2013 Villa Maraini ha accolto 30 persone in misura alternativa alla detenzione, per un totale di 4300 presenze h24, la concessione di misure alternative ad appena 30 detenuti ha permesso allo Stato di risparmiare oltre 765 mila euro in un anno.
Purtroppo non si è parlato del dramma vissuto dalle famiglie dei tossicodipendenti, soprattutto minorenni. Al convegno ne erano presenti molte. Oggi in Italia, su 10 ragazzi, almeno 4 hanno fumato uno “spinello”. Problema sociale che non ha precedenti e che non fa ben sperare per il futuro. Abbiamo raccolto la testimonianza di alcuni genitori presenti: “ci siamo accorti all’improvviso che nostro figlio, minorenne, faceva uso di droghe pesanti. Disperati, non potendolo più tenere in casa, abbiamo fatto una ricerca su internet per vedere se c’erano dei centri specializzati per trattare la tossicodipendenza disposti a prendere nostro figlio. Su internet ne contattammo uno che prometteva completa disintossicazione dopo almeno sette mesi. Scoprimmo poi che sulla rete c’erano tanti siti pubblicitari in primo piano facenti capo ad un unico stesso centro, quello che avevamo contattato. Addolorati, ma pieni di speranza, affidammo nostro figlio a questo centro e, con enorme sacrificio economico, accettammo di pagarne la retta, circa 2mila e cinquecento euro al mese. Dopo sei mesi fummo costretti a riprenderlo, nostro figlio non voleva più saperne di stare lì, e non potevamo costringerlo. Tornato a casa, riprese a drogarsi come prima… nottate da incubo in cui non lo vedevamo tornare, era diventato violento, spacciava…. Disperati ci rivolgemmo al Ser.t, in quanto ci avevano spiegato che, per mandarlo in una comunità a spese dello Stato, bisognava passare attraverso quest’ultimo. A maggio del 2013 il Ser.T prese in carico nostro figlio. Spiegammo che eravamo disperati, non eravamo più in grado di gestirlo. Eravamo lì per essere aiutati anche noi. Iniziarono i colloqui e le valutazioni di rito. Ci spiegarono che avrebbero iniziato con nostro figlio un progetto che doveva durare 6 mesi. Nel mentre avrebbe dovuto fare le analisi due volte a settimana per accertare la positività agli stupefacenti. Un assistente sociale gli sarebbe stato affiancato. Per sei lunghi, interminabili mesi, abbiamo portato mostro figlio a fare le analisi (ci risulta, anche molto costose) per sentirci dire ogni volta che erano positive, cosa di cui sin dall’inizio non dubitavamo, altrimenti non saremmo ricorsi alla struttura. Quanto all’assistente, alla fine del programma, ci affermò candidamente che poche volte aveva avuto modo di incontrarlo: si era semplicemente limitato a dirgli che, qualora avesse voluto parlargli, sarebbe stato a sua disposizione. Immaginate voi se, una persona che si droga, abbia voglia di parlare con un assistente sociale! A settembre 2013, a seguito del peggioramento della situazione, ci dissero di prendere appuntamento con il servizio di Igiene mentale della Asl per una valutazione congiunta. Batosta finale: a novembre il Ser.T ci rispose che in comunità mandavano, per loro regola, solo chi non faceva più uso da almeno tre mesi di sostanze stupefacenti. In ogni caso mancava la volontà dell'interessato. A saperlo prima! Ci rivolgemmo ai carabinieri per avere un consiglio i quali ci dissero che, anche se arrestato, quasi sicuramente nostro figlio, dopo qualche mese nel carcere minorile, sarebbe tornato a casa agli arresti domiciliari e, in più, palmierisarebbe stato marchiato a vita, quindi il gioco non valeva la candela. Nello stesso mese (a seguito di ripetute, e ripetute richieste per un appuntamento) il servizio di Igiene mentale della Asl prescrisse per nostro figlio una terapia farmacologica e alle nostre preghiere per poterlo mandare in una comunità (nostro figlio era irriconoscibile e non andava più a scuola, quindi rimaneva a casa da solo perché noi eravamo al lavoro), ci risposero che aspettavano la relazione del Ser.T, in quanto era questo che decideva. Si rimbalzavano la palla senza farci capire chi doveva fare cosa, quali erano i ruoli e le competenze, e intanto nostro figlio stava praticamente morendo. Abbandonati al nostro dramma, pensammo di rivolgerci a Villa Maraini. Non ci chiesero nulla e accolsero nostro figlio. Ora nostro figlio ha abbandonato le droghe pesanti ed è tornato a scuola, la speranza è rifiorita nei nostri cuori. A fine dicembre dal Ser.t ci telefonarono per informarci che la relazione era pronta e che potevamo andare a ritirarla. Non ci siamo più andati….!”. Nel nostro Paese, di situazioni simili, ce ne sono migliaia e migliaia e lo Stato latita.
