mercoledì, gennaio 21, 2015
Udienza generale sul viaggio in Asia – No a semplificazioni su natalità e povertà 

di Paolo Fucili 

Della giornata di meritato riposo che Francesco si è concesso ieri, nulla si è appreso per vie ufficiali, dopo i giorni di overdose mediatica del lungo viaggio in Sri Lanka e Filippine. Probabile però che con l’agenda degli impegni pubblici insolitamente vuota, Bergoglio abbia avuto tempo se non altro per una lettura dei giornali un po’ più lenta e attenta del solito.

E la sarabanda di fantasiose letture e riletture dell’ormai celebre intervista dentro l’aereo ai cronisti al seguito non deve essergli piaciuta granché, a giudicar dalle insolite esternazioni di oggi. Raramente infatti i papi si prendono la briga di commentare - sia pur senza riferimenti diretti - i loro commentatori. Ma stavolta la questione in ballo è troppo grossa, se sua Santità oggi se n’è uscito con una cortese “richiesta” di sostanziale rettifica. Si era scritto e detto infatti che “tre” è il numero ideale (parola mai pronunciata in realtà da Bergoglio, eppure finita tra virgolette addirittura in molti titoli) di figli secondo il Papa, come a dire “guai a farne di più o di meno”, era l’esegesi superficialmente suggerita. Come se a lui, chissà poi perché e come, competesse fissar quanti bebé un babbo e una mamma debbano metter al mondo. Vero è semmai che 3 “è quel che dicono i tecnici” - ovvero i demografi - “che è importante per mantenere la popolazione” (testuale, questa sì, citazione dell’intervista in oggetto). Si parla, per chi non lo avesse capito (o facesse finta) del numero medio di figli per ogni donna in età fertile. Quando si scende sotto 2,1, dicono appunto gli esperti del ramo, allora il ricambio generazionale di un popolo è destinato prima o poi ad incepparsi, come sta avvenendo nella nostra Italia nell’irresponsabile indifferenza di tutti.

E se Francesco, dettaglio non del tutto insignificante, ha “arrotondato” da 2,1 addirittura 3 la soglia in questione, come si fa a pensare - come tante cronache suggerivano - che il Papa ce l’abbia con chi i figli li fa e li vuole, incurante dei ricorrenti allarmi sul nostro sovrappopolato – dicono – pianeta? E’ vero anche che sbaglia di grosso pure chi crede che “per essere buoni cattolici dobbiamo essere come conigli”, secondo la colorita espressione usata con forse eccessiva disinvoltura, col senno di poi. “No, paternità responsabile!”, ha invocato Francesco, “ma guardare anche la generosità di quel papà e quella mamma che vede in ogni figlio un tesoro” ha aggiunto in conclusione. Siccome però fatalmente i “conigli” hanno oscurato tutto il resto, “dà consolazione e speranza veder tante famiglie numerose che accolgono i figli come un vero dono di Dio. Loro sanno che ogni figlio è una benedizione”, è la sacrosanta precisazione arrivava stamane. Si parlava appunto dell’incontro con le famiglia di venerdì scorso a Manila, secondo la consuetudine di dedicare la prima udienza generale dopo ogni viaggio ad un riassunto di fatti e parole del viaggio stesso. E nelle povere Filippine in specie, la questione dell’incremento demografico è assai dibattuta, dopo anche l’approvazione di una discussa legge sulla “salute riproduttiva”.

“Ho sentito dire da alcuni che le famiglie con molti figli e la nascita di tanti bambini sono tra le cause della povertà. Mi pare un’opinione semplicistica”, è il vero Francesco-pensiero; “posso dire, possiamo dire tutti, che la causa principale della povertà è un sistema economico che ha tolto la persona dal centro e vi ha posto il dio denaro; un sistema economico che esclude, esclude sempre: esclude i bambini, gli anziani, i giovani, senza lavoro… Questo è il motivo principale della povertà, non le famiglie numerose”. Qualcuno poi dissentirà pure, ma almeno è chiaro quel che il Papa pensa e dice. Con la postilla non irrilevante che “occorre anche difendere le famiglie dalle nuove colonizzazioni ideologiche che attentano alla sua identità e alla sua missione”, Francesco esorta oggi ancora. Dello Sri Lanka, si è detto stamane, un posto speciale nei ricordi del Papa è per la canonizzazione di Giuseppe Vaz, primo santo del paese che pure in epoca di persecuzioni per la nascente chiesa dell’isola “aiutava indistintamente tutti i bisognosi, di ogni religione e condizione sociale”. E questo è il modello che il Papa addita ancora oggi ai cattolici ceylonesi, “chiamati oggi a proporre la verità salvifica del Vangelo in un contesto multireligioso, con rispetto verso gli altri, con perseveranza e con umiltà”. Poi la grande sfida della riconciliazione dopo la decennale guerra civile tra cingalesi e i separatisti della minoranza tamil: ecco il senso del pellegrinaggio al santuario di Nostra Signora di Madhu, venerata dai cattolici di entrambe le etnie e anche fedeli di altre religioni, per implorare “il dono dell’unità e della pace”.

Quanto infine ai quattro giorni passati nelle Filippine, era la tappa a Tacloban, compressa tra due tifoni, il “motivo principale” del viaggio intero, per rendere “omaggio alla fede e alla capacità di ripresa della popolazione locale”. Spazio infine, nella non facile sintesi di oggi del Papa, all’incontro coi giovani, domenica mattina. E’ stata una “gioia” per Bergoglio “ascoltare le loro speranze e le loro preoccupazioni”. E pensando forse ancora alle lacrime della bambina di strada scoppiata a piangere in mondovisione, il Papa ammonisce di nuovo: non ci può essere testimonianza cristiana senza prendersi cura dei poveri, ma questo “comporta il rifiuto di ogni forma di corruzione, perché la corruzione ruba ai poveri e richiede una cultura di onestà”.


Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa