«Prima di giudicare, ricordati del tuo ultimo sbaglio».
Campeggia in grande, insieme ad altre scritte in tamul o in inglese, sul muro esterno della scuola protestante al centro di Madras. Così, altre scritte in altri muri della città. La sapienza antica dei veda riprende forma ed emerge continuamente nella cultura dell’India. La gente in auto, in risciò o a piedi vi passa accanto come un fiume in piena tra clacson continui, gettandovi un occhio. In questa metropoli tutte le strade, in fondo, hanno lo stesso sapore : un’umanità che cammina, si muove, avanza, in una confusione apparente. Povertà e ricchezza si sfiorano. Immagine straordinaria dell’India di domani. Nel 2020 qui si supererà la stessa popolazione cinese.
« Questa, invece, è un’oasi » mi fa il pastore anglicano Ivor. Verissimo, proprio nel cuore della città, tra verde e pace. Parla del Centro della diocesi dove il nostro gruppo ecumenico interfaith di Londra, - tre cattolici e una decina di anglicani di cui cinque pastori - si trova per alcuni giorni. LITE (Istituto per laici di trasformazione e di educazione) è un po’ la sua creatura, il suo nome appare in una placca di metallo : Ivor Smith Cameron. La sua fanciullezza l’ha vissuta a due passi. Ma da Londra come pastore anglicano ha contribuito in diversi modi alla sua realizzazione. « Il T è importante - mi fa notare ancora. Non bisogna solo educare la gente, dare nozioni, ma trasformare la società in cui si vive !» Straordinario, penso, mentre osservo i grandi preparativi qui per accogliere un matrimonio musulmano alla sera.
Trasformare. Sarà questo il leitmotiv dei nostri incontri a Madras : constatare come la chiesa protestante si adopera, attraverso sempre nuovi progetti, a trasformare la società indiana. In nome del Vangelo. A cominciare naturalmente da se stessa. Nel 1947 gli anglicani – invertendo la loro dinamica di autonomia - si sono uniti ai metodisti, ai presbiteriani e ai riformati per costituire un’unica chiesa del Sud India; ora il Nord sta seguendo le stesse orme. «I cattolici, d’altronde - ci dicono con ammirazione, - sono qui presenti, attivi e potenti anche attraverso le scuole. » Ed è bello sentirli parlare così. Collaborano senz’altro insieme in progetti di solidarietà. La presenza cristiana, tuttavia, non rappresenta che un 2%, mentre i musulmani toccano il 14% e l’ induismo, religione vivente più antica al mondo, l’80%.
Così l’ultima notte dell’anno si trasforma per noi in una solenne celebrazione di varie ore alla cattedrale anglicana St. Georges, illuminata e infiorata come per un matrimonio. A mezzanotte esatta, il vescovo che presiede la suggestiva celebrazione in semplice camice e stola, augura al migliaio di persone presenti un « happy and blessed new year !». Simpatica interruzione.
La parrocchia che ci accoglie e accompagna é Redeemer Church, dove vivono il pastore Prem, la moglie Deborah, pastore in altra parrocchia vicina e i figli, due adolescenti deliziosi. I servizi religiosi si susseguono in tamoul o in inglese. All’epifania, solo alla fine, all’ultimo canto dei magi, entrano da differenti porte la sacra famiglia, i pastori e i re magi viventi. Così sarà in tutte le celebrazioni della giornata. Bella conclusione, che mi fa capire quanto per loro durante la celebrazione solo la Parola di Dio è protagonista. Poi, in chiesa si formano vari gruppi dispersi qua e là : giovani in formazione prima del matrimonio, un paio di gruppi con un medico dove si danno farmaci o consulte, mentre i poveri della città entrano. Un gruppo di ragazze riflette sulla Parola di Dio, ognuna con in mano la bibbia. Le interrompiamo durante la testimonianza di chi tra loro – al pari dei re magi –ha perso la visione della stella e poi l’ha ritrovata. Racconti personali, coraggiosi di deviazioni nella propria vita. « La Bibbia dice la verità – mi soffia un pastore anglicano – ma perchè la vita è vera ! ». Tutto parla della vita. Alla sera, Carol ecumenico : le corali di tutte le chiese vicine, anche la cattolica, in tamoul, indi, inglese o francese presentano un magnifica corona di canti e preghiere. Alla fine appare ancora il nostro corteo di re magi e con loro si esce per la processione notturna per le strade, cantando a tutta voce un nostalgico « we three kings of Orient are ». Sembra Betlemme.
