Chi sono le 20 nuove porpore di Bergoglio
Un conto è reclutare vescovi per le 2.000 e rotti diocesi del mondo, laddove ci sia bisogno di dare un pastore anche al più sparuto e sperduto gregge del globo. In questo caso è al Pontefice che spettano onere e onore della scelta. Ma per selezionare il candidato ideale e condurre una dettagliata indagine previa su vita, morte e miracoli suoi, Francesco deve per forza “delegare” ad altri - nella fattispecie i nunzi apostolici, i suoi “ambasciatori” sparsi in tutto il mondo – l’incarico.
Che si tratti però di un incarico delicato vieppiù, almeno a suo modo di vedere, questo è lampante a leggere quanto ad esempio disse ai nunzi stessi, allorché ebbe modo di incontrarli tutti insieme a Roma, nell’anno della fede (21 giugno 2013): “siate attenti che i candidati siano pastori vicini alla gente: questo è il primo criterio”; quindi citò il predecessore Giovanni Paolo II e il di lui “volentes nolumus” (grossomodo, “non vogliamo quelli che vogliono”) a ribadire in parole povere che “quelli che ricercano l’episcopato, no, non va!”. Quanto invece allo scegliere gli ecclesiastici da elevare al rango di cardinali, sua Santità deve solo curarsi, dice il diritto canonico, che “siano costituiti almeno nell'ordine del presbiterato (cioè preti, NDR) , in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari” (Canone 351).
E nel caso specifico del Papa argentino e del suo secondo concistoro, annunciato ieri e in agenda il 14 febbraio, il dato è lampante ancor di più, a scorrere la lista - resa nota ieri all’Angelus - delle prossime berrette color porpora:
1 – Mons. Dominique Mamberti, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
2 – Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo).
3 – Mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, C.M., Arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia).
4 – Mons. John Atcherley Dew, Arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda).
5 – Mons. Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia).
6 – Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam).
7 – Mons. Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di Morelia (Messico).
8 – Mons. Charles Maung Bo, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (Myanmar).
9 – Mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia).
10 – Mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento (Italia).
11 – Mons. Daniel Fernando Sturla Berhouet, S.D.B., Arcivescovo di Montevideo (Uruguay).
12 – Mons. Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna).
13 – Mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, O.A.R., Vescovo di David (Panamá).
14 – Mons. Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di Capo Verde).
15 – Mons. Soane Patita Paini Mafi, Vescovo di Tonga (Isole di Tonga).
Ad essi si aggiungono cinque ultraottantenni:
1 – Mons. José de Jesús Pimiento Rodríguez, Arcivescovo emerito di Manizales.
2 – Mons. Luigi De Magistris, Arcivescovo titolare di Nova, Pro-Penitenziere Maggiore emerito.
3 – Mons. Karl-Josef Rauber, Arcivescovo titolare di Giubalziana, Nunzio Apostolico.
4 – Mons. Luis Héctor Villalba, Arcivescovo emerito di Tucumán.
5 – Mons. Júlio Duarte Langa, Vescovo emerito di Xai-Xai.
Francesco l’ha stilata con tutta la libertà che le leggi della Chiesa gli riconoscono, senza curarsi affatto di usi, tradizioni, piccole-grandi ragioni di diplomazia curiale, “geo-politica” ecclesiale o semplicemente “opportunità”, come già fece lo scorso anno creando il 22 febbraio i suoi primi 19 porporati. E la selezione delle nuove leve con cui periodicamente rimpinguare le file del collegio cardinalizio (chi compie 80 anni infatti perde il diritto ad entrare in conclave, prima e più importante prerogativa di un porporato) è diventata fondamentale, nella strategia del pontificato Francesco.
Prendiamo tutte le 39 porpore dei concistori 2014 (19) e 2015 (20). Di esse 8 sono andate ad ecclesiastici già ultraottantenni all’atto del riceverla (3 l’anno scorso, 5 ora), in segno di speciale gratitudine – vuole una consuetudine non nuova – per il lungo servizio prestato alla Chiesa. Escludendo dunque queste nomine onorifiche di “non elettori”, delle 31 berrette rimanenti solo 5 sono andate ai cosiddetti “curiali”, vescovi il cui incarico si svolge negli uffici della Curia romana. L’anno scorso fu la volta del cardinale Segretario di Stato Parolin, nomina pressoché obbligata, di due prefetti di altrettante congregazioni (Muller, Dottrina della fede, e Stella, clero) e del Segretario del Sinodo, Baldisseri. Ad essi si aggiunge ora solo il franco-marocchino mons. Mambertì, neoeletto Prefetto della Segnatura apostolica.
