“50+1″, nuovo lavoro discografico per i Nomadi, una delle band più longeve della musica pop rock italiana: 32 canzoni storiche più due inediti “Nulla di nuovo” e “Come va la vita”.
Ai microfoni di LPL News24, Beppe Carletti ripercorre mezzo secolo di vita sul palco e presenta l’ultimo album.
intervista di Simona Santullo
Era il lontano 1963 quando un “certo” Beppe Carletti era alla disperata ricerca di un cantante per il suo gruppo. Per caso, gli presentarono un cantante, Augusto Daolio, che dopo una specie di provino svoltosi direttamente sul palco, fu scelto ed inserito immediatamente nel gruppo. Da quel magico momento, nasce uno dei gruppi italiani che ha fatto la storia della musica nel nostro paese: I Nomadi.
Dal 1963 ad oggi sono passati cinquantun anni. Un cinquantennio di musica vissuta per la maggior parte del tempo in tour, nelle piazze, negli stadi, nei locali, a contatto con la gente semplice.
Ho ho avuto il piacere e l’onore di parlare con quel “certo” Beppe Carletti, un ‘gigante buono’ della musica italiana ed internazionale, leader storico della band di Novellara, persona di grande spessore artistico e soprattutto umano, ma al contempo una persona molto semplice. Con lui abbiamo ripercorso questi primi favolosi cinquantun anni di musica e di successi, ma abbiamo anche parlato di solidarietà, di umanità e di come aiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio, perché solo così si è in grado di apprezzare la vita e il vero amore.
D.- I Nomadi rappresentano una parte fondamentale ed ‘intoccabile’ della musica italiana. Come sono stati questi primi cinquantuno anni di vita artistica e di successi?
R.- Sono stati travagliati, come la vita in genere. Ci sono state cose belle e cose meno belle ma siamo arrivati a questo traguardo e ciò significa che le cose belle sono prevalse su quelle meno belle. I Nomadi hanno vissuto questi anni come se fossimo una grande famiglia dove succede di tutto, però penso che se siamo qui dopo tantissimi anni vuol dire che quello che è stato fatto è stato positivo.
D.- La coerenza è stato uno dei tanti dei vostri pregi e sicuramente un vostro punto di forza per rimanere sull’onda del successo. Quanto è stato difficile, essere coerenti considerando i tanti cambiamenti che invece sono avvenuti nel mondo della discografia italiana?
R.- La coerenza si paga. E’ difficile rimanere coerenti, ma quando fai una cosa in cui credi e hai ben chiaro cosa vuoi fare, non si fa fatica a essere coerenti. È chiaro che possono esserci dei momenti in cui la coerenza che ti porti dietro non ti ripaga dei sacrifici, ma con tutto il travaglio che c’è stato all’interno del nostro gruppo, noi ci siamo riusciti. I Nomadi sono un’idea, sono un gruppo atipico in cui si sono alternate ventidue persone. Ventidue persone che hanno contribuito alla crescita di questo gruppo e tutte e ventidue coerenti. C’è chi è durato di più e chi è durato di meno, ma tutti hanno dato il loro contributo e tutti hanno fatto sì che i Nomadi facessero della coerenza una bandiera.
- D.- Beppe, come hai detto tu, nei Nomadi si sono alternati negli anni ventidue persone, per i più svariati motivi. Come si trova però quell’unione, quel feeling, che necessariamente ci deve essere tra tutti voi che vivete e lavorate insieme?
- R.- Quando una persona entra a far parte dei Nomadi sa bene cosa sono stati e chi sono i Nomadi, quindi inizi e condividi già tutto quello che è stato fatto. E’ ovvio che poi c’è un cammino da fare insieme. Essere coerenti ed essere Nomadi non è facile, ci sono dei sacrifici da fare, tanto per farti un esempio: i Nomadi sono on the road continuamente, non tutti sono propensi a questo tipo di vita e molti hanno lasciato il gruppo per questo motivo. Ma tutti quelli che sono entrati, hanno sposato la causa dei Nomadi e questo è positivo. Non finirò mai di ripeterlo: tutti hanno contribuito a questa storia incredibile fatta comunque di coerenza.
D.- 51 anni di onorata carriera artistica e ad oggi, cinquantuno lavori tra dischi in studio, live e raccolte. Non vi siete mai fermati. Che effetto ti fa, a distanza di anni, veder tanta gente e tante generazioni diverse sotto il palco?
R.- Ha dell’incredibile. Ho visto crescere la nostra storia, quindi delle volte non me ne accorgo neanche, poi all’improvviso apro gli occhi, mi sveglio e vedo questa cosa meravigliosa che ci sta capitando, ed è bellissimo. Come hai detto tu, vedere tante generazioni diverse e che tutti insieme cantano le canzoni dalle prime alle ultimissime, è la soddisfazione più grande che ci possa essere. E’ davvero una cosa meravigliosa, stupefacente. Sono cinquantun anni che sono lì, ho visto crescere questa storia giorno dopo giorno ed è incredibile, è una storia infinita, sembra che non debba mai finire.
D.- Raccontaci qualche cosa della vostra attività umanitaria svolta girando per il mondo, aiutando tutti quei popoli meno fortunati di noi.
R.- Noi abbiamo cominciato con Cuba, portando quaderni e matite, quasi per gioco. Ti assicuro, non lo abbiamo fatto per avere un ritorno d’immagine. Dopo Cuba, abbiamo spaziato dal Tibet a tantissimi altri paesi. Ho anche intrapreso questo cammino da solo e ho cominciato a viaggiare in Asia, dalla Cambogia al Vietnam alla Tailandia, poi sono passato in Madagascar e non sto qui a specificarti bene paese per paese dove mi sono diretto, però tutto è cominciato per gioco. Considera che siamo andati anche in Palestina dove abbiamo incontrato Arafat, ho incontrato il Dalai Lama, ho incontrato Fidel, ma non lo faccio o non lo facciamo per un tornaconto d’immagine. Ora viaggio praticamente da solo, con una piccola associazione umanitaria che si chiama “Crescerai” e siamo stati in Madagascar. E’ bellissimo sai, e deve essere fatto così, senza obblighi perché solo così è volontariato vero, quello giusto. Se fare volontariato deve diventare una professione, allora è meglio smettere. I Nomadi hanno sempre fatto delle piccole cose, continuiamo a farle e questa è la più grande soddisfazione. Le piccole cose sono bellissime perché ti riempiono con una grande forza. Le piccole cose possono fare felici tanti bambini e noi abbiamo pensato sempre a loro perché sono il futuro, quindi mi sembra giusto puntare su di loro e i Nomadi continueranno a fare tutto questo.
D.- Il vostro ultimo lavoro discografico, uscito ad aprile di quest’anno e che s’intitola 50 + 1 è una raccolta di trentadue successi intramontabili come “Io vagabondo”, ” Noi non ci saremo”, “Un pugno di sabbia”, “Ho difeso il mio amore” più due inediti. Come va la vita” e “Nulla di nuovo”. Con che criterio avete scelto le canzoni all'interno dell'album?
R.- Non è una raccolta ma è una re incisione dei brani storici, rivisti con dei suoni attuali quindi è come se fosse un disco nuovo tutto da ascoltare. In più, come hai detto tu, ci sono due inediti e sostanzialmente una canzone da una risposta all’altra. Questi due inediti son proprio ‘Nomadi’ al cento per cento e questo vuol dire coerenza: il tempo passa ma noi siamo rimasti gli stessi. Sono cambiate le mode, è cambiato tutto, ma i Nomadi sono sempre qua con lo stesso modo di essere e penso che questi due inediti ci rappresentino in modo veramente grande ed io ne sono davvero orgoglioso.
D.- Con che criterio avete scelto le canzoni da inserire nell’album?
R.- Questa è una bella domandina…! Sai, le canzoni sono trecento, è chiaro che abbiam preso quelle più popolari, quelle più conosciute come “Dio è morto”, “Noi non ci saremo”, “Un pugno di sabbia”. Abbiamo scelto le canzoni che la gente ha amato di più e che i ragazzi di adesso amano. Le canzoni dei Nomadi non hanno età. Quando io suono “Un pugno di sabbia” vedo i ragazzini che la cantano ed è una cosa bella. Per non parlare di “Vagabondo”, quella canzone è diventato l’inno d’Italia, credo.