Alla sera, condivido la stanza da letto con un pastore anglicano. Ma l’imbarazzo passa presto. E’ l’occasione, invece, di vedere da vicino con quanta cura prepari per scritto il suo sermone ogni sera, rilegga la bibbia sul comodino. O continuare qualche riflessione del giorno, o semplicemente apprezzare un foulard, preso in un tempio indu per Anna, la moglie.
A un’ora da Madras in zona rurale siamo testimoni di progetti della diocesi per trasformare la società. Si tratta del villaggio Nazareth oppure di un « community centre » dove ragazzi e ragazze rifiutati dalla scuola o con gravi problemi di famiglia per abusi o alcool possono svolgere uno stage di sei mesi in differenti laboratori (meccanica, informatica, moda…) e poi facilmente essere inseriti nel lavoro. « Quando arrivano sono muti e diffidano degli insegnanti - rivelano i formatori - ma poi con il tempo si sciolgono… ». Trovano, perfino, il coraggio di raccontare la loro dura storia, come oggi a noi. Qualcuno la chiamerebbe la gioia del vangelo.
Un altro progetto è « women’s christian college » per quasi cinquecento ragazze nell’impegno di ottenere un diploma o l’inserimento all’università. Fuori Madras, in aperta campagna, promuovere la formazione delle donne è qualcosa di provvidenziale. Far uscire dagli schemi di una secolare dipendenza, dare opportunità nuove alla donne sa sempre di miracolo.
Al vostro arrivo, in qualsiasi incontro, un mandala viene disegnato al suolo in vari colori con farina di riso, aggiungendovi semmai « welcome ». Tutto per dirvi quanto si apprezza la vostra visita. Poi subito vi trovate tra le mani un regalo anche semplice, e una corona di fiori attorno al collo. Si tocca con mano una cultura del dono e dell’accoglienza. Tutto è dono. La vita prima di tutto, lo si percepisce perfettamente qui. Prima di partire per l’India un amico mi incoraggiava: « Non aver paura, quella è la terra del sorriso e della cortesia ». E così, il regalo più bello ci viene dato dalla scuola visitata più povera, quella di adolescenti con problemi mentali, seguiti da educatrici di un amore inverosimile : è una sciarpa di seta. Tuttavia, il regalo più grande è riservato alla fine : il vederli danzare con una esaltazione interiore indicibile. Qui la danza è tutto. Perfino gli dei amano danzare.
In collaborazione con la diocesi, l’associazione « roof for roofless » si fa inventiva di progetti e di interventi per chi ha perso il tetto, ma anche per l’educazione, l’inserzione nella società, « ciò che sta sotto il tetto » vi si spiega. Ha provveduto di locali, per esempio, a un gruppo di famiglie venute dal nord : è un’associazione di circensi « circus children education ». Così si improvvisano - tre generazioni di gente normale, comunissima - sotto i nostri occhi come equilibristi, giocatori di fuoco, saltimbanchi… a partire dai bambini di quattro anni ! Presentano i loro numeri davanti agli hotels, per guadagnarsi quattro soldi. E anche questa è una vera trasformazione.
Infine, dulcis in fundo, visita alla basilica cattolica costruita sulla tomba di san Tommaso. E’ una delle tre chiese nel mondo costruite sulla tomba di un apostolo, oltre S. Pietro a Roma e Santiago di Compostela, vi diranno qui. S. Tomaso era arrivato a Madras nel 52 e martirizzato nel 72. Un giovane prete cattolico tamoul in talare bianca, scivolandomi accanto mi fa, triste, in italiano : « Sai, qui in India i cristiani sono ancora perseguitati !» Sì, il martirio di San Tommaso continua. Le piaghe del Cristo nel mondo sono ancora aperte. Come allora.
Campeggia in grande, insieme ad altre scritte in tamul o in inglese, sul muro esterno della scuola protestante al centro di Madras. Così, altre scritte in altri muri della città. La sapienza antica dei veda riprende forma ed emerge continuamente nella cultura dell’India. La gente in auto, in risciò o a piedi vi passa accanto come un fiume in piena tra clacson continui, gettandovi un occhio. In questa metropoli tutte le strade, in fondo, hanno lo stesso sapore : un’umanità che cammina, si muove, avanza, in una confusione apparente. Povertà e ricchezza si sfiorano. Immagine straordinaria dell’India di domani. Nel 2020 qui si supererà la stessa popolazione cinese.
« Questa, invece, è un’oasi » mi fa il pastore anglicano Ivor. Verissimo, proprio nel cuore della città, tra verde e pace. Parla del Centro della diocesi dove il nostro gruppo ecumenico interfaith di Londra, - tre cattolici e una decina di anglicani di cui cinque pastori - si trova per alcuni giorni. LITE (Istituto per laici di trasformazione e di educazione) è un po’ la sua creatura, il suo nome appare in una placca di metallo : Ivor Smith Cameron. La sua fanciullezza l’ha vissuta a due passi. Ma da Londra come pastore anglicano ha contribuito in diversi modi alla sua realizzazione. « Il T è importante - mi fa notare ancora. Non bisogna solo educare la gente, dare nozioni, ma trasformare la società in cui si vive !» Straordinario, penso, mentre osservo i grandi preparativi qui per accogliere un matrimonio musulmano alla sera.
Trasformare. Sarà questo il leitmotiv dei nostri incontri a Madras : constatare come la chiesa protestante si adopera, attraverso sempre nuovi progetti, a trasformare la società indiana. In nome del Vangelo. A cominciare naturalmente da se stessa. Nel 1947 gli anglicani – invertendo la loro dinamica di autonomia - si sono uniti ai metodisti, ai presbiteriani e ai riformati per costituire un’unica chiesa del Sud India; ora il Nord sta seguendo le stesse orme. «I cattolici, d’altronde - ci dicono con ammirazione, - sono qui presenti, attivi e potenti anche attraverso le scuole. » Ed è bello sentirli parlare così. Collaborano senz’altro insieme in progetti di solidarietà. La presenza cristiana, tuttavia, non rappresenta che un 2%, mentre i musulmani toccano il 14% e l’ induismo, religione vivente più antica al mondo, l’80%.
Così l’ultima notte dell’anno si trasforma per noi in una solenne celebrazione di varie ore alla cattedrale anglicana St. Georges, illuminata e infiorata come per un matrimonio. A mezzanotte esatta, il vescovo che presiede la suggestiva celebrazione in semplice camice e stola, augura al migliaio di persone presenti un « happy and blessed new year !». Simpatica interruzione.
La parrocchia che ci accoglie e accompagna é Redeemer Church, dove vivono il pastore Prem, la moglie Deborah, pastore in altra parrocchia vicina e i figli, due adolescenti deliziosi. I servizi religiosi si susseguono in tamoul o in inglese. All’epifania, solo alla fine, all’ultimo canto dei magi, entrano da differenti porte la sacra famiglia, i pastori e i re magi viventi. Così sarà in tutte le celebrazioni della giornata. Bella conclusione, che mi fa capire quanto per loro durante la celebrazione solo la Parola di Dio è protagonista. Poi, in chiesa si formano vari gruppi dispersi qua e là : giovani in formazione prima del matrimonio, un paio di gruppi con un medico dove si danno farmaci o consulte, mentre i poveri della città entrano. Un gruppo di ragazze riflette sulla Parola di Dio, ognuna con in mano la bibbia. Le interrompiamo durante la testimonianza di chi tra loro – al pari dei re magi –ha perso la visione della stella e poi l’ha ritrovata. Racconti personali, coraggiosi di deviazioni nella propria vita. « La Bibbia dice la verità – mi soffia un pastore anglicano – ma perchè la vita è vera ! ». Tutto parla della vita. Alla sera, Carol ecumenico : le corali di tutte le chiese vicine, anche la cattolica, in tamoul, indi, inglese o francese presentano un magnifica corona di canti e preghiere. Alla fine appare ancora il nostro corteo di re magi e con loro si esce per la processione notturna per le strade, cantando a tutta voce un nostalgico « we three kings of Orient are ». Sembra Betlemme.
Alla sera, condivido la stanza da letto con un pastore anglicano. Ma l’imbarazzo passa presto. E’ l’occasione, invece, di vedere da vicino con quanta cura prepari per scritto il suo sermone ogni sera, rilegga la bibbia sul comodino. O continuare qualche riflessione del giorno, o semplicemente apprezzare un foulard, preso in un tempio indu per Anna, la moglie.
A un’ora da Madras in zona rurale siamo testimoni di progetti della diocesi per trasformare la società. Si tratta del villaggio Nazareth oppure di un « community centre » dove ragazzi e ragazze rifiutati dalla scuola o con gravi problemi di famiglia per abusi o alcool possono svolgere uno stage di sei mesi in differenti laboratori (meccanica, informatica, moda…) e poi facilmente essere inseriti nel lavoro. « Quando arrivano sono muti e diffidano degli insegnanti - rivelano i formatori - ma poi con il tempo si sciolgono… ». Trovano, perfino, il coraggio di raccontare la loro dura storia, come oggi a noi. Qualcuno la chiamerebbe la gioia del vangelo.
Un altro progetto è « women’s christian college » per quasi cinquecento ragazze nell’impegno di ottenere un diploma o l’inserimento all’università. Fuori Madras, in aperta campagna, promuovere la formazione delle donne è qualcosa di provvidenziale. Far uscire dagli schemi di una secolare dipendenza, dare opportunità nuove alla donne sa sempre di miracolo.
Al vostro arrivo, in qualsiasi incontro, un mandala viene disegnato al suolo in vari colori con farina di riso, aggiungendovi semmai « welcome ». Tutto per dirvi quanto si apprezza la vostra visita. Poi subito vi trovate tra le mani un regalo anche semplice, e una corona di fiori attorno al collo. Si tocca con mano una cultura del dono e dell’accoglienza. Tutto è dono. La vita prima di tutto, lo si percepisce perfettamente qui. Prima di partire per l’India un amico mi incoraggiava: « Non aver paura, quella è la terra del sorriso e della cortesia ». E così, il regalo più bello ci viene dato dalla scuola visitata più povera, quella di adolescenti con problemi mentali, seguiti da educatrici di un amore inverosimile : è una sciarpa di seta. Tuttavia, il regalo più grande è riservato alla fine : il vederli danzare con una esaltazione interiore indicibile. Qui la danza è tutto. Perfino gli dei amano danzare.
In collaborazione con la diocesi, l’associazione « roof for roofless » si fa inventiva di progetti e di interventi per chi ha perso il tetto, ma anche per l’educazione, l’inserzione nella società, « ciò che sta sotto il tetto » vi si spiega. Ha provveduto di locali, per esempio, a un gruppo di famiglie venute dal nord : è un’associazione di circensi « circus children education ». Così si improvvisano - tre generazioni di gente normale, comunissima - sotto i nostri occhi come equilibristi, giocatori di fuoco, saltimbanchi… a partire dai bambini di quattro anni ! Presentano i loro numeri davanti agli hotels, per guadagnarsi quattro soldi. E anche questa è una vera trasformazione.
Infine, dulcis in fundo, visita alla basilica cattolica costruita sulla tomba di san Tommaso. E’ una delle tre chiese nel mondo costruite sulla tomba di un apostolo, oltre S. Pietro a Roma e Santiago di Compostela, vi diranno qui. S. Tomaso era arrivato a Madras nel 52 e martirizzato nel 72. Un giovane prete cattolico tamoul in talare bianca, scivolandomi accanto mi fa, triste, in italiano : « Sai, qui in India i cristiani sono ancora perseguitati !» Sì, il martirio di San Tommaso continua. Le piaghe del Cristo nel mondo sono ancora aperte. Come allora.
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