Tornando al tema oggetto del convegno, chiediamo al dottor Vincenzo Palmieri quali proposte ritesse valide per migliorare la fruibilità delle pene alternative al carcere per i tossicodipendenti, le elenchiamo: apertura delle misure altenative a programmi ambulatoriali e maggiori concessioni dei possibili benefici. Abbreviazione dell’iter procedurale per la concessione del beneficio e delle relative autorizzazioni del servizio pubblico. Aumento delle strutture in grado di accogliere soggetti beneficiari di misure alternative al carcere. Aumento delle risorse economiche scandalosamente inadeguate.
Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, dott.Alberto Bellet (a sinistra)
con il dottor Vincenzo Palmieri, coordinatore del progetto di Villa Maraini.
di Virgilio Violo
Flip - Nel 2013 il numero dei detenuti nelle carceri italiane ammontava a circa 67.000 contro i circa 45.000 posti regolamentari, la percentuale media di sovraffollamento quindi era pari a circa il 50%. I detenuti tossicodipendenti rappresentavano il 21 % di tutta la popolazione carceraria: di questi, solo 3.331 persone hanno ottenuto l’affidamento ai servizi sociali, ossia il 22% del numero totale dei detenuti tossicodipendenti. Si calcola che, di tali misure, almeno 10 mila detenuti ne possano usufruire .
Per i tossicodipendenti e/o alcoldipendenti condannati che intendano intraprendere o proseguire un programma terapeutico, la legge italiana prevede infatti l’affidamento in prova ai servizi sociali e, per quelli in misura cautelare, la possibilità degli arresti domiciliari in comunità. E’ comprovato che l’uso di queste misure alternative facilita il recupero dei detenuti dal punto di vista fisiopsicologico e sociale e contribuisce, sia a ridurre il problema del sovraffollamento nelle carceri, che la pericolosità sociale del fenomeno. Da rilevare che, più cresce la disoccupazione, più aumentano le persone che fanno uso di stupefacenti e che un detenuto in carcere costa allo Stato circa 110 euro al giorno, in comunità residenziale ne costa 40.
A Roma, a Villa Maraini, in due giornate si è fatto il punto della situazione sul progetto “Alternative measures for drug offenders in Europe”. Per l’Italia il dottor Vincenzo Palmieri, della Fondazione Villa Maraini, per Roma, e il dottor Ezio Farinetti, del gruppo Abele, per Torino, hanno illustrato i risultati del progetto per le rispettive città, mentre il dottor Laurent Michel, della Croce rossa francese, il dottor Miguel Lago, della Croce rossa portoghese e il dottor Jiri Richter della Sananim, per la repubblica Ceca, hanno illustrato i risultati nei rispettivi Paesi. Molto atteso e seguito l'intervento di Don Luigi Ciotti, fondatore del Gruppo Abele e presidente di Libera, per il quale proprio le mafie hanno uno zoccolo, e non è l'unico, che è quello delle sostanze stupefacenti. Non dobbiamo dimenticare che nel mondo l'unico mercato che in 50 anni non ha avuto mai un meno, ma sempre un più, è il mercato delle droghe.
La Fondazione Villa Maraini è uno dei principali centri italiani per la cura e riabilitazione delle tossicodipendenze. E’ l’unico centro anti-droga in Italia aperto tutti i giorni h24 e opera attraverso un insieme di strutture e servizi estremamente articolati e differenziati, in modo da poter offrire una vasta gamma di programmi terapeutici sulla base delle esigenze e bisogni dei singoli pazienti/utenti. In particolare, per i detenuti tossicodipendenti, la Fondazione svolge consulenza, accoglienza e orientamento in sede e all’interno di alcuni istituti penitenziari del Lazio ed è centro terapeutico residenziale e semi-residenziale per tossicodipendenti in misure alternative alla detenzione.
“Purtroppo i detenuti tossicodipendenti che beneficiano di questa misura sono ancora molto pochi. In 10 anni, su circa 900 persone che avrebbero potuto beneficiare delle misure alternative, solo 380 hanno ottenuto l’ok all’affidamento a Villa Maraini” afferma il dottor Massimo Barra, fondatore della onlus Villa Maraini, tra le cause principali: tempi lunghi nelle procedure amministrative per le autorizzazioni, anche a causa della burocrazia lenta dei Ser.t, scarso coordinamento tra i vari soggetti interessati: carceri, Ser.t, magistratura di sorveglianza, comunità di recupero. Oltre a ciò v’è il ritardo nei pagamenti delle rette da parte della Asl alle comunità terapeutiche.
Nel 2013 Villa Maraini ha accolto 30 persone in misura alternativa alla detenzione, per un totale di 4300 presenze h24, la concessione di misure alternative ad appena 30 detenuti ha permesso allo Stato di risparmiare oltre 765 mila euro in un anno.