La nuda e cruda statistica dice così che Francesco non ha ancora assegnato nemmeno una porpora ai presidenti dei 12 pontifici consigli della Curia, i dicasteri di rango inferiore rispetto alle 9 “Congregazioni”, preposti a vari ambiti della pastorale e della missione della Chiesa (Laici, Famiglia, Giustizia e Pace, Unità dei cristiani eccetera eccetera). La riforma della curia allo studio presso il “Consiglio dei cardinali” creato da Bergoglio prevede del resto per essi vari tagli e accorpamenti, di cui si discuterà per volontà del Papa proprio nei giorni precedenti il concistoro, in Vaticano, coi cardinali vecchi e nuovi.
In un ipotetico conclave che fosse chiamato nei prossimi mesi ad eleggere un Papa, il “peso” numerico della Curia (e di ragioni, priorità, considerazioni dalla sua particolare “visuale”) risulterebbe perciò in netto calo. Dato del tutto in linea, peraltro, con uno dei leit motiv del magistero bergogliano, “la realtà si capisce meglio dalle periferie”. Per non dire del duro colpo inferto così al “carrierismo” che alligna – vedi il famoso discorso delle 15 malattie della Curia – tra i sacri palazzi.
Proprio le periferie han trovato invece ampio spazio nel concistoro 2015, accaparrandosi parecchie delle 14 porpore destinate ai vescovi “residenziali”, pastori ovvero di una diocesi. Considerando solo questi ultimi, saranno ben 13 le nazioni che avranno un loro nuovo rappresentante nel collegio cardinalizio. L’Italia è da sempre, per ovvi motivi storici, il paese con più cardinali in assoluto. Ma l’inattesa novità del pontificato Bergoglio sta nel dar precedenza a vescovi di sedi piuttosto decentrate o periferiche (Bassetti di Perugia, nel 2014, e ora Menichelli di Ancona e Montenegro di Agrigento), scelti rigorosamente di persona, rispetto ai pastori di sedi cui la porpora cardinalizia era attribuita in passato quasi in automatico (ad esempio Torino e Venezia, con gli ancora esclusi Nosiglia e Moraglia).
Il computo delle nuove porpore suddivise per continente dice 4 Europa, 3 America (ma nessuna da Canada e USA), 2 Africa, 3 Asia e 2 Oceania (l’anno scorso furono rispettivamente 2, 6, 2, 2 e zero). Ma la sorpresa più grande sta nella lista di nomi e relative sedi, in cui spiccano nomi cui nessuno avrebbe pronosticato una berretta: ad esempio Mafi, vescovo di Tonga, 53 anni appena, destinato a diventare da subito il cardinale più giovane del mondo. E anche in nazioni di antica tradizione cattolica Francesco ha privilegiato i pastori di centri minori, sedi di tradizione non cardinalizia come Morelia in Messico (mons. Suarez Inda) e Valladolid in Spagna (Blàzquez Pérez, che pure è presidente della Conferenza episcopale spagnola).
Un collegio cardinalizio più variegato, universale, è quello dunque ridisegnato dalle inusuali scelte di Bergoglio. Basti dire che dei 14 in questione, solo Macario do Nascimento Clemente (Lisbona), Dew (Wellington, Nuova Zelanda), Souraphiel (Addis Abeba, Etiopia) e Kovithavanij (Bangkok) sono gli immediati successori - sulla propria cattedra - di altri cardinali. Crescono di 6 unità le nazioni rappresentate tra le porpore. E per ben 4 paesi, Capo Verde (Gomes Furtado), Tonga (Mafi), Myanmar (Bo)e Panama (Lacunza Maestrojuan), si tratterà del primo cardinale della loro storia. Dodici erano le berrette che Francesco aveva da distribuire, giacché per legge il collegio dei cardinali elettori non può superare le 120 unità. Quindici invece sono state quelle ufficialmente assegnate, con una deroga che è divenuta anch’essa ormai consuetudine. Ma per rientrare nel numero “legale”, basterà aspettare il prossimo 19 settembre, ottantesimo compleanno del cardinale De Paolis.
di Paolo Fucili
Un conto è reclutare vescovi per le 2.000 e rotti diocesi del mondo, laddove ci sia bisogno di dare un pastore anche al più sparuto e sperduto gregge del globo. In questo caso è al Pontefice che spettano onere e onore della scelta. Ma per selezionare il candidato ideale e condurre una dettagliata indagine previa su vita, morte e miracoli suoi, Francesco deve per forza “delegare” ad altri - nella fattispecie i nunzi apostolici, i suoi “ambasciatori” sparsi in tutto il mondo – l’incarico.
