Capo Stato "molto generico" su "indicibili accordi" evocati da D’Ambrosio. Udienza blindata nella "sala oscura", prerogative assurde per una democrazia.
Roma (WSI) - "L'udienza si è svolta in modo molto sereno, il presidente Napolitano ha risposto a tutto quanto fosse compatibile con le conoscenze. Ha ribadito quanto aveva già espresso nella lettera che aveva inviato alla Corte d'Assise". Lo ha detto l'avvocato Pino Di Peri, legale di Marcello Dell'Utri, contattato telefonicamente da Askanews al termine dell'udienza durante la quale stamani al Quirinale è stato ascoltato in qualità di teste il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell'ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
Napolitano, nel novembre del 2013, aveva inviato una lettera alla Corte d'Assise di Palermo, in cui il capo dello Stato riferiva di non aver nulla di utile d'aggiungere al dibattimento, perché nulla di più di quanto contenuto nella missiva di Loris D'Ambrosio, aveva saputo dal suo consigliere giuridico deceduto nel 2012.
"Col presidente - ha concluso Di Peri - non si è mai fatto accenno a trattativa", perché non rientrava nel capitolato di prova ammesso.
"Le udienze non sono mai momenti nei quali si fanno le indagini": lo ha detto ai microfoni di Sky Tg24 Luca Cianferoni, l'avvocato del boss mafioso Totò Riina, lasciando il Quirinale dove ha partecipato all'udienza per la deposizione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sulla presunta trattativa Stato-mafia.
"Ma chi ci avrebbe mai pensato - ha aggiunto il legale - che forse si potrebbe avere una revisione della sentenza di Firenze? Riina non è stato quello che ha voluto queste bombe. Si è parlato dei Georgofili, del padiglione d'arte di Milano, vi pare che persone che venivano dalla Sicilia potevano arrivare là? C'è una regia dietro".
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "è stato molto generico", rispondendo alle domande sulla lettera nella quale il suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio gli rivelava il timore di aver fatto da "scudo per indicibili accordi" all'epoca delle stragi e della trattativa Stato-mafia. Lo ha detto, parlando ai microfoni di Sky Tg24, Luca Cianferoni, l'avvocato del boss mafioso Totò Riina, a conclusione dell'udienza convocata al Quirinale per la deposizione del capo dello Stato.
"Devo dargli atto del rispetto per questo suo fidato consigliere", ha aggiunto il legale, sottolineando che "su quella lettera non hanno sentito i giudici di porre divieti alle domande, sia del pm che mie. Quello che è venuto fuori - ha aggiunto Cianferoni - è che D'Ambrosio possa aver capito dopo che mentre lui lavorava in buona fede qualcuno a sua insaputa facesse questi accordi".
"Lui ha difeso la memoria di D'Ambrosio, che era una persona per bene", ha detto ancora il legale. "Ma questi sono tutti i buoni, c'erano dei cattivi che li ricattavano, nelle carte non si parla solo della mafia ma anche della massoneria".
"Eravamo una squadra di lavoro", ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando durante la deposizione al Quirinale nell'ambito del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Lo ha spiegato uno dei legali di Nicola Mancino, Nicoletta Piergentile, a SkyTg24. "E' stata una espressione che mi è piaciuta molto", ha detto l'avvocato.
Roma (WSI) - "L'udienza si è svolta in modo molto sereno, il presidente Napolitano ha risposto a tutto quanto fosse compatibile con le conoscenze. Ha ribadito quanto aveva già espresso nella lettera che aveva inviato alla Corte d'Assise". Lo ha detto l'avvocato Pino Di Peri, legale di Marcello Dell'Utri, contattato telefonicamente da Askanews al termine dell'udienza durante la quale stamani al Quirinale è stato ascoltato in qualità di teste il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, nell'ambito del processo sulla presunta trattativa Stato-mafia.
Napolitano, nel novembre del 2013, aveva inviato una lettera alla Corte d'Assise di Palermo, in cui il capo dello Stato riferiva di non aver nulla di utile d'aggiungere al dibattimento, perché nulla di più di quanto contenuto nella missiva di Loris D'Ambrosio, aveva saputo dal suo consigliere giuridico deceduto nel 2012.
"Col presidente - ha concluso Di Peri - non si è mai fatto accenno a trattativa", perché non rientrava nel capitolato di prova ammesso.
"Le udienze non sono mai momenti nei quali si fanno le indagini": lo ha detto ai microfoni di Sky Tg24 Luca Cianferoni, l'avvocato del boss mafioso Totò Riina, lasciando il Quirinale dove ha partecipato all'udienza per la deposizione del capo dello Stato, Giorgio Napolitano, sulla presunta trattativa Stato-mafia.
"Ma chi ci avrebbe mai pensato - ha aggiunto il legale - che forse si potrebbe avere una revisione della sentenza di Firenze? Riina non è stato quello che ha voluto queste bombe. Si è parlato dei Georgofili, del padiglione d'arte di Milano, vi pare che persone che venivano dalla Sicilia potevano arrivare là? C'è una regia dietro".
Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "è stato molto generico", rispondendo alle domande sulla lettera nella quale il suo consigliere giuridico Loris D'Ambrosio gli rivelava il timore di aver fatto da "scudo per indicibili accordi" all'epoca delle stragi e della trattativa Stato-mafia. Lo ha detto, parlando ai microfoni di Sky Tg24, Luca Cianferoni, l'avvocato del boss mafioso Totò Riina, a conclusione dell'udienza convocata al Quirinale per la deposizione del capo dello Stato.
"Devo dargli atto del rispetto per questo suo fidato consigliere", ha aggiunto il legale, sottolineando che "su quella lettera non hanno sentito i giudici di porre divieti alle domande, sia del pm che mie. Quello che è venuto fuori - ha aggiunto Cianferoni - è che D'Ambrosio possa aver capito dopo che mentre lui lavorava in buona fede qualcuno a sua insaputa facesse questi accordi".
"Lui ha difeso la memoria di D'Ambrosio, che era una persona per bene", ha detto ancora il legale. "Ma questi sono tutti i buoni, c'erano dei cattivi che li ricattavano, nelle carte non si parla solo della mafia ma anche della massoneria".
"Eravamo una squadra di lavoro", ha detto il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, parlando durante la deposizione al Quirinale nell'ambito del processo sulla presunta trattativa tra Stato e mafia. Lo ha spiegato uno dei legali di Nicola Mancino, Nicoletta Piergentile, a SkyTg24. "E' stata una espressione che mi è piaciuta molto", ha detto l'avvocato.
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