D.- Dal 2 settembre è in rotazione su tutte le radio “Nulla di nuovo”. Molto bella. Beppe, “ STIAMO IN SILENZO DAVANTI A TUTTI GLI ERRORI DEL MONDO E CI CHIEDIAMO: PERCHE’”?
Perché ci rimane così difficile aiutare il prossimo?
R.- Perché siamo diventati tutti più egoisti… e tra tutti mi ci metto anche io, nel senso che ognuno guarda “casa sua” e basta. Tutto questo è atroce e assurdo. Noi siamo un popolo di egoisti, siamo diventati ciechi, non vediamo oltre il nostro naso, non vogliamo vedere fuori perché non ci interessa. Tutto questo è brutto, è negativo ed è una cosa che fa stare male. Purtroppo è così, questa è la realtà, è incredibile ma è così. Dovremmo essere tutti meno egoisti.
D.- Tu eri molto amico di Augusto Daolio, voce dei Nomadi per trent’anni. Quanto ti manca Augusto?
R.- Augusto mi manca come amico. Noi vivevamo nello stesso paese, abbiamo condiviso tutte le gioie e qualche piccolo dolore, ma veramente tante tante gioie bellissime, quindi mi manca prima di tutto come amico e poi come cantante… non ne parliamo neanche. Io ho avuto la fortuna di lavorare con un cantante e con un artista davvero unico, a trecento sessanta gradi. Lui ha riempito tutta la mia vita.
D.- I Nomadi sono molto legati a Don Mazzi e alla fondazione EXODUS, impegnata in prima persona per aiutare il mondo giovanile. Com’è nata questa collaborazione? E soprattutto, insieme c’è la voglia di aiutare una parte fondamentale di questa società italiana che a oggi sembra non avere più futuro. Cosa ne pensi?
R.- Io ho una grande amicizia personale con il “Don”, la stima è reciproca e abbiamo sempre cercato di stare vicino a queste persone perché le persone hanno bisogno di essere aiutate, hanno bisogno di essere capite, e stando vicino al “Don” ho imparato tantissimo e sto ancora imparando tanto. Quando si può fare qualche cosa insieme, ed è la cosa più bella, lo faccio volentieri. Sono cose che ti riempiono il cuore, che ti riempiono la vita e che ti danno soddisfazione, e sono queste le cose importanti della vita. Piccole cose incredibili che ti aiutano a crescere.
D.- il 4 ottobre in Piazza Duomo a Milano si terrà un grande concerto “TREMENDA VOGLIA DI MUSICA” per festeggiare i trenta anni della Fondazione Exodus e i vostri 50 + 1 anni di carriera.
Sul palco con voi ci sarà il Maestro Bruno Santori con la sua orchestra e tanti altri artisti. Che evento sarà e cosa ti aspetti da questa serata?
R.- Mi aspetto che la gente partecipi e che pensi di aiutare le persone. Suonare in Piazza Duomo è un evento incredibile. Suonare lì fa venire la pelle d’oca solo al pensiero… . Credo che sarà certamente un grande successo, perché secondo me le persone hanno bisogno di stare insieme, e questo è sicuramente un modo per stare insieme. Sarà un evento incredibile e mi auguro di vedere davvero tanta gente, perché questo vorrebbe dire che tutti sentono lo stesso problema e tutti intorno a Don Mazzi perché trent’anni di Exodus non sono pochi, anzi, sono davvero tanti. Don Mazzi l’ho conosciuto nei primi anni del parco Lambro e da subito è nata un amicizia che è andata in crescendo ed è bellissimo. Di questo sono veramente felice e sono felice di essere suo partner in questo suo evento di cui sicuramente ne parlerà tutta Italia. (dettagli evento)
D.- Ultima domanda. Cosa ti aspetti dal futuro per i Nomadi?
R.- Cosa mi aspetto? Sai, fare le previsioni è difficile, non ho la sfera di cristallo, ma spero che si possa andare avanti ancora, che ci si possa divertire ancora. Mi aspetto che questo gruppo nato nel lontano 1963 possa andare avanti ancora nel tempo e che potremo essere di esempio per tanti altri gruppi che nascono adesso.