Purtroppo non si è parlato del dramma vissuto dalle famiglie dei tossicodipendenti, soprattutto minorenni. Al convegno ne erano presenti molte. Oggi in Italia, su 10 ragazzi, almeno 4 hanno fumato uno “spinello”. Problema sociale che non ha precedenti e che non fa ben sperare per il futuro. Abbiamo raccolto la testimonianza di alcuni genitori presenti: “ci siamo accorti all’improvviso che nostro figlio, minorenne, faceva uso di droghe pesanti. Disperati, non potendolo più tenere in casa, abbiamo fatto una ricerca su internet per vedere se c’erano dei centri specializzati per trattare la tossicodipendenza disposti a prendere nostro figlio. Su internet ne contattammo uno che prometteva completa disintossicazione dopo almeno sette mesi. Scoprimmo poi che sulla rete c’erano tanti siti pubblicitari in primo piano facenti capo ad un unico stesso centro, quello che avevamo contattato. Addolorati, ma pieni di speranza, affidammo nostro figlio a questo centro e, con enorme sacrificio economico, accettammo di pagarne la retta, circa 2mila e cinquecento euro al mese. Dopo sei mesi fummo costretti a riprenderlo, nostro figlio non voleva più saperne di stare lì, e non potevamo costringerlo. Tornato a casa, riprese a drogarsi come prima… nottate da incubo in cui non lo vedevamo tornare, era diventato violento, spacciava…. Disperati ci rivolgemmo al Ser.t, in quanto ci avevano spiegato che, per mandarlo in una comunità a spese dello Stato, bisognava passare attraverso quest’ultimo. A maggio del 2013 il Ser.T prese in carico nostro figlio. Spiegammo che eravamo disperati, non eravamo più in grado di gestirlo. Eravamo lì per essere aiutati anche noi. Iniziarono i colloqui e le valutazioni di rito. Ci spiegarono che avrebbero iniziato con nostro figlio un progetto che doveva durare 6 mesi. Nel mentre avrebbe dovuto fare le analisi due volte a settimana per accertare la positività agli stupefacenti. Un assistente sociale gli sarebbe stato affiancato. Per sei lunghi, interminabili mesi, abbiamo portato mostro figlio a fare le analisi (ci risulta, anche molto costose) per sentirci dire ogni volta che erano positive, cosa di cui sin dall’inizio non dubitavamo, altrimenti non saremmo ricorsi alla struttura. Quanto all’assistente, alla fine del programma, ci affermò candidamente che poche volte aveva avuto modo di incontrarlo: si era semplicemente limitato a dirgli che, qualora avesse voluto parlargli, sarebbe stato a sua disposizione. Immaginate voi se, una persona che si droga, abbia voglia di parlare con un assistente sociale! A settembre 2013, a seguito del peggioramento della situazione, ci dissero di prendere appuntamento con il servizio di Igiene mentale della Asl per una valutazione congiunta. Batosta finale: a novembre il Ser.T ci rispose che in comunità mandavano, per loro regola, solo chi non faceva più uso da almeno tre mesi di sostanze stupefacenti. In ogni caso mancava la volontà dell'interessato. A saperlo prima! Ci rivolgemmo ai carabinieri per avere un consiglio i quali ci dissero che, anche se arrestato, quasi sicuramente nostro figlio, dopo qualche mese nel carcere minorile, sarebbe tornato a casa agli arresti domiciliari e, in più, palmierisarebbe stato marchiato a vita, quindi il gioco non valeva la candela. Nello stesso mese (a seguito di ripetute, e ripetute richieste per un appuntamento) il servizio di Igiene mentale della Asl prescrisse per nostro figlio una terapia farmacologica e alle nostre preghiere per poterlo mandare in una comunità (nostro figlio era irriconoscibile e non andava più a scuola, quindi rimaneva a casa da solo perché noi eravamo al lavoro), ci risposero che aspettavano la relazione del Ser.T, in quanto era questo che decideva. Si rimbalzavano la palla senza farci capire chi doveva fare cosa, quali erano i ruoli e le competenze, e intanto nostro figlio stava praticamente morendo. Abbandonati al nostro dramma, pensammo di rivolgerci a Villa Maraini. Non ci chiesero nulla e accolsero nostro figlio. Ora nostro figlio ha abbandonato le droghe pesanti ed è tornato a scuola, la speranza è rifiorita nei nostri cuori. A fine dicembre dal Ser.t ci telefonarono per informarci che la relazione era pronta e che potevamo andare a ritirarla. Non ci siamo più andati….!”. Nel nostro Paese, di situazioni simili, ce ne sono migliaia e migliaia e lo Stato latita.
Tornando al tema oggetto del convegno, chiediamo al dottor Vincenzo Palmieri quali proposte ritesse valide per migliorare la fruibilità delle pene alternative al carcere per i tossicodipendenti, le elenchiamo: apertura delle misure altenative a programmi ambulatoriali e maggiori concessioni dei possibili benefici. Abbreviazione dell’iter procedurale per la concessione del beneficio e delle relative autorizzazioni del servizio pubblico. Aumento delle strutture in grado di accogliere soggetti beneficiari di misure alternative al carcere. Aumento delle risorse economiche scandalosamente inadeguate.
Il Presidente del Tribunale di sorveglianza di Roma, dott.Alberto Bellet (a sinistra)
con il dottor Vincenzo Palmieri, coordinatore del progetto di Villa Maraini.
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