Che si tratti però di un incarico delicato vieppiù, almeno a suo modo di vedere, questo è lampante a leggere quanto ad esempio disse ai nunzi stessi, allorché ebbe modo di incontrarli tutti insieme a Roma, nell’anno della fede (21 giugno 2013): “siate attenti che i candidati siano pastori vicini alla gente: questo è il primo criterio”; quindi citò il predecessore Giovanni Paolo II e il di lui “volentes nolumus” (grossomodo, “non vogliamo quelli che vogliono”) a ribadire in parole povere che “quelli che ricercano l’episcopato, no, non va!”. Quanto invece allo scegliere gli ecclesiastici da elevare al rango di cardinali, sua Santità deve solo curarsi, dice il diritto canonico, che “siano costituiti almeno nell'ordine del presbiterato (cioè preti, NDR) , in modo eminente distinti per dottrina, costumi, pietà e prudenza nel disbrigo degli affari” (Canone 351).
E nel caso specifico del Papa argentino e del suo secondo concistoro, annunciato ieri e in agenda il 14 febbraio, il dato è lampante ancor di più, a scorrere la lista - resa nota ieri all’Angelus - delle prossime berrette color porpora:
1 – Mons. Dominique Mamberti, Prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica.
2 – Mons. Manuel José Macário do Nascimento Clemente, Patriarca di Lisboa (Portogallo).
3 – Mons. Berhaneyesus Demerew Souraphiel, C.M., Arcivescovo di Addis Abeba (Etiopia).
4 – Mons. John Atcherley Dew, Arcivescovo di Wellington (Nuova Zelanda).
5 – Mons. Edoardo Menichelli, Arcivescovo di Ancona-Osimo (Italia).
6 – Mons. Pierre Nguyên Văn Nhon, Arcivescovo di Hà Nôi (Viêt Nam).
7 – Mons. Alberto Suárez Inda, Arcivescovo di Morelia (Messico).
8 – Mons. Charles Maung Bo, S.D.B., Arcivescovo di Yangon (Myanmar).
9 – Mons. Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij, Arcivescovo di Bangkok (Thailandia).
10 – Mons. Francesco Montenegro, Arcivescovo di Agrigento (Italia).
11 – Mons. Daniel Fernando Sturla Berhouet, S.D.B., Arcivescovo di Montevideo (Uruguay).
12 – Mons. Ricardo Blázquez Pérez, Arcivescovo di Valladolid (Spagna).
13 – Mons. José Luis Lacunza Maestrojuán, O.A.R., Vescovo di David (Panamá).
14 – Mons. Arlindo Gomes Furtado, Vescovo di Santiago de Cabo Verde (Arcipelago di Capo Verde).
15 – Mons. Soane Patita Paini Mafi, Vescovo di Tonga (Isole di Tonga).
Ad essi si aggiungono cinque ultraottantenni:
1 – Mons. José de Jesús Pimiento Rodríguez, Arcivescovo emerito di Manizales.
2 – Mons. Luigi De Magistris, Arcivescovo titolare di Nova, Pro-Penitenziere Maggiore emerito.
3 – Mons. Karl-Josef Rauber, Arcivescovo titolare di Giubalziana, Nunzio Apostolico.
4 – Mons. Luis Héctor Villalba, Arcivescovo emerito di Tucumán.
5 – Mons. Júlio Duarte Langa, Vescovo emerito di Xai-Xai.
Francesco l’ha stilata con tutta la libertà che le leggi della Chiesa gli riconoscono, senza curarsi affatto di usi, tradizioni, piccole-grandi ragioni di diplomazia curiale, “geo-politica” ecclesiale o semplicemente “opportunità”, come già fece lo scorso anno creando il 22 febbraio i suoi primi 19 porporati. E la selezione delle nuove leve con cui periodicamente rimpinguare le file del collegio cardinalizio (chi compie 80 anni infatti perde il diritto ad entrare in conclave, prima e più importante prerogativa di un porporato) è diventata fondamentale, nella strategia del pontificato Francesco.