Noi ovviamente facciamo un grosso in bocca al lupo ai Nomadi e ai loro prossimi cinquant’anni di storia on the road. Grazie Beppe, e arrivederci a presto!
intervista di Simona Santullo
Era il lontano 1963 quando un “certo” Beppe Carletti era alla disperata ricerca di un cantante per il suo gruppo. Per caso, gli presentarono un cantante, Augusto Daolio, che dopo una specie di provino svoltosi direttamente sul palco, fu scelto ed inserito immediatamente nel gruppo. Da quel magico momento, nasce uno dei gruppi italiani che ha fatto la storia della musica nel nostro paese: I Nomadi.
Dal 1963 ad oggi sono passati cinquantun anni. Un cinquantennio di musica vissuta per la maggior parte del tempo in tour, nelle piazze, negli stadi, nei locali, a contatto con la gente semplice.
Ho ho avuto il piacere e l’onore di parlare con quel “certo” Beppe Carletti, un ‘gigante buono’ della musica italiana ed internazionale, leader storico della band di Novellara, persona di grande spessore artistico e soprattutto umano, ma al contempo una persona molto semplice. Con lui abbiamo ripercorso questi primi favolosi cinquantun anni di musica e di successi, ma abbiamo anche parlato di solidarietà, di umanità e di come aiutare il prossimo senza aspettarsi nulla in cambio, perché solo così si è in grado di apprezzare la vita e il vero amore.
D.- I Nomadi rappresentano una parte fondamentale ed ‘intoccabile’ della musica italiana. Come sono stati questi primi cinquantuno anni di vita artistica e di successi?
R.- Sono stati travagliati, come la vita in genere. Ci sono state cose belle e cose meno belle ma siamo arrivati a questo traguardo e ciò significa che le cose belle sono prevalse su quelle meno belle. I Nomadi hanno vissuto questi anni come se fossimo una grande famiglia dove succede di tutto, però penso che se siamo qui dopo tantissimi anni vuol dire che quello che è stato fatto è stato positivo.
D.- La coerenza è stato uno dei tanti dei vostri pregi e sicuramente un vostro punto di forza per rimanere sull’onda del successo. Quanto è stato difficile, essere coerenti considerando i tanti cambiamenti che invece sono avvenuti nel mondo della discografia italiana?
R.- La coerenza si paga. E’ difficile rimanere coerenti, ma quando fai una cosa in cui credi e hai ben chiaro cosa vuoi fare, non si fa fatica a essere coerenti. È chiaro che possono esserci dei momenti in cui la coerenza che ti porti dietro non ti ripaga dei sacrifici, ma con tutto il travaglio che c’è stato all’interno del nostro gruppo, noi ci siamo riusciti. I Nomadi sono un’idea, sono un gruppo atipico in cui si sono alternate ventidue persone. Ventidue persone che hanno contribuito alla crescita di questo gruppo e tutte e ventidue coerenti. C’è chi è durato di più e chi è durato di meno, ma tutti hanno dato il loro contributo e tutti hanno fatto sì che i Nomadi facessero della coerenza una bandiera.
- D.- Beppe, come hai detto tu, nei Nomadi si sono alternati negli anni ventidue persone, per i più svariati motivi. Come si trova però quell’unione, quel feeling, che necessariamente ci deve essere tra tutti voi che vivete e lavorate insieme?
- R.- Quando una persona entra a far parte dei Nomadi sa bene cosa sono stati e chi sono i Nomadi, quindi inizi e condividi già tutto quello che è stato fatto. E’ ovvio che poi c’è un cammino da fare insieme. Essere coerenti ed essere Nomadi non è facile, ci sono dei sacrifici da fare, tanto per farti un esempio: i Nomadi sono on the road continuamente, non tutti sono propensi a questo tipo di vita e molti hanno lasciato il gruppo per questo motivo. Ma tutti quelli che sono entrati, hanno sposato la causa dei Nomadi e questo è positivo. Non finirò mai di ripeterlo: tutti hanno contribuito a questa storia incredibile fatta comunque di coerenza.
D.- 51 anni di onorata carriera artistica e ad oggi, cinquantuno lavori tra dischi in studio, live e raccolte. Non vi siete mai fermati. Che effetto ti fa, a distanza di anni, veder tanta gente e tante generazioni diverse sotto il palco?
R.- Ha dell’incredibile. Ho visto crescere la nostra storia, quindi delle volte non me ne accorgo neanche, poi all’improvviso apro gli occhi, mi sveglio e vedo questa cosa meravigliosa che ci sta capitando, ed è bellissimo. Come hai detto tu, vedere tante generazioni diverse e che tutti insieme cantano le canzoni dalle prime alle ultimissime, è la soddisfazione più grande che ci possa essere. E’ davvero una cosa meravigliosa, stupefacente. Sono cinquantun anni che sono lì, ho visto crescere questa storia giorno dopo giorno ed è incredibile, è una storia infinita, sembra che non debba mai finire.
D.- Raccontaci qualche cosa della vostra attività umanitaria svolta girando per il mondo, aiutando tutti quei popoli meno fortunati di noi.
R.- Noi abbiamo cominciato con Cuba, portando quaderni e matite, quasi per gioco. Ti assicuro, non lo abbiamo fatto per avere un ritorno d’immagine. Dopo Cuba, abbiamo spaziato dal Tibet a tantissimi altri paesi. Ho anche intrapreso questo cammino da solo e ho cominciato a viaggiare in Asia, dalla Cambogia al Vietnam alla Tailandia, poi sono passato in Madagascar e non sto qui a specificarti bene paese per paese dove mi sono diretto, però tutto è cominciato per gioco. Considera che siamo andati anche in Palestina dove abbiamo incontrato Arafat, ho incontrato il Dalai Lama, ho incontrato Fidel, ma non lo faccio o non lo facciamo per un tornaconto d’immagine. Ora viaggio praticamente da solo, con una piccola associazione umanitaria che si chiama “Crescerai” e siamo stati in Madagascar. E’ bellissimo sai, e deve essere fatto così, senza obblighi perché solo così è volontariato vero, quello giusto. Se fare volontariato deve diventare una professione, allora è meglio smettere. I Nomadi hanno sempre fatto delle piccole cose, continuiamo a farle e questa è la più grande soddisfazione. Le piccole cose sono bellissime perché ti riempiono con una grande forza. Le piccole cose possono fare felici tanti bambini e noi abbiamo pensato sempre a loro perché sono il futuro, quindi mi sembra giusto puntare su di loro e i Nomadi continueranno a fare tutto questo.
D.- Il vostro ultimo lavoro discografico, uscito ad aprile di quest’anno e che s’intitola 50 + 1 è una raccolta di trentadue successi intramontabili come “Io vagabondo”, ” Noi non ci saremo”, “Un pugno di sabbia”, “Ho difeso il mio amore” più due inediti. Come va la vita” e “Nulla di nuovo”. Con che criterio avete scelto le canzoni all'interno dell'album?
R.- Non è una raccolta ma è una re incisione dei brani storici, rivisti con dei suoni attuali quindi è come se fosse un disco nuovo tutto da ascoltare. In più, come hai detto tu, ci sono due inediti e sostanzialmente una canzone da una risposta all’altra. Questi due inediti son proprio ‘Nomadi’ al cento per cento e questo vuol dire coerenza: il tempo passa ma noi siamo rimasti gli stessi. Sono cambiate le mode, è cambiato tutto, ma i Nomadi sono sempre qua con lo stesso modo di essere e penso che questi due inediti ci rappresentino in modo veramente grande ed io ne sono davvero orgoglioso.
D.- Con che criterio avete scelto le canzoni da inserire nell’album?
R.- Questa è una bella domandina…! Sai, le canzoni sono trecento, è chiaro che abbiam preso quelle più popolari, quelle più conosciute come “Dio è morto”, “Noi non ci saremo”, “Un pugno di sabbia”. Abbiamo scelto le canzoni che la gente ha amato di più e che i ragazzi di adesso amano. Le canzoni dei Nomadi non hanno età. Quando io suono “Un pugno di sabbia” vedo i ragazzini che la cantano ed è una cosa bella. Per non parlare di “Vagabondo”, quella canzone è diventato l’inno d’Italia, credo.
D.- Dal 2 settembre è in rotazione su tutte le radio “Nulla di nuovo”. Molto bella. Beppe, “ STIAMO IN SILENZO DAVANTI A TUTTI GLI ERRORI DEL MONDO E CI CHIEDIAMO: PERCHE’”?
Perché ci rimane così difficile aiutare il prossimo?
R.- Perché siamo diventati tutti più egoisti… e tra tutti mi ci metto anche io, nel senso che ognuno guarda “casa sua” e basta. Tutto questo è atroce e assurdo. Noi siamo un popolo di egoisti, siamo diventati ciechi, non vediamo oltre il nostro naso, non vogliamo vedere fuori perché non ci interessa. Tutto questo è brutto, è negativo ed è una cosa che fa stare male. Purtroppo è così, questa è la realtà, è incredibile ma è così. Dovremmo essere tutti meno egoisti.
R.- Augusto mi manca come amico. Noi vivevamo nello stesso paese, abbiamo condiviso tutte le gioie e qualche piccolo dolore, ma veramente tante tante gioie bellissime, quindi mi manca prima di tutto come amico e poi come cantante… non ne parliamo neanche. Io ho avuto la fortuna di lavorare con un cantante e con un artista davvero unico, a trecento sessanta gradi. Lui ha riempito tutta la mia vita.
D.- I Nomadi sono molto legati a Don Mazzi e alla fondazione EXODUS, impegnata in prima persona per aiutare il mondo giovanile. Com’è nata questa collaborazione? E soprattutto, insieme c’è la voglia di aiutare una parte fondamentale di questa società italiana che a oggi sembra non avere più futuro. Cosa ne pensi?
R.- Io ho una grande amicizia personale con il “Don”, la stima è reciproca e abbiamo sempre cercato di stare vicino a queste persone perché le persone hanno bisogno di essere aiutate, hanno bisogno di essere capite, e stando vicino al “Don” ho imparato tantissimo e sto ancora imparando tanto. Quando si può fare qualche cosa insieme, ed è la cosa più bella, lo faccio volentieri. Sono cose che ti riempiono il cuore, che ti riempiono la vita e che ti danno soddisfazione, e sono queste le cose importanti della vita. Piccole cose incredibili che ti aiutano a crescere.
D.- il 4 ottobre in Piazza Duomo a Milano si terrà un grande concerto “TREMENDA VOGLIA DI MUSICA” per festeggiare i trenta anni della Fondazione Exodus e i vostri 50 + 1 anni di carriera.
Sul palco con voi ci sarà il Maestro Bruno Santori con la sua orchestra e tanti altri artisti. Che evento sarà e cosa ti aspetti da questa serata?
R.- Mi aspetto che la gente partecipi e che pensi di aiutare le persone. Suonare in Piazza Duomo è un evento incredibile. Suonare lì fa venire la pelle d’oca solo al pensiero… . Credo che sarà certamente un grande successo, perché secondo me le persone hanno bisogno di stare insieme, e questo è sicuramente un modo per stare insieme. Sarà un evento incredibile e mi auguro di vedere davvero tanta gente, perché questo vorrebbe dire che tutti sentono lo stesso problema e tutti intorno a Don Mazzi perché trent’anni di Exodus non sono pochi, anzi, sono davvero tanti. Don Mazzi l’ho conosciuto nei primi anni del parco Lambro e da subito è nata un amicizia che è andata in crescendo ed è bellissimo. Di questo sono veramente felice e sono felice di essere suo partner in questo suo evento di cui sicuramente ne parlerà tutta Italia. (dettagli evento)
D.- Ultima domanda. Cosa ti aspetti dal futuro per i Nomadi?
R.- Cosa mi aspetto? Sai, fare le previsioni è difficile, non ho la sfera di cristallo, ma spero che si possa andare avanti ancora, che ci si possa divertire ancora. Mi aspetto che questo gruppo nato nel lontano 1963 possa andare avanti ancora nel tempo e che potremo essere di esempio per tanti altri gruppi che nascono adesso.
Noi ovviamente facciamo un grosso in bocca al lupo ai Nomadi e ai loro prossimi cinquant’anni di storia on the road. Grazie Beppe, e arrivederci a presto!
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