Prendiamo tutte le 39 porpore dei concistori 2014 (19) e 2015 (20). Di esse 8 sono andate ad ecclesiastici già ultraottantenni all’atto del riceverla (3 l’anno scorso, 5 ora), in segno di speciale gratitudine – vuole una consuetudine non nuova – per il lungo servizio prestato alla Chiesa. Escludendo dunque queste nomine onorifiche di “non elettori”, delle 31 berrette rimanenti solo 5 sono andate ai cosiddetti “curiali”, vescovi il cui incarico si svolge negli uffici della Curia romana. L’anno scorso fu la volta del cardinale Segretario di Stato Parolin, nomina pressoché obbligata, di due prefetti di altrettante congregazioni (Muller, Dottrina della fede, e Stella, clero) e del Segretario del Sinodo, Baldisseri. Ad essi si aggiunge ora solo il franco-marocchino mons. Mambertì, neoeletto Prefetto della Segnatura apostolica.
La nuda e cruda statistica dice così che Francesco non ha ancora assegnato nemmeno una porpora ai presidenti dei 12 pontifici consigli della Curia, i dicasteri di rango inferiore rispetto alle 9 “Congregazioni”, preposti a vari ambiti della pastorale e della missione della Chiesa (Laici, Famiglia, Giustizia e Pace, Unità dei cristiani eccetera eccetera). La riforma della curia allo studio presso il “Consiglio dei cardinali” creato da Bergoglio prevede del resto per essi vari tagli e accorpamenti, di cui si discuterà per volontà del Papa proprio nei giorni precedenti il concistoro, in Vaticano, coi cardinali vecchi e nuovi.
In un ipotetico conclave che fosse chiamato nei prossimi mesi ad eleggere un Papa, il “peso” numerico della Curia (e di ragioni, priorità, considerazioni dalla sua particolare “visuale”) risulterebbe perciò in netto calo. Dato del tutto in linea, peraltro, con uno dei leit motiv del magistero bergogliano, “la realtà si capisce meglio dalle periferie”. Per non dire del duro colpo inferto così al “carrierismo” che alligna – vedi il famoso discorso delle 15 malattie della Curia – tra i sacri palazzi.
Proprio le periferie han trovato invece ampio spazio nel concistoro 2015, accaparrandosi parecchie delle 14 porpore destinate ai vescovi “residenziali”, pastori ovvero di una diocesi. Considerando solo questi ultimi, saranno ben 13 le nazioni che avranno un loro nuovo rappresentante nel collegio cardinalizio. L’Italia è da sempre, per ovvi motivi storici, il paese con più cardinali in assoluto. Ma l’inattesa novità del pontificato Bergoglio sta nel dar precedenza a vescovi di sedi piuttosto decentrate o periferiche (Bassetti di Perugia, nel 2014, e ora Menichelli di Ancona e Montenegro di Agrigento), scelti rigorosamente di persona, rispetto ai pastori di sedi cui la porpora cardinalizia era attribuita in passato quasi in automatico (ad esempio Torino e Venezia, con gli ancora esclusi Nosiglia e Moraglia).
Il computo delle nuove porpore suddivise per continente dice 4 Europa, 3 America (ma nessuna da Canada e USA), 2 Africa, 3 Asia e 2 Oceania (l’anno scorso furono rispettivamente 2, 6, 2, 2 e zero). Ma la sorpresa più grande sta nella lista di nomi e relative sedi, in cui spiccano nomi cui nessuno avrebbe pronosticato una berretta: ad esempio Mafi, vescovo di Tonga, 53 anni appena, destinato a diventare da subito il cardinale più giovane del mondo. E anche in nazioni di antica tradizione cattolica Francesco ha privilegiato i pastori di centri minori, sedi di tradizione non cardinalizia come Morelia in Messico (mons. Suarez Inda) e Valladolid in Spagna (Blàzquez Pérez, che pure è presidente della Conferenza episcopale spagnola).
Un collegio cardinalizio più variegato, universale, è quello dunque ridisegnato dalle inusuali scelte di Bergoglio. Basti dire che dei 14 in questione, solo Macario do Nascimento Clemente (Lisbona), Dew (Wellington, Nuova Zelanda), Souraphiel (Addis Abeba, Etiopia) e Kovithavanij (Bangkok) sono gli immediati successori - sulla propria cattedra - di altri cardinali. Crescono di 6 unità le nazioni rappresentate tra le porpore. E per ben 4 paesi, Capo Verde (Gomes Furtado), Tonga (Mafi), Myanmar (Bo)e Panama (Lacunza Maestrojuan), si tratterà del primo cardinale della loro storia. Dodici erano le berrette che Francesco aveva da distribuire, giacché per legge il collegio dei cardinali elettori non può superare le 120 unità. Quindici invece sono state quelle ufficialmente assegnate, con una deroga che è divenuta anch’essa ormai consuetudine. Ma per rientrare nel numero “legale”, basterà aspettare il prossimo 19 settembre, ottantesimo compleanno del cardinale De Paolis.
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